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Caso Fedez, parla la psicologa: “Sanremo può essere una batosta emotiva dopo i gossip di Corona”

Dopo il caso generato dai gossip di Fabrizio Corona su Fedez, la domanda ricorrente è se il rapper sia in grado di sostenere Sanremo 2025. La psicologa Irene Sanguineti a Fanpage.it: “Potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso o una forma di liberazione, un modo per disconnettersi dal caos circostante”.
A cura di Sara Leombruno
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Dopo il caos generato dai gossip di Fabrizio Corona su Fedez e Angelica Montini, la donna che avrebbe sempre amato anche mentre stava con Chiara Ferragni, la domanda ricorrente è se il rapper sia in grado di sostenere psicologicamente Sanremo 2025. Al Festival parteciperà con Battito, una canzone sulla depressione e duetterà con Marco Masini, cantando Bella Stronza. Ma, se sui social ha mantenuto un profilo basso, commentando frettolosamente la vicenda con un paio di stories, il caso mediatico "potrebbe aver condizionato una persona che, da ciò che sappiamo, vive una condizione di fragilità emotiva". A spiegarlo a Fanpage è la dottoressa Irene Sanguineti, psicologa e specializzanda in psicoterapia psicoanalitica. L'esperta, con il rispetto doveroso quando ci si approccia a temi simili, ha spiegato quale potrebbe essere l'impatto di questa competizione su Fedez e gli altri artisti in gara.

Dal punto di vista psicologico, qual è il peso emotivo che il Festival potrebbe avere su chi vi partecipa?

Una vetrina come Sanremo comporta già di per sé una serie di fattori di stress. Il primo è l'ansia da prestazione: anche se gli artisti si sono esibiti altre volte, questo contesto è totalmente diverso. È interessante notare che la struttura stessa può influenzare le performance: l'ambiente, le luci, il pubblico e le telecamere sono tutti elementi che possono contribuire a un sovraccarico sensoriale. Inoltre, sarà un'esperienza di competizione diretta, serrata, immediata, visto che i cantanti avranno solo pochi minuti sul palco e in base a quelli verranno giudicati da un numero elevato di persone.

Irene Sanguineti, psicologa e specializzanda in psicoterapia psicoanalitica
Irene Sanguineti, psicologa e specializzanda in psicoterapia psicoanalitica

L'idea di essere costantemente valutati potrebbe alimentare in loro un senso di insicurezza?

Certo, gli artisti saranno giudicati e comparati gli uno agli altri e questo non riguarderà solo la loro carriera, ma in generale il modo in cui il pubblico li percepisce come esseri umani. Lo spettatore potrebbe cambiare il suo giudizio anche solo per un outfit, per un gesto, una frase detta male. Questo innesca in loro la consapevolezza di non poter avere il controllo, come invece succede, ad esempio, ai concerti, in cui tutto viene scelto da loro. Poi adesso, anche grazie al Fanta Sanremo, il pubblico si sente ancora più vicino ai performer e, quindi, in diritto di commentare, visto che dalle loro esibizioni dipende la vittoria o la sconfitta.

Con il video di Falsissimo, Fedez è finito nell'occhio del ciclone mediatico. Qual è il rischio di partecipare a Sanremo dopo così poco tempo?

Da ciò che sappiamo, si tratta di una persona che sta attraversando un periodo particolare, mentalmente e fisicamente. Se da un lato, però, una pressione del genere potrebbe aumentare le difficoltà del periodo stesso, dall'altro, Sanremo potrebbe trasformarsi per lui in un luogo sicuro, una sorta di nido in cui potersi esprimere artisticamente e ritrovare sé stesso. Sicuramente, per lui è importante parlare di quello che sente, senza reprimere eventuali sentimenti di dolore, perché altrimenti rischiano di tornare a galla in modo inaspettato. La sua famiglia giocherà un ruolo fondamentale in questo, così come il suo terapeuta, ammesso che ne abbia uno.

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Quindi, il Festival potrebbe aiutarlo?

Sì, ti spiego il motivo. Ci sono cose della nostra vita che facciamo solo per noi stessi, come dipingere, cantare, o andare in canile. Io, personalmente, entro in contatto con la mia emotività quando sono con gli animali e, nonostante a volte sia stressata o giù di morale, ci vado lo stesso perché quell'esperienza mi ricarica emotivamente. Potrebbe succedere lo stesso a Fedez, non dimentichiamo che prima di essere il marito di Chiara Ferragni era un cantante e come tutti gli artisti vede nell'arte una forma di sfogo, di liberazione.

A patto che riesca a gestirne l'ansia e lo stress, immagino.

Esatto, quella è la prima cosa. Una volta superato quello scoglio, anche grazie al supporto di un esperto, il Festival potrebbe rappresentare una sorta di via d'uscita mentale per lui. Il linguaggio musicale, la performance, il solo fatto di impegnarsi a scrivere una canzone, potrebbe aiutarlo a rilasciare ciò che ha dentro, o anche solo a elaborarlo. Potrebbe essere come un atto terapeutico fatto davanti a milioni di persone.

E se non riuscisse a gestirlo?

In quel caso, Sanremo potrebbe essere per lui una forte batosta emotiva, la goccia che fa traboccare il vaso. Da psicologa, ritengo che tutti gli artisti dovrebbero prepararsi a eventi del genere, per il loro benessere mentale. Andrebbe elaborata tutta quella pressione, il giudizio sui social e le critiche dei giornalisti. Questo non vuol dire che tutti i partecipanti debbano andare per forza in terapia, ma sarebbe importante avere gli strumenti per dare all'esperienza il peso che merita. Per quanto intenso, Sanremo resta solo una parentesi, non la vita intera.

Un tradimento messo in pubblica piazza destabilizzerebbe chiunque, ma potrebbe anche rappresentare la liberazione da un peso?

Assolutamente sì, ci basti pensare alla reazione di un bambino che viene scoperto dopo aver detto una bugia. All'inizio c'è la crisi, il pensiero alle conseguenze che ci saranno, ma una volta passato il momento si innesca una sorta di quiete, un alleggerimento dell'anima, perché finalmente non ci si deve nascondere più. In primis con sé stessi.

Fedez e Angelica Montini
Fedez e Angelica Montini

La sovraesposizione social a cui lui e Chiara Ferragni hanno abituato gli italiani potrebbe essere sintomo di una fragilità più profonda?

Potrebbe, ma tutti vorremmo l'approvazione degli altri nelle cose che facciamo, perché il fatto che qualcuno ce la dia è per noi una conferma ulteriore. Il problema sorge nel momento in cui la conferma degli altri diventa più importante di quella che siamo in grado di dare a noi stessi. La domanda dovrebbe essere sempre: "Mi voglio bene?". Quando la risposta è no, allora tendiamo a volere dagli altri l'affetto che non riusciamo a riservarci. Ma è un vuoto che saremmo in grado di colmare solo noi.

Cosa potrebbe succedere una volta che i riflettori si spegneranno, invece?

Potrebbe essere destabilizzante, soprattutto nel caso in cui, come dicevo prima, Sanremo sia per lui un rifugio momentaneo per disconnettersi dal caos circostante. La fine del Festival potrebbe essere come la fine di una relazione visto che, una volta spentesi le luci, si concluderà un capitolo della sua vita. A prescindere dal fatto che possa tornarci in futuro.

Come bisognerebbe approcciarsi in modo sano al giudizio degli altri?

A chiunque toccano i giudizi degli altri, ma devono essere un'alterazione momentanea, un'occasione per porci delle domande su noi stessi, per farci chiedere: "Sono d'accordo con questa visione di me o mi percepisco in un altro modo?". Nel momento in cui questi giudizi cambiano l'idea che abbiamo di noi, anche se non ne siamo d'accordo, allora sarebbe meglio lavorarci su.

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In più occasioni, Fedez ha detto di aver seguito percorsi psicologici e psichiatrici. Pensi che sia positivo scardinare i taboo legati a questi temi, o mostrarsi così fragili potrebbe essere destabilizzante per chi guarda?

Osservare il dolore degli altri legittima il nostro, in qualche modo. Noi tendiamo a idealizzare i personaggi pubblici e, quindi, nel momento in cui li vediamo vulnerabili, pensiamo: "Se anche loro, che hanno tutto nella vita, hanno il diritto di star male, allora questo diritto ce l'ho anch'io". Bisogna sempre ricordare che, volenti o nolenti, la fragilità ci caratterizza tutti e ritengo che il fatto di poterla vedere negli altri sia un dono, perché la fa accettare anche a noi stessi. Io penso che la psicologia si sia normalizzata anche grazie a questi personaggi, che hanno avuto il coraggio di esporsi. Non bastava che noi psicologi dicessimo: "Ragazzi, guardate che siamo una scienza". Avevamo bisogno che queste persone ne parlassero insieme a noi.

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