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Federico Fazzuoli: “Ho rischiato di morire su un aereo. Oggi ho 78 anni e produco vino, non guardo Linea Verde”

Federico Fazzuoli oggi ha 78 anni: “Pensione? La miglior morte è quella sul palcoscenico”. Il giornalista che portò al successo Linea Verde si racconta su Fanpage.it: le pressioni che subì dal Governo, il motivo dell’addio alla Rai, la coincidenza che gli salvò la vita, l’amore per la moglie Anita e per i figli Flavio, Luca e Giovanna e il lavoro nella fattoria.
A cura di Daniela Seclì
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Federico Fazzuoli, la vita dell'ex conduttore di Linea Verde oggi: ha 78 anni, collabora con la Rai e produce vino e olio
Federico Fazzuoli, la vita dell'ex conduttore di Linea Verde oggi: ha 78 anni, collabora con la Rai e produce vino e olio

Federico Fazzuoli ha condotto Linea Verde dal 1981 al 1993. Oggi ha 78 anni e nonostante sia in pensione conduce ancora una vita intensa, collabora con la Rai e produce vino e olio nella sua fattoria a Terranuova Bracciolini in provincia di Arezzo. In un'intervista rilasciata a Fanpage.it ha raccontato: "La pensione è più un fatto burocratico, dico sempre che la morte migliore è quella dell'attore che muore sul palcoscenico". Il giornalista è sposato con Anita e ha tre figli: Flavio, Luca e Giovanna. Trentuno anni dopo l'addio al programma che si occupa di ambiente e agricoltura ha ripercorso la sua storia, ha ricordato le pressioni che subì dal governo dopo il disastro di Chernobyl e ha raccontato di quella volta che rischiò di perdere la vita in un incidente aereo.

Federico Fazzuoli oggi, la sua vita dal successo di Linea Verde alla fattoria

Federico Fazzuoli ha 78 anni e gestisce la sua fattoria a Terranuova Bracciolini in provincia di Arezzo
Federico Fazzuoli ha 78 anni e gestisce la sua fattoria a Terranuova Bracciolini in provincia di Arezzo

Sono trascorsi trentuno anni dal suo addio a Linea verde, un programma per molti versi innovativo. 

In Italia non si parlava ancora di ambiente. Nelle precedenti trasmissioni dedicate all’agricoltura venivano trattati i problemi degli agricoltori: gente seria, un po' arrabbiata, che si lamentava, non trovava moglie o lasciava la campagna per andare nelle fabbriche del Nord. Un ambiente cupo che gli spettatori non erano stimolati a guardare. Perciò la domenica gli italiani accendevano la TV alle ore 13, quando iniziava il programma "Tg l'una", un rotocalco. Erano convinti che prima non ci fosse niente di interessante.

Ma lei riuscì a portare la trasmissione al successo con una serie di intuizioni.

Per prima cosa modificai il linguaggio perché coinvolgesse gli spettatori. Poi chiamai Catherine Spaak, Gigliola Cinquetti e altri personaggi e li misi in chiusura della trasmissione, sperando di dimostrare che c’era qualcosa di interessante anche prima del rotocalco delle 13. Con me avevo un’annunciatrice Rai, Paola Perissi, la più elegante tra tutte, in grado di togliere il grigiore agli agricoltori che si lamentavano. Poi aggiunsi le previsioni del tempo con il generale Marcello Loffredi. Erano una novità. Infine, pensai di chiudere la trasmissione con la tavola imbandita in cui parlavamo dei prodotti tipici della regione che ci ospitava. Le famiglie pranzavano con noi.

Il programma raggiungeva anche 9 milioni di spettatori. 

Ricordo che alcuni parroci spostarono l'orario della messa. La trasmissione cominciava a mezzogiorno e un quarto e la messa era a mezzogiorno. Alcuni fedeli non sapevano se rinunciare all’uno o all’altro e allora i sacerdoti cambiarono l'orario della funzione (ride, ndr).

Fazzuoli e le pressioni del Governo: "Volevano dicessi che l'emergenza Chernobyl era finita"

Federico Fazzuoli racconta le pressioni che subì dal Governo
Federico Fazzuoli racconta le pressioni che subì dal Governo

È mai stato ostacolato nel suo lavoro?

Ci sono stati degli scontri con il Governo e all'interno della Rai. In particolare dopo il disastro di Chernobyl. Incontravo le mamme per la strada che erano preoccupate per il cibo contaminato e mi chiedevano: "Cosa devo dare da mangiare ai miei figli?". Non puoi essere evasivo, devi fare il possibile per dare la risposta più attendibile. Lo devi alla tua coscienza ed è un obbligo morale nei confronti del pubblico. Ecco, in questo contesto ci furono pressioni politiche per rassicurare gli italiani.

Come reagì a queste pressioni?

Chernobyl per noi fu il momento di massima frizione con le organizzazioni professionali e con il governo che a un certo punto decise che doveva finire l'emergenza. Litigammo con tutti. Il governo si poneva il problema dei danni all'economia, riteneva che dovessimo ricominciare. Il problema era che non c'erano dati attendibili. Incaricai due ingegneri nucleari di dirmi come stessero le cose. Mi affidai ai loro dati che dicevano che l'emergenza non era finita. Li mostrai a un ministro e mi disse: “Farò finta di non aver visto questi dati perché sono riservati e non potresti averli”.

E la Rai cosa fece?

Emmanuele Milano era direttore di Rai1. Gli dissi che stavo ricevendo pressioni forti per la fine dell’emergenza. Lui mi domandò: "Ti fidi dei tuoi dati e dei tuoi consulenti?". Io gli dissi di sì. “E allora vai avanti. Adesso pensiamo alla gente. Al potere ci penseremo dopo”.

All'epoca il Presidente del Consiglio era Bettino Craxi.

Sì, Craxi presidente del consiglio e Giuliano Amato sottosegretario alla presidenza del consiglio.

Il motivo dell'addio alla Rai: "Ci furono delle promesse non mantenute"

Il giornalista Federico Fazzuoli disse addio alla Rai nel 1993
Il giornalista Federico Fazzuoli disse addio alla Rai nel 1993

Linea Verde, dopo di lei, ha visto al timone diversi conduttori da Paolo Brosio a Eleonora Daniele fino a Elisa Isoardi. L'hanno convinta?

Devo dire una cosa. Noi non ci siamo mai preoccupati della pubblicità. Nelle edizioni successive, la necessità di fare ascolti li ha portati a puntare sui temi e i momenti più seguiti a scapito di quelli più tecnici. Così, è venuto meno l’equilibrio con gli argomenti a cui la minoranza era interessata. E alla fine si perdono i contenuti, forza e ascolti. È quello che è successo a Linea Verde, sono convinto che abbiano in parte perso gli agricoltori che seguivano il programma. Tuttavia è molto complesso dare un giudizio su quello che è stato fatto.

Cosa prova quando guarda la trasmissione?

Le devo fare una confessione, raramente guardo le puntate di Linea Verde. Una volta fatta, basta, chiuso, vado avanti. Dopo aver lasciato il programma non mi sono neanche più occupato di agricoltura, se non per una serie di convegni e conferenze in cui mi chiamavano.

Lei è un volto familiare per gli italiani, le è mai capitato qualche incontro bizzarro con gli spettatori?

In quegli anni, dovunque andassi venivo strattonato, preso per il braccio, poi chiamavano gli altri e si formava il capannello. A volte salivo in aereo e scattava l'applauso. Cose inimmaginabili. Poi ho un ricordo molto carino. Stavo facendo una registrazione e una signora mi disse: “Ci sono delle persone in un pullman che l’hanno sentita e vorrebbero salutarla”. Erano ciechi. Avevano sentito la mia voce e l’avevano riconosciuta. Sono cose che ti restano dentro.

Nel 1993 lasciò la Rai. Quale fu il motivo per cui prese questa decisione?

Ci furono delle promesse non mantenute. Avevo chiesto ripetutamente di fare degli speciali alle 20:30 su tematiche agricole. Ritenevo che l’agricoltura e l'alimentazione fossero ancora in un ghetto, dovevamo buttare giù l'ultimo argine. Tutte le volte mi dicevano che l’avremmo fatto. Dopo tre anni ho capito che la mia richiesta non sarebbe stata ascoltata. Poi Emmanuele Milano lasciò la RAI per andare a fare il Direttore Generale di Telemontecarlo. Sandro Curzi – dopo alcune divergenze in Rai – lo seguì e andò a dirigere il telegiornale. Mi arrivò una proposta.

Quale?

Emmanuele Milano mi disse che il gruppo Montedison voleva lanciare il terzo polo televisivo per liberare il mercato dal duopolio di Rai e Mediaset. Volevano puntare su di me, Curzi, Luciano Rispoli e Corrado Augias. Accettai ma alle elezioni successive vinse Berlusconi. E allora il gruppo Montedison, che perdeva 90 miliardi l'anno a Telemontecarlo, decise che non poteva continuare a perdere questi soldi in una televisione che faceva concorrenza al Presidente del Consiglio. Sarebbe stata letta come una mossa politica e quindi decisero di vendere Telemontecarlo. La comprò Cecchi Gori e a quel punto l'idea del terzo polo naufragò.

Nel 1997 tornò in Rai e curò il programma Made in Italy da esterno, ma anche inchieste e documentari per gli speciali del Tg1. Attualmente la collaborazione con la Rai si è conclusa?

Il rapporto è ancora in atto. L'anno scorso ho consegnato un documentario sul Rigoletto di Franco Zeffirelli e la Rai lo sta proponendo alle televisioni nel mondo. Adesso sto lavorando per tornare a Palmira. Dopo che l'Isis ha distrutto il sito archeologico, stanno facendo dei restauri e vorrei andare a filmare.

Federico Fazzuoli, la moglie Anita e i figli Flavio, Luca e Giovanna

Federico Fazzuoli e la moglie Anita
Federico Fazzuoli e la moglie Anita

Parliamo della sua vita oggi. Lei ha una fattoria dove produce olio e vino.

È la casa dove sono nato, appartiene alla mia famiglia da sempre. C’è questa azienda di venticinque ettari che ha otto ettari di vigneto e quattro ettari di ulivi. Quando è morto mio padre abbiamo deciso di non vendere e occuparcene tutti insieme. Ognuno dà il proprio contributo. Mia moglie è la responsabile della società e tutti partecipiamo in qualche modo. Facciamo anche agriturismo. I miei figli Flavio, Luca e Giovanna hanno il loro lavoro, ma se c'è qualcosa da fare partono e vanno alla fattoria. È una gestione familiare.

Che padre è con loro?

Ho sempre pensato che ognuno debba fare la propria vita, come ho fatto io. Sono felice che ognuno di loro faccia ciò che vuole. Non sono stato un padre severo e oppressivo. Li vedo contenti e tranquilli, legati alla famiglia e alla terra, si vede che ho fatto la scelta giusta. Fare una scelta per il futuro è complicatissimo. La vita è imprevedibile, non si può mai sapere dove porterà una decisione, l'ho imparato a mie spese.

Come ha imparato questa lezione?

Tanti anni fa ho avuto un'esperienza forte. Avevamo organizzato un viaggio in Nepal con la FAO. La troupe era pronta a partire, era stato stabilito tutto: gli appuntamenti, gli orari, i biglietti aerei. Poi c'è stata la svalutazione della lira. Sapevamo che si sarebbero alzati i prezzi in modo ingiustificato e proponemmo al direttore di rete di attivare una segreteria telefonica gestita da Linea Verde, in modo che tutti potessero telefonare e dire: “In questa città, in tale via, c'è un negoziante che ha aumentato il prezzo del pane". E noi avremmo detto in diretta che quel comportamento era sbagliato e avremmo dato la parola agli esperti. Il direttore di rete accettò questa proposta e a quel punto rinunciammo al viaggio in Nepal.

Quindi non siete più partiti. 

No e il lunedì abbiamo letto che l’aereo da Caraci a Katmandu era caduto. Tutti morti. Da quel giorno se perdo un aereo non mi arrabbio, se trovo coda per la strada l'affronto tranquillamente. Non si sa mai che cosa ci riserva il futuro. Quella che apparentemente può sembrare una cosa negativa, magari ti salva la vita. Non ho paura dei momenti di crisi, perché sono quelli che generano il cambiamento.

È sposato con Anita. Qual è il segreto della vostra unione?

L'ho sposata negli anni '90, dopo la fine del mio primo matrimonio. Penso che il secondo sia più solido perché si fa una scelta più consapevole. Credo che le persone debbano riconoscersi nei pregi e nei difetti. Se io so che una cosa dà fastidio a mia moglie non la faccio. E poi ci vuole rispetto intellettuale, ascoltarsi reciprocamente, tenere vivo un dialogo su tutto, dalle questioni familiari alla politica. Dopodiché c'è la vita normale, la condivisione e le discussioni. Tra la convivenza e il matrimonio abbiamo abbondantemente superato i 30 anni.

A 78 anni ha qualche rimpianto?

Ogni tanto penso: “Chissà che sarebbe successo, se avessi fatto…”. Devo dire però che nella vita non mi sono mai annoiato anzi è come se non mi bastasse il tempo. La vita ti crea delle situazioni sempre nuove. È bello scoprire cosa c’è dietro l’angolo.

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