Giampaolo Morelli: “Trattato da stupido per la dislessia. Ilary Blasi nel mio film? L’ho voluta proteggere”

Intervista a Giampaolo Morelli, attore e regista in “L’amore e altre seghe mentali”, nelle sale dal 17 ottobre. “Ho un passato come timido e dislessico, per tutta la vita ho cercato di superare i miei limiti – svela a Fanpage.it – Arrivare alla regia era un desiderio che tenevo lì, nascosto”. Il film segna anche il debutto di Ilary Blasi nella recitazione: “La sua forza più grande? Una buona dose di autoironia”.
A cura di Eleonora di Nonno
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"Ho tanti difetti ma almeno sono dislessico". A scriverlo è Giampaolo Morelli nella sua bio di Instagram, una frase che restituisce l'idea di quanto lavoro l'attore abbia fatto per prendere consapevolezza di sé, trasformando debolezze in punti di forza. A Fanpage.it racconta: "Per tutta la vita ho cercato di superare i miei limiti a causa del passato da timido patologico e della dislessia". Negli anni dell'adolescenza un tocco di magia (studiò per diventare prestigiatore) gli diede una mano. L'asso nella manica? Far sparire un fazzoletto rosso. "Fu l’inizio della propensione per il mondo dello spettacolo e forse… anche un modo per conquistare le ragazze" rivela nell'intervista. Dal 17 ottobre arriva in sala L'amore e altre seghe mentali, film che lo vede impegnato sia come attore che come regista. La pellicola segna anche il debutto di Ilary Blasi nella recitazione: "La sua forza più grande? Una buona dose di autoironia".

Nel film L'Amore e altre seghe mentali viene mostrato quanto al giorno d'oggi le relazioni e i sentimenti vengano filtrati dalla tecnologia. Perché hai voluto raccontare questo aspetto della società? 

La tecnologia farà sempre più parte della nostra vita. L'intelligenza artificiale va avanti ad una velocità spaventosa, già esistono visori che permettono di fare sesso in maniera virtuale, nel film mi sono semplicemente portato avanti su alcuni aspetti. I video porno fatti con le facce delle attrici sono già realtà e un domani potrebbe essere possibile avere fantasie con chiunque vogliamo. È un qualcosa che ci allontana sempre di più da un contatto vero. Non sono uno di quelli che teme il progresso o che dice che si stava meglio prima, apprezzo tutti i comfort di adesso. È vero, però, che la tecnologia porta con sé anche l'isolamento.

Il protagonista cerca rifugio nella realtà virtuale, la stessa cosa che succede a tanti ragazzi.

Penso agli hikikomori, adolescenti rinchiusi nelle loro stanze con rapporti esclusivamente virtuali. Mettersi a confronto con gli altri significa fare i conti con le altre persone, che rappresentano delle incognite, e uscire dalla propria zona di comfort. Mettersi in gioco significa anche crescere.

Prima hai parlato di intelligenza artificiale, credi che avrà conseguenze sulla tua professione?

Sicuramente cambierà i lavori che hanno a che fare con il cinema. Ad oggi è utile per il montaggio di un film o per creare effetti speciali. In futuro anche gli attori potranno essere sostituiti ma è un processo che richiede ancora molto tempo.

Come attore usi i social per promuovere il tuo lavoro. 

Ci sono dei momenti in cui il "dover esserci" può creare pesantezza. Quando usi questi mezzi per promuovere il tuo lavoro è chiaro che diventi divisivo e non puoi piacere a tutti, ci saranno sempre critiche cattive, inutili e feroci. Quando arrivi ad essere criticato vuol dire che hai fatto qualcosa, che non sei indifferente. Piano piano impareremo ad essere più educati sui social perché spesso vengono visti come qualcosa che non appartiene alla persona e invece no. Ci sei tu con il tuo nome e il tuo cognome, quelle offese sono molto dirette.

Ormai anche i rapper si lanciano in dissing social. Rispondi agli hater?

No, sarebbe inutile. Sarebbe solo un dissing. Si tratta di persone che non fanno critiche articolate. Il fenomeno curioso è che se parli bene di qualcuno non ti viene da dirlo, se pensi male, invece, sei portato a scriverlo.

Nel film indossi i panni di Guido, un uomo chiuso nel suo guscio. Anche tu in passato hai raccontato quanto fossi timido. Come hai fatto a uscire dal tuo guscio?

Non sono stato un timido "normale" ma patologico. Sono anche dislessico, un argomento che cerco sempre di affrontare, della dislessia non se ne parla mai abbastanza. A scuola venivo visto come un bambino problematico e mi facevano passare per quello stupido, questa cosa ti mina tanto dentro. È un disturbo molto subdolo perché sembra che tu non abbia nulla ma in realtà ti fa sentire inferiore e diverso dagli altri. La dislessia mi ha causato anche una sorta di paralisi emotiva e timidezza notevole che ho dovuto scardinare dalla mia vita piano piano. Ho capito che ero dislessico molto tardi: da solo e a più di 30 anni. In me era radicata l'idea di non essere capace, mi sono dovuto rimettere in gioco.

Nella tua bio di Instagram ti autodenunci: "Ho tanti difetti ma almeno sono dislessico".

La dislessia porta allo sviluppo del pensiero trasversale e ti spinge a trovare un modo diverso per affrontare i problemi. Hai delle illuminazioni che altri, magari, non hanno.

Ilary Blasi ha fatto il suo debutto cinematografico in L'Amore e altre seghe mentali. Perché hai l’hai voluta al tuo fianco nel film?

È una showgirl di cui si è parlato tanto e nel metaverso, in cui tu puoi scegliere di fare sesso con chi vuoi, c'è anche una sezione "personaggi vip". Vuoi vedere che non c'è qualcuno che penserebbe a lei? Credo che l'autoironia sia la forza più grande di Ilary Blasi che è anche una grande professionista. Io la ringrazio per essersi fidata di me, si è messa tanto in gioco e non è scontato.

Avete presentato insieme un'edizione de Le Iene.

A Le Iene era la padrona di casa ma non mi ha mai fatto sentire un ospite. Con me è stata molto generosa, cordiale e genuina. Quando le ho proposto il film ha accettato senza titubanze e quindi mi sono sentito in dovere di proteggerla.

In questo film sei attore e regista, qualche anno fa dicevi che per te era difficile scindere i due ruoli. Come hai trovato il tuo equilibrio?

Fare le due cose insieme è sciroccante, passi continuamente da una cosa all'altra. Quando sono sul set mi viene più istintivo pensare ai miei colleghi che a me stesso, voglio proteggere chi mi ha dato fiducia. Loro sono "il mezzo" grazie al quale racconto una storia.

Da quando hai iniziato ad oggi quali limiti hai superato e su cosa, invece, devi ancora lavorare?

Per tutta la vita ho cercato di superare i limiti a causa del mio passato come timido e dislessico. Arrivare alla regia era un desiderio che tenevo lì, nascosto. Ci ho messo tempo ad arrivarci, forse anche perché ho un modo di pormi eccessivamente cauto dove ho bisogno di sentirmi molto accettato.

Prima del cinema hai avuto un passato come prestigiatore. Qual è il tuo asso nella manica? 

A dodici anni era far sparire un fazzoletto rosso. Frequentai una scuola per prestigiatori, entrai a far parte del club magico italiano e feci un esame. Presi molto sul serio questa cosa, un po' era un modo per superare la timidezza, un po' per arrivare alle ragazze. Segnò l'inizio della mia propensione per il mondo dello spettacolo.

A proposito di magia, cosa vedi nel tuo futuro? 

Faccio un lavoro molto complicato e faticoso in cui raggiungere degli obiettivi non è scontato, comporta un dispendio notevole di energia. Mi sento molto in linea con il mio percorso e più che pensare del futuro mi piacerebbe vivere nel presente, una cosa che ho sempre fatto poco.

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