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Filippo Timi: “A 50 anni ho più energia di prima, il teatro è la mia fonte. Il Barlume? Magia pura”

Filippo Timi racconta la magia del set su I Delitti del Barlume e quella del teatro con Amleto². A 50 anni, l’attore riflette sulla generazione dei padri che non hanno saputo amare, difende l’interpretazione di Luca Marinelli come Mussolini e rivela il suo sogno di aprire un negozio vintage a Trastevere.
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Sentiamo Filippo Timi al telefono mentre è in Puglia per Amleto², lo spettacolo che ha scritto e diretto quindici anni fa e che oggi riporta in scena con rinnovato entusiasmo. Nella lunga intervista a Fanpage.it, con l'attore si parla di tutto: la nuova stagione de I Delitti del Barlume su Sky e NOW, dove interpreta Massimo Viviani, esempio di serialità longeva come poche, fino all'intenso Enzo Vitello in Dostoevskij, la serie dei Fratelli D'Innocenzo.

Filippo Timi in una foto di scena de I Delitti del Barlume
Filippo Timi in una foto di scena de I Delitti del Barlume

Nel mezzo, c'è spazio per il dibattito nato intorno al Mussolini interpretato da Luca Marinelli. Anche Timi fu il Duce per "Vincere" di Marco Bellocchio e difende l'attore senza riserve: "Conosco Luca, è una persona fantastica, quindi qualsiasi cosa lui abbia avuto voglia di dire fa parte della sua sensibilità e secondo me non può essere giudicata". C'è spazio anche per una riflessione profonda sulla generazione dei padri che "non sapevano amarsi" e sul rapporto con la televisione, con un omaggio particolare a Stefano Coletta: "L'Illuminato, uno dei dirigenti Rai più bravi degli ultimi anni". A cinquant'anni tondi tondi, Filippo Timi si scopre pieno di energia e di progetti, compreso quello di un negozio vintage a Trastevere che aspetta solo il momento giusto per vedere la luce.

Filippo, sei a teatro con la nuova edizione di Amleto², quindici anni dopo. Come sta andando? 

Lo spettacolo crea tanto entusiasmo nel pubblico. Con tutte le varie difficoltà di andare in tour, perché comunque uno invecchia e quindi prima hai più energia. Però poi quando vai in scena il pubblico risponde così entusiasticamente, davvero alcune volte incomincio gli spettacoli che sono stanco, finisco che ho più energia di quando ho incominciato. È una magia.

Ecco, il tempo che passa. Tu, però, hai un'età bellissima: 50 tondi, mezzo secolo. 

Per colpa di Iva Zanicchi, il giorno del mio compleanno, avevo un gruppetto di vecchietti che mi urlava in testa: cento! cento! cento!. Come se i cinquant'anni fossero davvero la metà di qualcosa. Ma quando mai si arriva a 100? 50 è ai tre quarti di qualcosa.

Hai cominciato I Delitti del Barlume che di anni ne avevi 38. Credo sia un caso raro di una serialità di quel tipo che duri così a lungo. Dobbiamo forse pensare a Montalbano, ma Montalbano non è il Barlume perché il Barlume ha affrontato con chiarezza anche la contemporaneità, il tempo presente. Avete parlato del Covid, rompetere regolarmente la quarta parete. Come si lavora a qualcosa di così complesso?

C'è davvero quello che arriva a casa, cioè sullo schermo, è tutto davvero reale. C'è un buon umore collettivo, una stima collettiva e c'è proprio anche una genuina gratitudine collettiva per la produzione, per Roan Johnson che è uno di quelli che ha preso il testo di Malvaldi e l'ha portato a essere anche qualcosa di differente. Lui da subito ha dato un'impronta decisiva all'umorismo del Barlume. Si inventa cose nuove ogni anno e si è conquistato la fiducia dei personaggi stessi.

Stefano Fresi, in un'intervista per la scorsa stagione, mi disse che girare il Barlume è un po' come andare in vacanza…

Davvero guarda, è successo una cosa che non succede spesso, non perché non la puoi scegliere, ma perché c'è proprio una comunione di stima da parte di tutti verso tutti che è significativa. Poi, mi guardo il Barlume anche io e scopro le cose che magari, girando uno spezzone dopo l'altro, mi perdo. Quando vedo la Fusco (Lucia Mascino, ndr) e gli altri due (Daniele Marmi e Guglielmo Favilla, ndr) fare le cose, voglio stare lì a ridere, vedere quanto sono cretini.

Anche il modo di omaggiare un personaggio che non c'è più come il Rimediotti, interpretato da Marcello Marziali, diventa un'occasione per fare altro. 

Questa è la delicatezza di Roan, no? Invece di sostituire un personaggio, gli rende omaggio con un'invenzione attraverso il cinema. Gli fai un paradiso, appunto, tutto per lui. La vita non è tanto se le cose accadono, ma è soprattutto come si reagisce alle cose. Roan reagisce bene.

Confesso una cosa: impazzisco per come Benvenuti prende la scena ogni volta. 

Ma lui è il re dei vecchietti. Davvero beviamo da lui. Ci ha dato in questi anni dei consigli stupendi a tutti. Lui è un capo comico di quelli che non se ne trovano più. È un assoluto valore aggiunto. Per colpa sua, io non mangio più il culo della banana. Te lo ricordi, vero, lo sketch dei Giancattivi?

Assolutamente. 

Ecco. Io, per colpa sua, butto via sempre il primo pezzettino della banana.

Filippo Timi in una scena di Dostoevskij.
Filippo Timi in una scena di Dostoevskij.

Oggi apro il catalogo di Sky e vedo Filippo Timi declinato in due maniere completamente differenti: Barlume e Dostoevskij. Vorrei parlare con te di Enzo Vitello e di quello che ha rappresentato lavorare su un personaggio così complesso. Come si fa a mettere in scena quel tipo di solitudine?

Quando hai un personaggio come quello, hai 298 scene, ok? E sono 298 colpi in canna. Per quanto siano così tanti, li devi sparare uno per volta. E allora lo fai con tanta calma, con tanta dedizione e con tanto lavoro. Alcune scene erano tecniche, poi da fuori ti emozionano. Da fuori sembra un mondo, io invece dopo questa serie non credo più all'idea di ruolo.

In che senso?

Il ruolo alcune volte diventa un gesto, come Vitello che chiude la portiera della macchina. C'è questo e dall'altra parte c'è una scrittura eccelsa, perché i Fratelli D'Innocenzo oltre a essere dei registi meravigliosi sanno scrivere davvero bene. Ti dico un'intestazione, una frase che mi colpì nei copioni: per raccontare l'inizio di una scena scrivono "in cielo un temporale feroce come un litigio tra fratelli", scritto da loro due che sono fratelli gemelli. Quando il nutrimento è così poetico, per me è stato come se due Michelangelo mi avessero proposto la Cappella Sistina. Che gli dici di no? Io dico sì e lì ti affidi.

Ma sul ruolo e sulla tecnica, sul gesto, non intendi per caso le differenti metodologie e gli studi che un attore può fare su stesso? 

No, guarda, io sono un autodidatta, non uso metodi specifici e cerco la sensibilità con tutto quello che ho appreso nelle altre esperienze. A volte davvero era solo "chiudi la portiera più forte, meno forte". E allora un primo piano diventa super drammatico e quando i registi son così bravi, chiunque diventa bravo.

Credi che ci sia spazio per una seconda stagione di Dostoevskij? Ti piacerebbe riprendere il ruolo di Enzo Vitello?

Non ho la più pallida idea. Sicuramente mi piacerebbe lavorare con i fratelli perché mi trovo bene. È a discrezione loro. Poi sai, i progetti non sono mai solo il desiderio di farli, si entra sempre in questioni produttive.

A proposito di fare le cose che ci piace fare, tu ci hai regalato due omaggi splendidi alla televisione, al mondo del pop che è stato "Skianto".

Grazie a Stefano Coletta, che è forse uno dei dirigenti migliori degli ultimi vent'anni. Per me è un illuminato. Io spero di tornare un giorno in televisione perché è un mezzo espressivo che mi piace moltissimo. È super comunicativo. Tu arrivi dentro la casa delle persone, ti vedono e gli appari sotto la fotografia del loro matrimonio, diventi uno di famiglia. Pippo Baudo quando l'ho incontrato era zio Pippo, perché l'avevo visto talmente tante volte vicino al camino a casa mia che era familiare. La tv è un mezzo super intimo, per questo.

Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno in "Vincere" di Marco Bellocchio.
Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno in "Vincere" di Marco Bellocchio.

Nel 2009 esce "Vincere" di Marco Bellocchio, tu sei Benito Mussolini. Ho cercato vecchie tue interviste, c'è uno scambio che potremmo definire cult tra te e Alessandra Mussolini a Porta a Porta. Il parallelo con le polemiche che ci sono state per il Mussolini di Marinelli, insomma, si può fare. 

Delle polemiche non ne so nulla e neanche mi interessano. Però, Luca è forse il più bravo attore italiano in questo momento. È davvero bravissimo. Non ho visto la serie, ma non vedo l'ora di vederla. C'è una mia amica che l'ha vista, mi ha detto che è meravigliosa e che devo vederla subito. Io di lei mi fido.

Le polemiche sono partite sul fatto che Marinelli ha dichiarato di aver sofferto interpretando Mussolini.

Conosco Luca, è una persona fantastica, quindi qualsiasi cosa lui abbia avuto voglia di dire fa parte della sua sensibilità e secondo me non può essere giudicata. Quando usciva il film di Bellocchio, era comunque un film e aveva un altro impatto. Erano anche altri tempi. C'era un altro Governo. Mi piace così tanto Luca che dico: sto dalla sua, punto e basta, anche se non so altro.

L'Italia con quel periodo lì non ci fa pace. 

Come la Germania! Non puoi farci pace. Non puoi andare contro i valori umani. Dopo quegli orrori non puoi tornare indietro. Un conto è la storia, un conto è raccontare una storia. Se il gesto artistico è veramente altissimo, allora il resto sono solo parole intorno, che raccontano altre cose.

Con Luca Marinelli, hai condiviso un film bellissimo tratto dal romanzo di Paolo Cognetti, "Le otto montagne". 

Quello è stato l'occasione per raccontare i padri della generazione dei miei padri, quelli che fumavano in macchina e ti dicevano "Chiudi il finestrino che fa freddo". C'è stata una generazione di genitori che ha avuto genitori che non gli hanno insegnato ad amarsi, perché magari era il dopoguerra, perché magari dovevi guadagnare, perché magari non era tanto il caso da dover ascoltare i bisogni. È stato super toccante sentire tante amiche e amici miei che mi dicono "Ho rivisto mio papà, ho rivisto quella fragilità che passa attraverso anche un'aggressività, soprattutto contro se stessi". È stato un onore quello di poter raccontare quella generazione di padri che hanno sacrificato se stessi in nome della famiglia.

Filippo Timi ne "Le otto montagne"
Filippo Timi ne "Le otto montagne"

Oggi forse il problema è opposto? C'è una generazione di padri che ha avuto genitori che li hanno amati troppo? 

Non ne ho davvero il polso, anche se adesso sono un po' il padre dei miei genitori. Sai, penso che i genitori sono figli che hanno avuto in braccio altri figli. Probabilmente, nessuno ci capisce mai molto. Per fare l'opposto dei genitori, fai il contrario di quello che hanno fatto loro e finisci per ottenere i loro stessi errori. Potremmo usare una massima che vale per tutto: "non giudicarmi solo perché sbaglio in modo diverso dal tuo".

Prima di salutarci ti voglio chiedere se alla fine sei riuscito ad aprire questo negozietto di abiti vintage a Trastevere. So che è un tuo grande tuo sogno. 

Ancora no. Un'amica mia ha preso il locale, però con la tournée in corso non ho ne ho avuto il tempo. Aspettiamo magari a Pasqua.

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