Giacomo Giorgio: “Le disparità salariali tra attori e attrici sono terrificanti. I gossip su di me? Tutti falsi”

Intervistato da Fanpage.it, Giacomo Giorgio racconta com’è stato indossare i panni di Enrico nella serie Belcanto: “Ci siamo divertiti tantissimo, ho girato delle scene che non mi ricapiteranno mai più nella vita”. L’attore spiega perché ci tiene a mantenere riservata la sua vita personale e parla dei gossip che negli anni gli sono stati attribuiti. Rivela, poi, il suo “rito scaramantico” che lo accompagna in ogni set.
A cura di Eleonora di Nonno
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Giacomo Giorgio, cuore napoletano, savoir-faire milanese. L'attore, intervistato da Fanpage.it, spiega cosa significhi affrontare un ruolo come quello di Ciro Ricci (l'indimenticabile villain di Mare Fuori) o quello di Enrico De Marchi, il "poeta dal cuore ribelle" della serie Belcanto. Ma non solo, Giorgio parla anche dell'importanza di mantenere privata la propria sfera personale per chi fa un mestiere del genere. La recitazione, però, è anche la chiave che gli permette di rimanere giovane e sul set della fiction Rai non nasconde di essersi divertito molto: "Ho girato alcune scene che non mi ricapiteranno mai più nella vita". Svela, poi, quale è il suo "rito scaramantico" che lo accompagna in ogni progetto lavorativo.

In Belcanto sei il giovane rivoluzionario Enrico. Senti tuo quel senso di ribellione che è il filo conduttore dalla serie?

Sì, moltissimo. Belcanto mi ha trascinato dentro proprio per questo, è una cosa che appartiene anche a me come persona.

Belcanto racconta un'epoca lontana ma con punti di contatto con il presente. Guardando alla realtà di oggi, qual è una causa per cui saresti disposto a combattere con tutto te stesso?

Mi viene in mente la disparità salariale tra uomo e donna, nel mio mestiere è terrificante. Parlo anche di opportunità, ci sono molti più ruoli per attori uomini che per attrici. Anche nel mio piccolo ci sono delle cose per le quali vale la pena lottare, che può essere anche solo dire di no a qualcuno o a qualcosa.

Tu hai mai detto di no a qualcuno?

Sì, parecchie volte. Ne pago e ne ho pagato le conseguenze. Senza entrare nei dettagli.

I risultati migliori sul set arrivano quando c'è un forte spirito di collaborazione, penso al successo di una serie come Mare Fuori o Belcanto. Come hai vissuto questa dinamica sul set?

La chiave è capire quale è il tuo ruolo, rimanerci e dare il 100%. Belcanto e Mare Fuori hanno in comune il movimento all'unisono di regista e attori. C'è poi la dimensione del divertimento insieme, quando i set sono pesanti poi i progetti non vanno mai bene. In Belcanto ci siamo divertiti tantissimo, ho girato delle scene che non mi ricapiteranno più nella vita.

Tipo?

Ho sparato con dei fucili finti mentre ero a cavallo e salivo sui gradoni dei palazzi ottocenteschi. Penso anche ai piani sequenza da dodici minuti nelle scene dove Milano insorge.

Un anno fa a Fanpage.it dicevi che la definizione di "astro nascente delle serie tv" non ti piaceva granché. Credi di esserti "scrollato di dosso" questa etichetta?

Non guardo le etichette. Non mi piace né astro nascente del cinema, né della tv, né del teatro. Voglio essere una persona che possibilmente fa bene il suo lavoro, il più a lungo possibile e al meglio delle sue capacità. C'è troppa ghettizzazione nel mio mestiere, si fanno troppe classificazioni.

Ti porterai il tuo Ciro di Mare Fuori per tutta la vita. Hai mai attinto alla sua cattiveria?

Quel personaggio non sei tu, ma sì: devi fare i conti con la tua cattiveria interiore. Trovo interessante questo processo, perché consente di andare ad indagare un po' meglio sé stessi, conoscersi e mettersi davanti allo specchio. Significa capire che quel lato che è venuto fuori è comunque tuo e va accettato.

Prima hai sottolineato l'importanza della dimensione del gioco. Cosa fai per rimanere in contatto con il piccolo Giacomo?

Già fare il mestiere dell’attore significa fuggire da una realtà piena di pesantezza e responsabilità. Questo lavoro permette di giocare a essere chi non sei per tutta la vita, mi basta per rimanere giovane.

Proteggi molto la tua sfera privata. È una necessità o un modo per mantenere un po' di mistero attorno a te?

È una necessità, se non facessi l'attore non me ne fregherebbe niente. È solamente un'esigenza tecnica. La verità per chi fa il mio mestiere deve rimanere personale. Se qualcuno conoscesse realmente come sono, poi non mi crederebbe più vedendomi nelle vesti di Ciro o di Enrico.

Come gestisci i flirt che negli anni ti hanno attribuito e ti attribuiscono? Il più recente Victoria Stella Doritou e Desirée Popper.

Li ignoro. Ognuno può scrivere e pensare ciò che vuole.

Li confermi o smentisci?

Non sono veri, penso che una persona sia libera di frequentare nella vita colleghi e non necessariamente se vai a cena con un'attrice o con un'amica modella c'è un flirt. Esiste anche l'amicizia tra uomo e donna. Se in queste circostanze c'è anche dell'altro, saranno fatti miei.

Sei arrivato a Milano quando avevi dieci anni. Quando hai sentito tua questa città?

Per me Milano è stata una città salvifica. Non l'ho sofferta. C'è chi pensa che quando un bambino del sud va al nord vive un trauma. Ho visto una realtà meravigliosa. Lì sono diventato uomo, la prima sigaretta, la prima volta che ho fatto l'amore, il primo drink… Conservo un animo meridionale, ma ho una stratificazione esteriore apparentemente distaccata e fredda.

Hai raccontato di non avere un piano B. O attore, o niente. Ti sei mai sentito un "incosciente giovane"?

No, ho sempre creduto di poter fare bene l'attore. Sapevo che prima o poi avrei avuto la mia opportunità. Forse è arrivata proprio perché non avevo un piano b: ero alle strette con un un'unica via di salvezza.

Hai detto di essere scaramantico. Hai un rito prima di entrare in scena?

Da dieci anni a questa parte, su ogni set porto due oggetti. Saranno sempre lì, ma non posso dire quali sono.

Parlavi della rincorsa costante del tempo, dicendo che sembra di non averne mai abbastanza. Hai trovato un equilibrio?

La problematica del tempo è da accettare e basta per chi fa il mio mestiere. Abbiamo una concezione del tempo molto strana, ci sono tante attese, ripetizioni. Anche i mesi di vacanza non sono mai reali, perché c'è sempre la promozione del lavoro che hai fatto, l'intervista ecc… Quando torni a contatto con la realtà, però, ti rendi conto di quanto sei fortunato. Apprezzi piccoli collegamenti con il qui e ora.

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