Francesco Cicchella: “Imito chi ammiro o chi odio. Gigi D’Alessio l’unico a cui chiesi la benedizione”

"Degli anni di Made in Sud ricordo che a Napoli sembravamo tanti Michael Jackson che camminavano per strada". Perché sono stati davvero questi gli anni di Made in Sud e Francesco Cicchella, oggi uno dei volti più noti della comicità italiana e in giro col suo spettacolo "Tante belle cose", ce li racconta in una lunga intervista a Fanpage.it.
Il comico rivela un interessante dettaglio sul suo processo creativo: "All'inizio, quando ho iniziato a fare questo lavoro, le mie imitazioni nascevano o per ammirazione o per odio, diciamo così". E chiarisce: "Nel senso che io ero un fan accanito di quel cantante, per cui a furia di ascoltarlo poi ne immagazzinavo il timbro, o viceversa perché capitava magari che la radio ti bombardava con quel cantante, con quella canzone, che a un certo punto ti stava pure un po' sulle balle".
Tra i personaggi che ha incontrato dopo averli imitati c'è Gigi D'Alessio, di cui ricorda: "È stato l'unico a cui ho chiesto una sorta di benedizione. Mi avevano detto fosse un po' incazzoso. Un'informazione che si è rivelata falsissima". Sulla natura del mondo dello spettacolo, Cicchella non ha dubbi: "Purtroppo è fatto più da famelici stronzi che da persone perbene, per quella che è la mia esperienza".
Come nasce un’imitazione?
Io li definisco un po’ dei ritratti, no? Nel senso che do delle mie reinterpretazioni sulla base di elementi, diciamo, reali o presunti, ovviamente andando a esasperare in chiave comica quelli che possono essere questi aspetti. Se io sento un cantante, magari uno nuovo, sai, che ha avuto successo all’improvviso, è scoppiato, più o meno so già, insomma, mi faccio già un’idea del fatto che posso o meno avvicinarmi. All’inizio, quando ho iniziato a fare questo lavoro, le mie imitazioni nascevano o per ammirazione o per odio, diciamo così.
In che senso?
Nel senso che io ero un fan accanito di quel cantante, per cui a furia di ascoltarlo poi ne immagazzinavo il timbro, o viceversa perché capitava magari che la radio ti bombardava con quel cantante, con quella canzone, che a un certo punto ti stava pure un po’ sulle balle e quindi dicevo: “Mo’ quasi quasi ci faccio l’imitazione così mi sfogo”.
Sei un grande fan di Michael Bublè, ad esempio.
Sì, sono un grande fan perché io amo molto il jazz, l'ho studiato anche al conservatorio, quindi da lì… Quelli là che sono nati per odio non te li dirò mai, ovviamente.
Eh, ma infatti là volevo arrivare.
No, no, ma per odio non del cantante, ma delle canzoni. Perché tipo, per esempio, quando c’è stata Giusy Ferreri con Non ti scordar mai di me, cioè, tu accendevi la radio e c'era sempre lei. Mi veniva naturale…
La domanda che in genere si pone a un imitatore è sui feedback. C’è stato qualcuno che magari ha alzato il telefono e ti ha detto: “Guarda, non mi imitare più”?
No, non è mai successo. Non hanno alzato il telefono né con me né con gli avvocati, quindi fino adesso me la sono cavata. No, devo dire che quasi tutti i personaggi di cui ho fatto la parodia, poi li ho conosciuti. Tipo, per esempio, con Gigi D'Alessio, chiaramente poi siamo diventati amici. È stato l’unico a cui ho chiesto una sorta di benedizione, di autorizzazione, diciamo. Perché solitamente tu fai la parodia e sti cavoli, poi non è che…
Avevi timore di lui?
No, però mi avevano detto fosse un po' incazzoso. Un'informazione che si è rivelata falsissima.
E lui cosa ti disse?
“Eh, quando mai! Sono contento che tu fai l’imitazione. Tu sei bravo, sei forte”. Poi lui mi mandò un messaggio dopo la prima puntata di Made in Sud dove, per la prima volta, ho fatto la sua parodia, e mi scrisse testuali parole: “Mi sto pisciando addosso”.
Il mondo dello spettacolo è fatto più da persone perbene o da famelici stronzi?
Molto di più la seconda, purtroppo, per quella che è la mia esperienza. Guarda, quello che purtroppo a volte rovina questo ambiente è il fatto che ci sono troppe persone che vivono l’arte, lo spettacolo, non partendo dal presupposto di esprimere sé stessi come artisti, ma perché hanno l’ambizione di arrivare a un punto, no? E quindi quello magari ti inquina, ti porta a fare delle scelte scellerate, sei disposto a tutto pur di arrivare a quell’obiettivo, a calpestare anche gli altri. Però è bello quando incontri poi quelli come te.
Tipo?
Angelo Pintus. La nostra amicizia nasce dal palco e poi si è estesa anche alla vita privata, proprio perché ci siamo riconosciuti come due che non hanno timore di dividere il palco, di dividere il pubblico con chi gli sta a fianco.
E con Alessandro Siani?
"E però mi stai mettendo in difficoltà così, fratello".
Com’è il rapporto con Alessandro?
Una delle mie prime esperienze professionali è stata con lui. Avevo 19 anni, ho debuttato al Teatro Augusteo in uno spettacolo con lui, girato quasi per due anni con lui. Poi ci siamo un po’ persi di vista, poi ci siamo ritrovati e adesso ci siamo di nuovo persi. Non ci sentiamo da qualche anno.
E invece con gli altri ragazzi di Made in Sud?
Per anni ho vissuto più tempo con loro che con la mia famiglia, praticamente. Vivere tutto questo con i compagni d’avventura ti lega. Ti lega e poi, soprattutto quando finisce… Però poi ognuno deve trovare la sua strada, no? Quindi arriva il momento di fare delle scelte, di tirare delle somme, anche in base a come si è gestito un momento di tale successo. Quello è stato un contenitore che ha dato tanto e che ci ha esposti tanto. Io ricordo degli anni qui a Napoli in cui sembravamo tanti Michael Jackson che camminavano per strada, perché noi dai camerini ci affacciavamo ogni tanto al balconcino, tipo era tipo il Papa, capito? Ognuno di noi che usciva…
Quello è stato l'ultimo momento storico dove i comici emergevano in tv. Ora ci sono i reality, c’è TikTok, ci sono nuove leve che si attestano con nuovi format e nuovi modi di comunicare. Tu come vedi questo mondo?
In realtà, proprio in questo spettacolo, Tante belle cose, con cui sto girando adesso, c’è anche una bella critica a questo mondo, perché a mio parere ad oggi forse gli effetti negativi stanno superando quelli positivi. Ci bombardano di informazioni, di contenuti. Tutto finisce in un grande calderone dove chi non ha molti strumenti, no? Per discernere, per distinguere – parlo magari dei bambini o comunque delle nuove generazioni, dei più giovani – fa una grande confusione.
Un esempio pratico?
Sono un bambino che guarda un video di Gigi Proietti, poi scrollo e ne vedo un altro di un pinco pallino qualsiasi che si è svegliato la mattina e ha fatto un video trascurato, diciamo così. Ecco, questa cosa, secondo me, appiattisce un po’ tutto.