Elio Germano: “Oggi chiedere di rispettare i propri diritti espone a ritorsioni”
Elio Germano è al cinema con Confidenza, il film di Daniele Luchetti, tratto dall'omonimo romanzo di Domenico Starnone. L'attore in un'intervista a L'Espresso parla della necessità di esporsi, di far valere i propri diritti, in un campo come l'arte dove spesso e volentieri passano in secondo piano, pur sapendo che oggi, compiere un passo, non è sempre facile.
Elio Germano: "Il mio privato è stato violentato"
Di nuovo diretto da Luchetti, grazie al quale si aggiudicò la Palma d'Oro nel 2010 con il film La nostra Vita, Elio Germano interpreta in Confidenza un uomo che porta con sé un segreto, tanto grande da minare la sua esistenza: "Daniele è stato capace di mettere in scena una serie di inquietudini della nostra interiorità" dice parlando del regista, poi aggiunge:
Ingigantiamo tante cose dentro di noi, ognuno ha il suo senso di pudore, vergogna e colpa: possiamo aver fatto cose gravissime di cui non ci sentiamo colpevoli e cose insignificanti che temiamo si sappiano. Siamo nel regno dell’interiorità e dell’immaginario, una volta tanto si racconta anche questo al cinema. Quanto a me, dato il mestiere che faccio, molto del mio privato è stato già “violentato” ed esposto.
In realtà del suo privato si è sempre saputo pochissimo, sebbene l'attore non sembra essere d'accordo con questa affermazione: "A me sembra già troppo, mi sono già sentito devastato così, pensa gli altri che sono ancora più esposti".
La battaglia per affermare i propri diritti
Germano è stato insieme ad altri attori, come Neri Marcorè, Valerio Mastandrea, tra i firmatari di una protesta contro Netflix per far valere i propri diritti in merito alla tutela degli attori e del loro riconoscimento: "Negli Stati Uniti gli attori hanno fatto giustamente un bel casino, era ora di farci sentire anche noi". In merito al far sentire la propria voce e a quanto gli artisti si mettano in gioco su questo piano dichiara:
Mi ha stupito l’intervento di un cantante a Sanremo che si è addirittura scusato per aver detto una “cosa politica”. Senza pensare che anche non dire, o rinnegare, è fare politica. La storia del Terzo Reich è fondata su chi non ha fatto niente, che è comunque un fare politica attivo ed eversivo. Espormi adesso è meno rischioso che essermi esposto vent’anni fa, o rispetto a un attore agli inizi. Esporsi pubblicamente, poi, ha un rischio minore che esporsi sul posto di lavoro. Il problema è che, artista o non artista, chiedere di rispettare i propri diritti, o sentirsi liberi di dire la propria nella società individualistica di oggi, senza più associazionismo che protegge il lavoratore, espone a ritorsioni.
Per quanto riguarda, invece, una questione etica dell'interpretare o meno certi ruoli, l'attore ha le idee piuttosto chiare: "Dopo aver interpretato Hitler (in “Segnale d’allarme”, ndr) è tutto in discesa. Prima di “chi” mi interessa “come” si racconta, mi preme che l’ambiente di lavoro sia sano, con una volontà artistica di narrare e nessuna aria di operazione commerciale. Il problema etico se lo deve porre chi racconta".