Fabio Caressa e i mondiali 2006: “Mio padre mi chiamò e disse ‘In Italia si sente solo la tua voce'”
Anche quest'anno tocca a Fabio Caressa, assieme a Beppe Bergomi, a raccontare per Sky le gesta dell'Italia guidata da Luciano Spalletti a Euro 2024. A tre anni dal trionfo di Wembley, la voce storica di Sky celebra un ritorno in Germania a quasi 20 anni dalla spedizione magica del 2006, quella che segnò l'inizio di tutto e l'era d'oro di Sky. "Incrociamo" Fabio Caressa a poche ore dalla seconda partita degli azzurri, Spagna-Italia che si giocherà giovedì 20 giugno allo stadio di Gelsenkirchen, trasmessa su Sky Sport Uno, Sky Sport Calcio, Sky Sport 251, Sky Sport 4K e in streaming su NOW.
Partiamo dall'Italia: che nazionale hai trovato?
L'Italia è una squadra che sta cercando di capire se è bella come sembra. All'apparenza lo è, ancora però è un po' goffa, ogni tanto, anche se la strada è interessante.
Quanti "ma" ci sono?
È una squadra che prova a fare cose diverse e ogni tanto corre il rischio di guardarsi troppo allo specchio. Però è il rischio da pagare rispetto alla rivoluzione che sta cercando di fare Spalletti.
Per Sky questo non è un ritorno in Germania qualsiasi. Proprio in questi stadi 18 anni fa avveniva la consacrazione di quel modello che ha poi dettato legge sul racconto del calcio. Avevate la percezione che sarebbe andata così?
Assolutamente no. Io mi sono reso conto che qualcosa era cambiato quando mi chiamò mio padre dopo Germania-Italia dicendomi "guarda Fabio che qui c'è solo la tua voce, ovunque". Erano i primi anni di Youtube, dei telefoni multimediali, la cosa era dilagante. Capimmo così che qualcosa era successo.
Quell'anno Sky raccontava per la prima volta una grande competizione calcistica. Era percepito quasi come un sopruso rispetto alla prassi, come se la vostra fosse un'invasione barbarica. Ricordi le sensazioni?
Percepivamo una sensazione di guerriglia. Eravamo relativamente pochi e coprivamo 24 ore al giorno da tutta la Germania, fu uno sforzo bestiale. L'amministratore delegato dell'azienda, che ci sostenne molto, a un certo punto rendendosi conto del lavoro che facevamo iniziò a prendere un aereo da Milano ogni sera per andare nelle varie sedi a cenare con le squadre di Sky. Sentivamo che per la prima volta c'era una vetrina importante per il tipo di lavoro che avevamo iniziato a fare, per altro già da anni.
E oggi quello spirito battagliero resta?
Ti assicuro di sì e credo sia la cosa più bella. Alla prima partita ho percepito che siamo ancora lì, tutti pronti a fare quello che c'è da fare senza che nessuno dica una parola di troppo. Credo rimarrà sempre la forza di Sky. La cosa bella è che i nuovi arrivati negli anni hanno preso questo entusiasmo e credo si tramanderà.
In questi anni Sky è anche molto mutata aprendosi al racconto di sport e discipline considerate prima "laterali". Credi che il calcio, al netto della sua mastodontica rilevanza che ha, stia perdendo un po' di centralità?
Questa è una fase di riequilibrio, perché quando ci sono campioni in altri sport avvengono processi di crescita repentini, penso ovviamente al tennis con Sinner. In linea generale sul calcio io penso la crisi dipenda da un cambio di interesse più che da una decrescita, non è più una cosa solo nazionale ma di respiro globale. Ci sono molti eventi e si fa una scelta. Si dice che i giovani non guardino il calcio, ma non è così, guardano le partite belle e importanti, non le altre.
Forse lo guardano in una maniera diversa, un'esperienza più figlia della frammentazione. A questa cosa ci credi?
Devo dire la verità, io non ho mai visto dati a supporto di questa tesi. Gli ascolti delle partite sono sempre alti, quelli calcistici sono gli eventi più visti e non penso siano solo i grandi a vedere le partite. Penso, più che altro, che nel momento in cui qualcuno ha la possibilità di vedere Real-Barcellona o Real Madrid-Manchester City, poi non si accontenti più di vedere una partita di livello diverso. Infatti con la nuova Champions League, che credo sarà un evento, ci potrebbe essere un problema per la rilevanza delle competizioni nazionali. Di una partita noiosa anche io preferisco vedere solo gli highlights, di una partita bella no.
Al netto della retorica sul campanilismo e il calcio di provincia, pensi anche tu che si stia andando verso competizioni continentali?
Penso che ce lo dicano soprattutto gli interessi delle persone. Siamo diventati un mondo definitivamente globale, e questo sì soprattutto grazie ai social. I giovani vedono le grandi giocate dei giocatori all'estero e quindi, per logica, vogliono vedere le partite di Vinicius e Mbappé. Per questa ragione io penso che la nuova Champions sarà qualcosa di sostanziale, ci sarà per la prima volta una classifica ed è un fattore molto rilevante.
Ieri leggevo di questo tuo siparietto con Di Lorenzo e Cristante durante gli allenamenti. È meglio la meraviglia degli inizi quando tutti sembravano intoccabili, o è più bello sapere che oggi puoi parlare con gli atleti e rappresentare per loro un'autorità?
Non ci faccio molto caso, per me è cambiato poco e mantengo lo stesso entusiasmo di quando ero più giovane. Non mi pongo un problema per essere diventato un punto di riferimento, ma cerco di fare bene il mio lavoro. Mi preparo anche di più rispetto a prima perché le persone sanno più cose, c'è più possibilità di ricerca di informazioni, siamo chiamati ad essere più preparati.
Anche sulla telecronaca c'è dibattito. Qualcuno crede sia una cosa superata e inessenziale.
Ci credo poco, al di là del mio interessi personale. La telecronaca è la colonna sonora di una partita, rappresenta la tensione emotiva della partita. C'è poco da fare. Riesci a trasmettere l'emozione del momento nello stadio, a casa.
Questa è un'altra delle tue spedizioni con Sky. Ce n'è una alla quale sei particolarmente legato per fatti non strettamente sportivi?
Ci fu una trasferta bellissima, che non durò 40 giorni ma 10 giorni, quella per la Coppa America del 2011. Io e Beppe a Buenos Aires siamo stati benissimo, giravamo in città, a piedi, c'era un clima fantastico e quella Coppa America fu molto bella.
E la peggiore?
Credo quella in Sudafrica. Tragica per ragioni logistiche, climatiche e anche sportive, visto che per l'Italia fu un disastro completo. Lì si ebbe proprio la sensazione di una magia che si era spenta e che poi si è riaccesa negli anni, fino al trionfo agli europei.
Appunto, veniamo a Euro 2020. Dopo la finale dicevi di non sapere se avresti fatto telecronache per sempre. Resti di quell'idea?
Ho preso un anno di pausa dopo l'europeo, che mi ha riattivato. Ne avevo bisogno per cercare nuove strade, perché tornasse la voglia di fare cose, perché c'era il rischio che dopo una vittoria così ci si aspettassero tutte partite come quelle, cosa impossibile. Mi sono riassestato e sono più tranquillo, ma continuo a pensare che non faro telecronache per tutta la vita.
Magari ti darai all'intrattenimento, con Pechino Express non è andata malissimo.
Altro che malissimo, è stata una cosa che mi ha divertito tantissimo.
La Tv vuole i suoi rituali e colpi di scena, dovessi decidere di smettere credi che lo annunceresti in modo eclatante alla fine di una cronaca?
Non mi appartiene minimamente una cosa del genere. Non mi ritengo così importante da dover annunciare in diretta che smetto di fare questo lavoro.
In queste ore calcio e politica si incontrano, generando la solita miscela potentissima. Che pensi delle parole di Mbappé e Thuram sulle elezioni in Francia?
Diciamo che i calciatori sono portatori di valori in generale, penso siano ragazzi maturi e preparati ed è lecito esprimano opinioni.
Questa rischia di essere la vera storia di questo europeo, gli esiti delle elezioni potrebbero alterare gli equilibri nella competizione?
Sicuramente potrebbero incidere all'interno della nazionale francese. In passato, e penso al 2010 quando la Francia si è un po' divisa su questioni etnico-politiche, non è andata benissimo. La Francia ha vinto quando è riuscita ad essere un gruppo compatto e multiculturale. Quando questi elementi non sono fattori di compattezza, diventa più complicato e non mi pare che tutti i calciatori si siano espressi in merito. In generale io preferisco quando i calciatori parlano di valori e non di politica spicciola del momento. Però c'è un fattore interessante, pensare che possano portare giovani al voto e incidere sugli esiti delle elezioni è comunque una cosa che fa parte della narrazione di questo europeo.
Questo europeo ha regalato già le sue prime sorprese, come la Romania e la Slovacchia. Pensi terranno o sul lungo prevarranno le favorite?
Difficile dirlo, siamo solo al primo turno che porta spesso sorprese che non è detto si confermino. Così come non è definitivo un tonfo, ricordiamoci che l'Argentina nel 2022 ha perso la prima partita e poi ha vinto i mondiali. Credo che con l'impatto della tattica e degli analisti, la capacità di lettura della partita immediata da parte degli assistenti, siano sensibilmente diminuite le distanze dettate solo dalla qualità tecnica dei calciatori. Tutte le squadre sanno stare in campo e forse non è casuale ci sia un numero non indifferente di tecnici italiani o persone che si sono formate in Italia.