Ecco perché Belve di Francesca Fagnani funziona, l’esperto: “Teo Mammucari non recitava”
Nel suo Belve Francesca Fagnani è "belvissima", capace di tirare fuori dai personaggi che intervista sfumature nascoste e dettagli succulenti. E se anno dopo anno la giornalista è riuscita a rendere il programma appuntamento fisso per i telespettatori e meta ambita per gli ospiti (spesso sono proprio loro a buttarsi nelle fauci di Fagnani) il merito è anche dell'approccio che usa nel rivolgersi agli intervistati. Fanpage.it ha contattato Fabio Pandiscia, esperto di comunicazione e linguaggio del corpo, per analizzare il format di Rai 2: "La conduttrice punta a creare empatia". L'obiettivo è stato ben centrato con Lorenzo Jovanotti, che ha dichiarato: "Ho 50 anni, ma questa è la prima volta che mi danno del lei. Non ci riuscirà a porre distanza". Stessa cosa, però, non è successa nello scambio con Teo Mammucari.
Nel rivolgersi ai suoi ospiti Francesca Fagnani dà sempre del lei. Cosa suscita nell'ascoltatore?
Crea un certo distacco emotivo eppure non per questo genera meno empatia. La conduttrice si distacca dal personaggio ma grazie alla scenografia, alle luci, al tono che usa e al sorriso riesce a tirare fuori dai personaggi sfumature private che in altri format non emergono. Il fascino e la novità della trasmissione ruotano proprio intorno questi elementi.
Francesca Fagnani è munita di un quaderno che raccoglie una grande quantità di materiale sugli intervistati, che effetto ha?
Non ha un grande effetto. Le persone sono suggestionate da altri fattori come le domande a bruciapelo, il tono di voce determinato. L'ansia può sopraggiungere a prescindere da ciò che credono sia scritto nella sua agenda rossa.
La conduttrice ricorre spesso al romanesco. Questo "switch" disorienta?
Si tratta di un'interruzione di schema utile a smorzare la tensione e a creare un rapporto con l'altro. Subito dopo incalza con una nuova domanda senza far passare neanche un secondo. Gli ospiti sono più disorientati perché non sanno dove si andrà a parare sulla sfera privata e personale.
Il setting dello studio presenta un'atmosfera buia.
Crea intimità perché l'intervistato ha l'illusione di essere in due in una stanza. Sia gli ospiti che gli spettatori quasi non si rendono conto della presenza del pubblico, non sentono addosso lo sguardo delle persone.
I personaggi, però, sono consapevoli che c'è un gran numero di spettatori che seguono il format. Quanto incide?
Non è un fattore che turba gli ospiti, sono personaggi abituati ad andare in televisione o a rivolgersi a un pubblico molto vasto.
Oltre alle luci soffuse, c'è anche la presenza di uno sgabello scomodo. È una forma di "tortura"?
No, al contrario. Le domande scomode suscitano nell'intervistato palpitazioni che vengono scaricate grazie alla postura eretta che si deve tenere su uno sgabello. Serve a facilitare lo scarico della tensione. Se l'ospite fosse sprofondato su una poltrona, la tachicardia aumenterebbe. È utile per un esperto del linguaggio del corpo osservare come si muove chi è seduto su uno sgabello, si riescono ad analizzare i riverberi gestuali e altri segnali involontari.
Nelle interviste di Fagnani c'è spazio per i silenzi e per le pause. A cosa serve questa tecnica?
Quando si sta parlando di una questione personale e privata i silenzi accentuano lo stato di stress della persona, portando chi deve rispondere a riempire le pause con altri dati e informazioni. È così che vengono fuori dettagli nascosti.
La conduttrice ha una postura obliqua e lo sguardo fisso.
Spesso Fagnani inclina la testa di lato, un segnale di gradimento molto forte e tipico degli innamorati. È un modo per dire "io mi fido di te, raccontati pure". Il suo sorriso e lo sguardo fisso, poi, invitano l'altro ad aprirsi.
È vero che cambia atteggiamento in base a chi si ritrova davanti?
Fagnani sposta il busto in avanti, segno di gradimento, quando si crea più feeling con l'intervistato. Inclina anche maggiormente la testa.
Prima ha parlato di empatia. Una trasmissione che si chiama "Belve", però, sembrerebbe suggerire tutto tranne questo concetto.
È vero che il "lei" crea distacco, le domande sono fatte con determinazione e a volte la mimica facciale di Fagnani può provocare una reazione di difesa ma non bisogna focalizzarsi solo su questi aspetti e sulle parole taglienti. Gli spettatori pensano che l'ospite sia sotto pressione ma in realtà il contesto scenografico invoglia ad aprirsi.
L'uso della domande standard "Che belva si sente?" è un modo per mettere a proprio agio gli intervistati?
Sì, crea l'illusione del controllo. Quasi tutti menzionano animali "dominanti". È una sorta di gioco che si fa con i bambini o in contesti professionali. Subito dopo questa formula, però, partono le domande a raffica che incalzano l'intervistato.
L'intervista a Teo Mammucari è diventata un caso.
Per analizzare il suo comportamento bisogna servirsi del metodo scientifico FACS (sistema di codifica delle espressioni facciali, ndr). Non è vero che stava recitando, non si era preparato nulla. Sul suo viso sono comparse autentiche espressioni di rabbia e disgusto. La prima emozione la si evince dalle sopracciglia che convergevano verso il centro e dalle labbra stirate in orizzontale. La seconda, invece, dall'arricciamento della pelle sopra il naso e dal sollevamento del labbro superiore. Se avesse recitato sarebbero venuto fuori espressioni asimmetriche. Non mentiva neanche quando diceva che non aveva mai visto una puntata di Belve.
Mammucari ha spesso detto di non sentirsi a suo agio. Il linguaggio del corpo corrispondeva alle sue parole?
Mentre lo diceva faceva segno di sì con la testa e teneva le mani verso il petto, segno di imbarazzo. È stato assolutamente coerente con le sue parole.
È vero che a "triggerarlo" è stato l'uso del "lei"?
Evidentemente sì. Era davvero convinto che Francesca Fagnani si sarebbe comportata come una sua amica.
Dal punto di vista paraverbale, come ha risposto la conduttrice?
È riuscita a smorzare la tensione che si stava facendo pesante ricorrendo ancora una volta all'interruzione di schema. Si è rivolta verso Mammucari utilizzando il tono che si usa per rimproverare i più piccoli, come se gli stesse dicendo: "Comportati un po' più da adulto". Alzava i palmi delle mani verso l'interlocutore, segno di stop per creare distanza tra due persone e mettere una barriera. È rimasta nel suo format.
Mammucari dice "È una sala operatoria?". Fagnani risponde: "Il senso non mi dispiace". Il format di Belve viviseziona o psicoanalizza?
Non credo sia solo una seduta psicologica. È innegabile che a Francesca Fagnani piaccia tirare fuori dalle persone emozioni forti, anche suscitando questo tipo di reazioni dopo averle messe sotto stress. Non è un caso che quando l'intervistato piange sembra che accenni un sorriso.