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Enrico Montesano: “Non sono il Grillo dei No Vax, ma nessuno mi fa più recitare “

Enrico Montesano a Fanpage.it si racconta in una lunga intervista a cinque mesi dai fatti di Ballando con le stelle: “Sono stato dileggiato e vilipeso, vorrei cancellare quella vicenda dalla mia vita”. E sul futuro: “La mia carriera si è fermata perché non ho un pensiero gestibile, ma mi piacerebbe tornare a recitare”.
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Dopo cinque mesi di silenzio, Enrico Montesano parla per la prima volta a Fanpage.it dopo i fatti che lo hanno portato ad allontanarsi da Ballando con le stelle e dalla Rai: "Non dovevo accettare di partecipare per la mia posizione. È una vicenda che vorrei cancellare dalla mia vita". E sulle voci di una causa con l'azienda di Viale Mazzini: "Non sono in causa con nessuno, questo vi sorprenderà. Ci ho messo una pietra sopra e di quella vicenda non parlo più perché mi ha già danneggiato". Un'intervista a tutto tondo tra carriera e politica: "Hanno detto che sono il capo dei no-Vax, ma sono stato frainteso anche là". Il collega migliore: "Renato Pozzetto. Con lui i film più divertenti. L'ho chiamato per gli auguri di compleanno, ma non ci sentiamo più così spesso". La presunta rivalità con Gigi Proietti: "Non c'è mai stata, eravamo due primi attori ma non facevamo mai la conta a chi faceva ridere di più. Detesto chi fa i paragoni".

Enrico, come sta?

Bene. Credo che questa sia la prima intervista che faccio dopo tanto tempo.

Come mai?

Le ho evitate accuratamente nel mio esercizio del libero arbitrio e della libertà che ancora mi è concessa. Io mi sento un uomo libero e sono stato educato sempre a essere così. Ho sempre esercitato il libero pensiero e rivendico questo, non mi sembra essere un delitto.

In effetti – a parte i suoi aggiornamenti quotidiani su Telegram – non la sentiamo dai fatti di Ballando con le stelle.

Mi sembrava inutile parlare in quel momento, ho preferito tacere e chiudere la questione perché avrei solo rinfocolato delle polemiche. Poi, mi è stato consigliato di non parlare e di non dire nulla perché tutto poteva ritorcersi contro di me.

Le è stato consigliato così perché è in causa con la Rai?

No, io non sono in causa con nessuno. Questo vi sorprenderà. Ci ho messo una pietra sopra ed è una faccenda della quale non voglio più parlare. È così kafkiana, assurda, che non so cosa dire.

Parliamo della maglietta della Xa MAS.

È stata strumentalizzata in maniera pessima e negativa per me. Sono state dette tante sciocchezze, tante inesattezze e tante imprecisioni storiche.

Per esempio?

Intanto, in diretta, le risulta che io abbia fatto cose disdicevoli? Siamo stati irreprensibili. Un attore è responsabile solo di quello che fa in diretta, non di ciò che viene ripreso in altri momenti. Se lei mi fa una foto, la scatta e la pubblica, di chi è la responsabilità? Questo è successo con una normalissima maglietta che si vende, il cui simbolo fa parte del gonfalone della flottiglia che ha fatto la storia della marina militare italiana, che ha sfilato e sfila in tutte le nostre manifestazioni pubbliche. Ha sfilato anche alle manifestazioni al tempo di Giorgio Napolitano, il più comunista tra i Presidenti della nostra Repubblica.

L'ormai noto fotogramma di Enrico Montesano con la maglietta della Xa MAS.
L'ormai noto fotogramma di Enrico Montesano con la maglietta della Xa MAS.

La Rai sta producendo anche un film su Salvatore Todaro, l’eroe di quella flottiglia: Comandante di Edoardo De Angelis.

Ed è proprio Salvatore Todaro che ha ideato quel simbolo che c’è sulla maglietta, quella del teschio con la rosa. Perché lui diceva: per noi che combattiamo per il nostro Paese, la morte profuma. Andavano incontro alla morte pensando che fosse una cosa profumata.

La contestazione era relativa al periodo successivo a Todaro, quello del Principe Borghese che, a seguito dell'armistizio con gli Alleati, scelse di schierarsi coi nazisti.

Tutte le storie hanno dei momenti bui. Se noi ci focalizziamo solo su quell’anno di schifezze, la pagina oscura della guerra civile, che condanno decisamente, diamo un’idea sbagliata. Ma, a parte questo, non era certo mia intenzione ricordare quel periodo. Io ho messo una maglietta priva di richiami al fascismo o al nazismo, ho messo una maglietta ‘dannunziana’ al massimo. E l’ho messa durante le prove. Durante le prove, chi riprende è proprietario di quelle immagini e non sono io responsabile della messa in onda. Quante volte sono venuti a coprirmi piccoli loghi sui pantaloni della tuta, sulla maglietta.

Lì in quel momento, come già sappiamo, nessuno se ne è accorto.

Non si vedeva ad occhio nudo in movimento. Quel fotogramma è stato fermato, ingrandito, letto e quindi focalizzato tutto sulla parte negativa della flottiglia. Ecco, pertanto, l’inesattezza storica.

Cosa risponde a chi dice che lei lo ha fatto apposta?

Rispondo molto semplicemente: perché avrei dovuto farlo apposta? Avessi immaginato quel che poi è successo sarei andato a petto nudo. Chi ne ha beneficiato di questo can can pubblicitario? Potevano benissimo tagliarlo ma invece è partito il frullamerda, come lo chiamo io. Sono stato offeso, vilipeso, tacciato di nostalgie che non ho. Mi chiedo se non sia stata montata tutta una cosa per far fuori l’attore anti-sistema.

Però ha avuto difensori eccellenti, a cominciare dai componenti del programma fino ad Enrico Mentana.

E lo ringrazio, perché Enrico Mentana è una persona intelligente. Anche Vittorio Sgarbi mi ha subito difeso riconoscendo il simbolo “dannunziano”. Anche Giuseppe Cruciani, li ringrazio tutti.

Diciamo che una serie di coincidenze strane, a volerle trovare, ci sono. L’attore anti-sistema che indossa proprio quella maglietta all’indomani dell’insediamento di un governo di destra.

Anche a questo io non ci avevo pensato. Guardi, io la vicenda di Ballando la vorrei cancellare dalla mia vita. Sono dei professionisti straordinari, lavorano in poco tempo facendo una cosa ricchissima, lavorano con una serietà incredibile e li ringrazio per avermi chiamato, ma forse non dovevo accettare per la mia posizione. Mi sono fatto convincere.

Perché ha accettato?

Quello è sempre il mio mestiere. Milly mi aveva chiamato perché voleva dare una dimensione teatrale al programma, mi diceva “Tu balli, canti, reciti”. Perché io, forse, in un altro paese, sarei più riconosciuto. Ho fatto dieci commedie musicali al Teatro Sistina. E l’ho fatto con grande piacere ma l’ho detto anche in trasmissione. Avevo una grande dissonanza cognitiva e mi dicevo: che ci faccio qua?

Per la sua posizione no-vax?

Per la mia posizione di resistenza. Io mi sento un partigiano, sto facendo la resistenza. Siamo attaccati su tutti i fronti e stiamo difendendo la libertà di scelta, quello che ci hanno insegnato i padri di questa Repubblica, che loro tanto difendono a parole contro una maglietta che è soltanto un gadget, un elemento d’abbigliamento come un altro, come la maglia di Che Guevara, come la maglia di Mao, come la maglia dell’Unione Sovietica, bellissima, che ogni tanto mi metto. O la maglietta dei Templari. Sono indumenti slegati da qualsiasi analisi storica.

Nella sua posizione “di resistenza”, nega anche il Covid?

No, ma sono per la libertà di scelta. Io ho paura e la paura va rispettata. Molte persone si sono fatte iniettare il siero per paura, io le rispetto. Mi piacerebbe che fosse rispettata anche la mia di paura.

Per chiudere sulla maglietta di Ballando, diciamolo: Montesano non è di destra.

Io sono libero. E non sono di destra, non sono di centro, non sono di sinistra. C’è un sopra e c’è un sotto. La politica, oggi, è orizzontale. E io sono un uomo libero del partito di sotto. Poi, se mi chiamano a lavorare, io ci vado. Ma resto libero e di sotto.

C’era anche suo figlio Oliver Montesano a Ballando con le stelle come scenografo.

Guardi, in epoca non sospetta, mio figlio ha fatto un regolare concorso e tutta la regolare trafila. Fa lo scenografo da anni, non è un raccomandato, ecco.

A proposito di Rai, per i palinsesti futuri si fa il nome di Pino Insegno, al quale contestano l’amicizia con Giorgia Meloni.

E allora bisognava contestare l’amicizia di Benigni con Berlinguer? A me facevano tanta simpatia e non mi sono scandalizzato. Perché devo scandalizzarmi adesso?

Le è indifferente?

Io prediligo la gerarchia del merito. Chi merita, lavora. Nel nostro Paese, purtroppo, non accade quasi mai.

Facciamo una battuta: Pino Insegno e Giorgia Meloni, Roberto Benigni e Enrico Berlinguer. Lei e…? Pietro Nenni?

Magari. Io e Bettino Craxi, forse.

Lo ha detto più volte che dopo “Mani Pulite”, per lei qualcosa è cambiato.

Penso che tante cose non le sappiamo. Quanto è sporca la politica mondiale, europea, nazionale, non solo la nostra, quanto è difficile essere umani e come sono complicati i rapporti, quanto sono imprevedibili e avidi gli uomini. Quindi, come diceva Gesù Cristo, non possiamo giudicare se non vuoi essere giudicato. E la mia simpatia verso Nenni e verso Craxi rimane inalterata.

Lei nasce socialista.

E morirò socialista. Sono un socialista inalterato.

Però, nel mentre, conosciamo l’esperienza politica coi DS, a Peter Gomez ha detto di aver votato una volta Berlusconi, per due elezioni ha votato Cinquestelle. Alle ultime per chi ha votato?

Non sono andato a votare e mi dispiace. Mi è dispiaciuta per la frammentazione nella parte resistente e consapevole, quella dei dissidenti.

Lei era diventato una sorta di riferimento per loro.

Sono stato frainteso anche là. Sono anni che giochiamo a menarcela come più ci va comodo. Io avevo preparato la strada ai movimenti consapevoli che sono contro questo sistema costituito, un’impresa folle, abbiamo sbagliato tutto.

Enrico Montesano al "No Paura Day" in Piazza Duca D'Aosta, a Milano.
Enrico Montesano al "No Paura Day" in Piazza Duca D'Aosta, a Milano.

Cosa avete sbagliato?

Non dovevamo affrontare l’avversario a viso aperto. Dovevamo essere i vietcong del terzo millennio della politica. E invece alle elezioni, i dissidenti si sono presentati sparpagliati. E mi dissero che io ero il “capo del partito dei No-Vax” solo perché avevo fatto quella manifestazione, organizzata e pagata di tasca mia. Piazze Libere, che abbiamo fatto in Piazzale Ugo La Malfa. Eravamo in quattromila e forse più e dissi che quelle persone avevano diritto ad avere una rappresentanza politica. Da quel momento hanno detto: ecco il nuovo Grillo. Ma io ero solo Giovanni Battista. Preparavo la venuta del Messia, che non è mai arrivato.

Torniamo allo spettacolo. Chi è dei suoi colleghi quello che è davvero bravo, quello per cui nutre una stima profonda? Professionale e umana.

Domanda assai difficile, perché si può avere grande stima per la professionalità, ma non dell’umanità.

Allora mi dica il top della professionalità.

Posso dire che Pierfrancesco Favino mi sembra molto bravo, ha anche una vena comica interessante. Ha fatto bene anche Craxi, mi ha molto affascinato. Mi piacciono molto anche Ficarra e Picone, Elio Germano e Luigi Lo Cascio.

Ha detto Christian De Sica che fare il comico è un po’ come fare il cowboy: scendi e sali da cavallo tutta la vita ma se vuoi fare altro, tipo i film drammatici, la cosiddetta ‘intellighenzia’ non te la perdona. È così?

È vero. C’è questa etichettatura che non ti togli più di dosso. Invece, l’attore comico dà delle prove sublimi quando è drammatico. Penso a Renato Rascel ne “Il cappotto”.

Lei ci ha mai provato a fare l’attore drammatico?

Ho fatto il “Riccardo III” in teatro con la regia di Armando Pugliese e “L’uomo, la bestia e la virtù” con la regia di Gabriele Lavia. Sono state delle belle prove. Mi piacerebbe ripetermi, ma più di tutto, mi piacerebbe tornare a recitare ma oggi sono un attore “sospeso”. Questo ostracismo purtroppo colpisce anche i miei due figli più giovani, diplomati alla Silvio D’Amico, Marco Valerio e Michele. Bravi, belli e senza colpe.

Dice che subiscono la pressione per le sue posizioni?

Bravo. Cosa c’entrano i figli?

Cosa sta facendo adesso?

Sto leggendo molto e sto scrivendo un libro per la casa editrice “Il punto d’incontro”, che mi ha chiesto un resoconto degli ultimi tre anni. Cercherò di essere un po’ leggero, perché mi manca tanto esserlo. C’è una pesantezza enorme, si tende a prendere tutto sul serio. Siamo diventati musoni.

Le piacerebbe tornare a recitare, ha detto. Non la fanno lavorare?

La mia carriera si è un po’ fermata perché il mio pensiero non è gestibile, ma sono gestibilissimo artisticamente e sono collaborativo.

Enrico Montesano con Renato Pozzetto in "Piedipiatti" (1991)
Enrico Montesano con Renato Pozzetto in "Piedipiatti" (1991)

Ha fatto coppia con tantissimi grandi artisti, ce n’è uno in particolare che ricorda con piacere?

Renato Pozzetto. I film con lui sono i più divertenti. Renato aveva un tipo di umorismo completamente differente dal mio.

Pozzetto ha pubblicato una lettera a Jannacci molto commovente. In linea di massima, è da diverso tempo che si percepisce in lui una certa malinconia. Lei lo sente ancora?

L’ultima volta l’ho chiamato per fargli gli auguri di compleanno, poi non l’ho più sentito. Lui è un po’ più grande di me, probabilmente andando avanti negli anni, un po’ di malinconia ti viene.

Gigi Proietti. Sul rapporto con lui s’è detto tanto.

Ci sono molte leggende metropolitane che fanno comodo per aizzare polemiche. Il tifoso dell'uno o dell'altro ci sguazza in queste leggende. La verità è che avevamo un grandissimo rispetto reciproco. Gigi mi stimava come attore e altrettanto io stimavo lui. Le sue doti erano indiscusse.

Però…

Eravamo due primi attori. Due grandi atleti, come due grandi del tennis che si combattono lealmente per cercare di arrivare al punteggio e schiacciare.

Proietti e Montesano come Borg e McEnroe.

Ma certo, e non vuol dire che quei due si odino. Con questo atteggiamento, i due atleti danno alla partita – nel nostro caso, al film – un livello superiore. Gigi si beccava delle scene e io pure, ma non è che facevamo il conteggio delle risate a chi è più bravo. Detesto chi fa i paragoni. Proietti ha sempre avuto caratteristiche tutte sue, io ho sempre avuto caratteristiche tutte mie.

Senta, ma non è che stanno aspettando che non ci sia più per darle qualche merito che manca?

Eh, ma infatti come moro me diranno: ammazza, era un innovatore! Parleranno di “Quantunque io”, non ne parlano mai, una delle prime trasmissioni comiche a colori del secondo canale, premiato a Montreux come migliore trasmissione italiana. E poi ho fatto in teatro “Bravo”, la prima commedia musicale diversa dalle altre, che hanno tutti scopiazzato.

Va detto, però, che “Techetechetè” non si dimentica mai di lei.

E sono contentissimo. E mi replicano pure i film a tutto spiano. Ma fatemene fà uno novo!

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