Gianluca, figlio di Bruno Arena: “Aveva paura della morte ma è stata una liberazione, fiero di lui”
Bruno Arena, personaggio pubblico e uomo nel privato, sensibile ed esplosivo. A Fanpage.it il figlio Gianluca regala un ritratto inedito di un comico amato, popolarissimo ed esploso negli Anni 90 coi Fichi d'India. Attore, speaker, sceneggiatore, ha partecipato a Colorado e ha fondato That's Radio, Gianluca Arena è pronto per un nuovo progetto top secret che, in qualche modo, omaggerà anche il padre scomparso.
La perdita di un padre è un lutto assai difficile da elaborare. Ma ci sono dei punti di collegamento spirituali e artistici che spesso fanno sentire il genitore scomparso più vicino e vivo nella memoria. È quello che è successo e succede a Gianluca Arena, figlio di Bruno del celebre duo comico Fichi d'India, colpito nel 2013 da aneurisma cerebrale. Dal settembre dello scorso anno diverse cose sono cambiate, un lungo cammino di Santiago poi proseguito in Francia ha permesso il figlio d'arte di fare pace con sé stesso, di riconnettersi al padre e di ritrovare una nuova energia per ripartire con un progetto importante teatrale comico che, in qualche modo, rappresenta il passaggio di testimone tra un padre e un figlio. A Fanpage.it Gianluca Arena si racconta senza filtri ed esprime un desiderio: “Prima di riuscire a fare il comico vorrei essere come papà Bruno”.
Com'è stato e com'è oggi essere figlio di Bruno Arena?
È stato particolare, una cosa con cui fai i conti da subito. Sono nato prima che Bruno Arena diventasse Bruno dei Fichi d'India. Quindi il Bruno Arena insegnante di educazione fisica, allenatore di calcio, basket e di un sacco di sport, nei quali ho puntualmente fallito uno dopo l'altro.
Poi è arrivata la grande popolarità.
È stato strano perché tutti d'un tratto riconoscono tuo padre. La cosa bella, che mi ha sempre fatto piacere, è che mio padre era così come lo si vedeva in tv, anzi era molto più esplosivo. Alle cene, negli Anni 90, lui impazziva e girava tra i tavoli, così gli amici che erano con lui rimanevano soli tutta la sera (ride, ndr).
Che padre è stato?
Da adolescente mi sono scontrato con questa grossa differenza tra Bruno comico e Bruno papà. Era un padre che si preoccupava sempre per me, anche quando uscivo il sabato sera in discoteca. Questa cosa l'ho capita alla fine, quando è venuto a mancare. Lui ha vissuto il grande conflitto interiore tra il padre amico e il padre padrone. È stato ed è un grandissimo onore averlo avuto come padre e non lo cambierei con nessun altro.
Cosa ti ha insegnato?
Dal punto di vista umano mi ha trasmesso i principi, l'umiltà, il rispetto, il valore di una amicizia e come affrontare diverse situazioni della vita. Vivendo nel mondo di oggi e diventando adulto, non è una così scontata.
Qual è stato il vostro momento più bello e quello più brutto?
Una bella coincidenza perché il ricordo più bello in realtà è quello legato ad un momento di crisi tra di noi. Io che mi affaccio al mondo dell'adolescenza, disegno i fumetti, avevo 14 anni. Facevo tardi, mia madre mi implorava di dormire, così mio padre è venuto nella mia camera diverse volte per dirmi di andare a letto, fino a quando si è innervosito (visto che non li ascoltavo), ha preso in mano il quadernino dei disegni e ha strappato la pagina.
Cos'è successo dopo?
L'ho trovato in cucina in lacrime mentre riattaccava con lo scotch la pagina strappata. Ci siamo abbracciati.
Come l'ha presa quando hai deciso di fare il suo stesso mestiere?
Quando l'ha scoperto, è accaduto in un modo particolare. Avevo uno spettacolo a Varese in un locale affollato. In fondo alla sala mentre ricevo i complimenti e le richieste di foto, vedo questo losco figuro, imbacuccato con cappellino e occhiali (era mio papà) e mi fa: “Hai i tempi comici che fanno veramente schifo! Ma perché? Ma fai qualcos'altro!” (ride, ndr).
“Non ero pronto, ma tanto non lo sarei mai stato”. Così hai annunciato la morte di Bruno. Ricordi quel giorno?
Quando è successo, ho passato tre ore in cui mi sono perso. Non sapevo più come, dove, quando, perché. Sono corso in ospedale e ho capito la situazione. Ho dovuto reggerne il peso, dovevo semplicemente mettere lo stucco dove si formavano delle crepe, per non crollare e per sostenere mia madre. Quando Bruno ha deciso di andarsene, mi ha aspettato per vederci. Non ero pronto, non lo sarei mai stato. Tantissime persone si sono strette attorno a noi e quell'affetto ha aiutato molto me, mia madre e mio fratello Lorenzo.
Qual è la tua missione?
Per prima cosa ho portato a termine il cammino di Santiago, non mi sono fermato e ho proseguito per la Francia. Mi sono ritagliato un tempo lunghissimo per me, ho camminato e sono riuscito a rimanere da solo per risolvere e accettare situazioni che erano sospese nella mia vita. Il secondo punto riguarda il desiderio di fare il comico perché è un mestiere bello. Quando si ride assieme hai centrato il tuo obiettivo. Sto cercando di smarcarmi dalla figura di mio padre perché è giusto, perché faceva altro tipo di cabaret. Però se riesco questa estate porterò in scena uno spettacolo che magari unisca i due piani di comicità.
Se potessi mandare un messaggio a tuo papà, ora, cosa gli scriveresti?
Gli direi che sono fiero di lui.