Benedetta Valanzano sull’addio a Upas: “Valeria non è cattiva, è emersa la sua disperazione. Spero sempre in un ritorno”

A sentire la voce energica e solare di Benedetta Valanzano rispondere al telefono, ci si sorprendere ancor di più nel raccontare l'addio di un personaggio come Valeria Paciello, la vera e propria villain dell'ultimo anno di Un Posto al Sole, nella storia con Nico Poggi. Un saluto, quello alla soap di Rai 3, che l'attrice napoletana racconta facendo anche un passo indietro nel tempo, arrivando al 2006 quando per la prima volta mise piede sul set della serie più longeva della tv italiana. Dai suoi inizi tra tv e teatro sono già passati vent'anni: "Ma quando è successo?" si è chiesta ridendo e raccontando in questa intervista come nel suo percorso sia sempre stata spinta dall'entusiasmo di buttarsi in nuove sfide professionali, ma anche di come in un lavoro in bilico come quello di chi abbraccia il mondo dello spettacolo, non manchino momenti di incertezza, davanti ai quali l'unica scelta possibile è quella di migliorarsi.
Valeria Paciello ha salutato i fan di Upas, che è effetto ti fa?
Mi sento un po' strana, ma è un periodo di grande fermento artistico, creativo e trovo sia molto bello. Se dovessi descrivermi con un'immagine direi un serpente che sta cambiando muta.
Il cambiamento è sempre cosa buona.
I cambiamenti io li accolgo, quasi li cerco, me li vado a cercare. Certe volte mi dico che dovrei stare un attimo ferma, invece vado, torno, credo, distruggo, poi ricreo di nuovo.
E dove ti sta portando questo fermento artistico?
A mettermi in discussione. Ho un laboratorio teatrale per bambini dai 4 anni e ogni volta che lavoro con loro, mi torna la voglia di sperimentare, anche nel linguaggio. Non si tratta di recitazione vera e propria, perché poi il fine è pedagogico. Trovo sempre nuove soluzioni per parlare al mondo dell'infanzia e lo faccio tornando ad una forma di regressione, senza la quale non riuscirei ad avvicinarmi ai bambini, a capirli. Ho iniziato a fare un laboratorio corporeo che si chiama Anti-Corpi dove si lavora sulla percezione, il sentire l'altro.
Cosa hai imparato lavorando con i bambini?
Ha aumentato tantissimo i miei livelli di empatia per il prossimo, i bambini hanno un'empatia innata, sentono tutto, subito. Quando sei con loro ti rendi conto che non puoi non essere lì, al 100%, altrimenti li perdi. Ho dovuto alzare l'asticella da questo punto di vista e mi è servito anche nel mio lavoro. Con i bambini più grandi, poi, riscopri anche il valore della libertà di esprimersi senza giudizi.
A proposito di bambini, la tua Anita, vorrebbe recitare come te?
L'anno scorso ha fatto il laboratorio insieme a me, però non penso le piaccia recitare. È una bambina molto creativa, disegna benissimo, quindi qualsiasi forma d'espressione ben venga.
Cosa ti dice quando ti vede in tv?
L'altro giorno piangeva per Manuela, per come l'aveva trattata Nico. Mi chiedeva: "Mamma, ma perché l'ha trattata così". La figlia di Valeria che piange per Manuela, assurdo (Ride ndr.)

Ma parliamo di questo addio. È stato improvviso, ma come hai scritto "Forse è un arrivederci"?
Gli addii non sono mai definitivi e lo spero, ci ho sperato per 14 anni, però poi c'è il rischio di perdere di credibilità. A livello di scrittura il racconto si era esaurito, ma la cosa bella di questo personaggio, come di tutte le guest è hanno un inizio, un picco e una fine. Mi sono confrontata con gli autori e non volevo cadere nei cliché, abbiamo lavorato affinché non diventasse qualcosa di scontato. Il personaggio ha fatto il suo corso, almeno per ora.
Valeria è stata commentata e criticata sui social, sei stata la cattiva di questi mesi di Upas. Come spieghi quest'avversione verso il tuo personaggio?
Sì, sono stata la nuova villain di Un posto al sole. Ma ho notato che si continua a riflettere su questo personaggio, solitamente quando una volta chiusa una porta, come quella che Nico ha sbattuto in faccia a Valeria, si chiude una storia. Invece leggo commenti in cui ci si interroga anche sulla sua tossicità e questa cosa mi sorprende, ci si chiede perché sia stata vendicativa. Ci ho fatto uno studio sociologico (ride ndr.)
Raccontacelo.
Sono partiti prevenuti dal suo passato. Da chi ha vissuto la parte buona del personaggio, finché Valeria non ha letteralmente intossicato i bambini al Parco archeologico, non stava facendo niente di davvero strano. Conduceva una vita di coppia assoluta, nonostante abbia assecondato Nico in varie occasioni. Tutti pensavano che avrebbe nascosto qualcosa, finché poi non è accaduto realmente.
Valeria ha sempre portato con sé un bagaglio di sofferenze, credi siano state quelle a scaturire le sue azioni?
Ho sempre pensato che il personaggio abbia agito in buona fede, da donna innamorata, prima di compiere l'ultimo folle gesto. Ricordo la prima battuta che ha rivolto a Nico, non vedendolo da anni: "Non mi interessa del passato, quello che conta è il presente e il presente siamo io e te". È partita forte, sicura di sé, ma poi è venuta fuori tutta la sua disperazione, è un personaggio di una solitudine incredibile. Una persona che ha un minimo di amor proprio non sarebbe arrivata a fare quello che ha fatto.
Il tuo è un personaggio che dal 2006 al 2010 è tornato più volte. Come è arrivato e come è cambiata la sua storia?
Era un semplice provino e inizialmente il personaggio di Valeria interagiva con Giulia e all’epoca era incinta. Aveva situazioni economiche e familiari disastrose, per cui decide di dare in adozione il bambino, ma viene raggirata dalla madre di Marina. Questo è stato il primo approccio ad Un posto al sole. Poi c’è stato il ritorno dell’amore con Nico, letteralmente due opposti, la cameriera e il rampollo della borghesia, che però non finisce bene. Ci sono poi altri due ritorni, quando Valeria cerca di riconquistare Nico, ma in maniera del tutto sbagliata e l’ultimo quando si fa assumere come baby-sitter pensando che il figlio adottivo della compagna di Renato sia il bambino che aveva dato in adozione.
Fino al 2024, l'ultimo ritorno con Nico.
Sì, dopo 14 anni, quando si ritrovano, ma lei cerca sempre di nascondere la sua sofferenza.

Un Posto al sole è un unicum nella televisione italiana, uno dei prodotti più longevi, eppure c'è ancora un po' di reticenza. Che esperienza è stata la tua ad Upas?
Ho sempre caldeggiato un mio ritorno, ma gli autori sono molto bravi, non si lasciano condizionare da niente e da nessuno, se la storia non richiama il personaggio, non tornerà. Quando ho lasciato Upas nel 2010, ho fatto Ballando con le stelle, si è aperta la strada del teatro con le 250 repliche con Salemme, poi ho lavorato al Sistina, ma speravo di tornare ad Un posto al sole. È una grande opportunità di avvicinarsi al pubblico, esercitare la professione nella quotidianità, cosa impossibile anche se si è protagonisti di una fiction. Raccontare queste storie, poi, è una grande palestra per gli attori.
Facendo un passo indietro, quando hai capito che avresti voluto fare l'attrice nella vita?
Me lo chiedo ancora se è questo quello che voglio fare nella mia vita. Ho sempre avuto l'esigenza di esprimermi, di giocare, di entrare nel mondo del "facciamo finta che". Ho iniziato a lavorare molto presto, l'altro giorno sono andata al CAF e mi hanno detto "Lei ha 20 anni di contributi", ma quando è successo? (ride ndr.) Mi sono resa conto di aver accumulato un po' di esperienza, ma non ho mai pensato che questo fosse il lavoro della vita, mi piace farlo, ma ci sono anche sofferenze, provini andati male, autostima che se ne va a quel paese. Quando inizi, poi, è bello. Il problema è sempre arrivare a fare questo lavoro.
Sofferenze, autostima che vacilla, come si impara a gestirle?
Non si impara mai, un no è sempre un no. Un rifiuto è sempre un rifiuto, ci resti male per forza di cose e diventa parte del tuo lavoro, sai che è così. Studi, acquisisci delle competenze maggiori, questo ti rende più forte, anche come persona. È un lavoro in cui ci sono tempi morti, che fai? Aspetti? Come un atleta in palestra cura il proprio corpo, così bisogna curare e rafforzare la propria anima. Piangersi addosso, alla fine, non serve.
Rimpianti?
No, forse qualche scelta sbagliata, ma ho iniziato questo lavoro sempre piena di entusiasmo, ogni progetto era un esperienza oltre che una fonte di guadagno per me. Forse non ho pensato alla progettualità, mi sono sempre lasciata guidare dal fatto che un qualcosa mi piacesse o meno.
Cosa ti auguri di poter fare ancora?
Crescere, raccontare al meglio possibile le storie in cui mi imbatto. Sono molto realista, si lavora per poter fare il film con tizio o caio, ma non è solo quello l'obiettivo. Come nella vita l'obiettivo è stare bene, ambire ad un minimo di serenità e sono queste le basi che voglio tendere ben salde. Posso dire di aver fatto un buon lavoro, anche il riscontro da Un posto al sole. Forse sono più credibile adesso che ho 40 anni di quando ne avevo 30 e sono felice così.