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Ascolti Sanremo 2025, Massimo Scaglioni: “Ecco perché Conti partirà con un vantaggio su Amadeus”

Con il libro “L’Italia secondo Auditel”, Massimo Scaglioni ha ripercorso i 40 anni di Auditel sin dalla sua nascita: “Spesso demonizzato, ma ha cambiato la Tv”. Con Sanremo alle porte, il docente spiega la Total Audience, nuovo sistema che rileva anche gli ascolti digitali e per questo consentirà a Conti di partire con un leggero vantaggio rispetto all’ultima edizione di Amadeus. Vediamo perché.
A cura di Andrea Parrella
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Il racconto del Sanremo che sta per iniziare sarà inevitabilmente segnato dalla questione ascolti. Dopo i successi del quinquennio Amadeus, Carlo Conti è chiamato a confrontarsi con i numeri imponenti del predecessore, ma con l'importante novità della Total Audience, nuovo sistema di misurazione, occorrerà un elemento in più per valutare gli ascolti di Sanremo 2025.  Ne abbiamo parlato con Massimo Scaglioni, Professore ordinario di Storia dei media all'Università Cattolica di Milano e Direttore del CeRTA (Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi), che ha lavorato alla pubblicazione di "L'Italia secondo Auditel – Quarant’anni di ricerca sul pubblico della Tv e dei media", un testo in cui si ripercorre la vita del sistema di misurazione degli ascolti che ha cambiato in modo irreversibile la televisione italiana.

"L'Italia secondo Auditel". Cosa svela rispetto a quello che dell'Italia sappiamo già?

Svela un punto di vista originale, inedito. Il ragionamento era provare a trovare una storia inedita della televisione, che fosse basata su dati oggettivi. In questi 40 anni la televisione è stata estremamente centrale, quasi simbiotica con la società. Andare a vedere il dato, analizzare le tendenze che hanno caratterizzato i consumi, i passaggi di interesse da un genere all'altro, ci dà un quadro innovativo di come sia fatta la cultura popolare italiana che non si era mai visto prima.

La storia di Auditel sembra avere dei momenti cruciali, degli snodi fondamentali. Quali sono?

Sicuramente il momento della fondazione, il 1984, perché segna un grande compromesso che ha messo assieme i due principali competitor, Rai e Fininvest, in una fase di grande cambiamento e trasformazione che ha contribuito a definire l'assetto dei successivi 20 anni di Tv. È un accordo che mette fine al far west dei dati che c'era prima, in cui ognuno si misurava come voleva, per  costruire una currency, una moneta comune da utilizzare. Poi penso agli inizi degli anni Duemila, quando Sky Italia entra nel sistema Auditel, con una posizione anche molto critica rispetto alle modalità di misurazione, dando una forte spinta innovativa alla società stessa. Infine il 2014-2015, periodo in cui Auditel è in una situazione piuttosto critica, c'è il famoso caso dei leak dei panelisti e bisogna ricominciare da capo. Ma da lì parte una fase di grandissima innovazione. Dal 2019, Auditel ha avuto un ruolo di grande spinta del sistema televisivo.

Il libro ci racconta anche che Auditel è stato individuato come una specie di mostro che condizionava Tv e spettatori. Freccero in un'intervista ci diceva che la prima lezione di Berlusconi fu quella di abbassare il livello del messaggio per aumentare l'audience. Auditel forza, in un certo senso, il passaggio dalla Tv educativa all'intrattenimento?

Sì, c'è un capitolo in particolare in cui parliamo di come Auditel è stata raccontata negli anni, soprattutto per quella tendenza che fino a qualche anno fa la faceva percepire come una specie di centro occulto di potere. Gli anni Ottanta e Novanta, tuttavia, segnano la fine del monopolio televisivo e mostrano anche, per la prima volta, una ricerca che racconta abitudini di consumo di cultura popolare da parte delle persone. Fino ad allora c'era stata sempre la sensazione che i mezzi di comunicazione fossero un po' guidati dall'alto e in questo senso Auditel si impone come un grande strumento di democratizzazione. Nel bene o nel male, avere gli elementi per analizzare i consumi, ci dà un quadro dell'Italia che contribuisce a rendere più democratica la Tv e i mezzi di comunicazione.

Il libro curato da Massimo Scaglioni sulla storia di Auditel.
Il libro curato da Massimo Scaglioni sulla storia di Auditel.

Ha rilevato i consumi oppure li ha indirizzati? La domanda può apparire banale, ma è per certi versi l'interrogativo che riguarda la Tv tutta. 

Più che Auditel è, semmai, un modello di televisione che nasce in quegli anni e fonda il suo baricentro sulla raccolta pubblicitaria, cambiando il modo di fare televisione rispetto agli imperativi maiuscoli del servizio pubblico di educare e divertire. Il passaggio a un sistema misto, competitivo, apre davvero alla necessità di confrontarsi concretamente con ciò che il pubblico fa e consuma. Un'apertura che ha portato ad attacchi violenti rivolti al sistema, spesso campati per aria, ma questo è forse dovuto a un'iniziale reticenza di Auditel a comunicare, vuoto che invece negli ultimi anni è stato colmato. D'altra parte oggi il grande discrimine è tra un mondo soggetto a tutta una serie di regole di misurazione e un mondo che tende a sottrarsi alle misurazioni stesse.

Parliamo di questo. Se Auditel è il simbolo della televisione tradizionale, l'era delle piattaforme nasce sull'onda di una contestazione a quel modello, con player come Netflix e Amazon che fanno del sottrarsi alla misurazione la loro forza.

Sì, se Auditel avesse continuato ad essere il misuratore di una Tv solo lineare, mantenendo un'abitudine alla conservazione, sarebbe diventata molto più marginale. Invece ha fatto un salto, ha sposato l'innovazione, ha abbracciato dal 2019 tutta la misurazione dei consumi digitali e questo ha spinto molto gli stessi editori a innovare. Oggi si parla molto del tema degli ascolti incrementali, che sono principalmente quelli legati alla visione non lineare o a visualizzazioni in streaming e questa attenzione ha in un certo senso stimolato all'innovazione proprio perché esiste uno strumento di numerazione di questi ascolti non lineari. Tra l'altro in Italia vantiamo quello che si può definire il sistema di misurazione più avanzato al mondo, forse in Gran Bretagna sono partiti prima, ma dal punto di vista tecnico sono ancora un po' indietro, soprattutto sulla Total Audience.

Alla Total Audience ci arriveremo, ma Auditel è soprattutto uno strumento di racconto giornalistico, è funzionale all'idea di dire chi abbia vinto e chi abbia perso e questo alimenta il discorso sulla Tv. Si immagina un futuro in cui gli ascolti ci diranno chi ha vinto tra Rai1 e Netflix?

Il cambiamento parziale delle piattaforme, che hanno deviato il loro modello di business verso la pubblicità, ci dice che la direzione potrebbe essere  questa. Netflix attualmente è già misurata da Auditel in Gran Bretagna, ad esempio. Va però tenuto conto del fatto che i pattern di consumo della Tv lineare e delle piattaforme sono molto diversi.

Un esempio?

Di recente abbiamo analizzato i dati di M – Il figlio del secolo, rendendoci conto che lo spettatore abbonato Sky è ormai dentro a una logica on demand di fruizione del contenuto. Questo vuol dire che il dato della messa in onda lineare su Sky Atlantic o Sky Cinema è davvero solo un pezzo del racconto. Quindi anche lo stesso racconto giornalistico che dà conto delle tendenze televisive, deve sempre più abituarsi a una visione in cui il dato più interessante arriva due settimane più tardi e non il giorno dopo, alle 10 del mattino. Questo andrà sempre più rafforzandosi con maggiore presenza di contenuti on demand. Ciò non toglie che eventi come il Festival di Sanremo sono momenti di sincronizzazione e grande aggregazione.

Negli ultimi anni Sanremo è cresciuto in modo evidente, forse in controtendenza. Al di là di conduttori e cantanti, ci sono elementi interessanti che l'audience di Sanremo ha fatto emergere e che non avevamo notato?

Il Festival di Sanremo è stato un punto di riferimento in tutti i 40 anni di misurazione Auditel. Al di là di momenti di stanca nel primo decennio degli anni Duemila, rimane il momento più visto della televisione italiana. Sicuramente le ultime edizioni di Amadeus, e io credo che l'edizione di quest'anno sarà in continuità, hanno saputo ridare nuova linfa, aggregare un pubblico più giovane. Adesso le cose più interessanti da andare a guardare saranno se e quanto andrà ad incidere la visione in streaming del Festival di quest'anno, se e quanto l'editore Rai sarà in grado di andare a sfruttare al meglio le possibilità di questo nuovo ecosistema mediale, lavorando molto di contenuti ancillari, extra, clip e quant'altro, tenendo conto di accordi con case discografiche e cantanti. Ma questo è uno scenario molto interessante, su cui si è fatto molto e c'è ancora molto da fare. Di fatto gli editori tradizionali sono rimasti molto centrali in Italia, cosa che non è accaduta negli altri paesi dove abbiamo visto perdite di consumo molto più consistenti.

Tra le generaliste, mi viene in mente l'esperimento Mediaset de La Talpa, dichiaratamente indirizzato a piattaforma.

Assolutamente sì, poi ci sono tutti i casi di scuola come Mare Fuori, il digital first per molte fiction prima della messa in onda, gli ancora timidi tentativi di digital only. Noi sappiamo, ad esempio, che nei paesi del nord Europa si sta già ragionando di un progressivo spostamento di tutti i canali nel mondo digitale. Questo per l'Italia sembra molto prematuro, sia per abitudini che per caratteristiche anagrafiche.

Il caso Mare Fuori, che è stato cruciale per la combinazione di ascolto lineare e digital.
Il caso Mare Fuori, che è stato cruciale per la combinazione di ascolto lineare e digital.

Prima dell'inizio di Sanremo, Conti se la gioca dicendo che per fortuna non dovrà confrontarsi con gli ascolti dell'anno scorso, grazie alla nuova misurazione. Ci spiega cosa cambia, in soldoni, con la Total Audience?

Dal 30 di dicembre del 2024, dentro il cosiddetto standard Auditel, ovvero il dato ufficiale di programma, entra anche il consumo che avviene sui device che non sono televisivi, come smartphone e tablet, in modalità live. Tutto ciò che si vede, ma non sul televisore. Fino ad ora i dati sono stati molto residuali, nell'ordine delle poche migliaia, ma è ovvio che su Sanremo, con la possibilità di andare a intercettare anche un pubblico con caratteristiche diverse, può essere più incisivo.

Quello che dice Conti è vero? I dati non saranno paragonabili?

Non è del tutto vero che la confrontabilità col dato dell'anno scorso sia impossibile, basterebbe andare ad applicare i parametri del nuovo standard.

Che numeri dobbiamo aspettarci dagli ascolti di Sanremo 2025?

Dovremmo aspettarci un leggero vantaggio di partenza. Sanremo 2025 credo avrebbe un ascolto maggiore alla base, una stima potrebbe essere quella del 3-4% in più di ascolto in termini di teste. Diverso è il discorso sulla share, per tutta una serie di ragioni dovute agli aggiornamenti dell'ultimo anno. Va anche tenuto conto che la platea televisiva dell'inizio di questo inizio febbraio, è stata leggermente superiore allo stesso periodo dell'anno scorso e ciò fa pensare che il Festival di Conti andrà bene, perché parte con una sorta di handicap positivo.

Al netto del suo percorso di studi, quando c'è stato l'innamoramento con Auditel?

È figlio di un percorso lungo, perché io ho iniziato a occuparmi di dati e misurazioni televisivi 25 anni fa. Le prime cose che ho iniziato a fare, anche scrivendo, erano legati a questo ambito. È una cosa che frequento giorno per giorno da tanti anni. L'idea di ricostruire una storia di Auditel l'avevo in testa da tempo e si è creata questa connessione che rimanda un po' alla fase positiva di Auditel degli ultimi anni. Abbiamo avuto la possibilità di consultare archivi assolutamente inediti per chi guarda a questo ambito da ricercatore, con un intento di ricostruzione storica.

L'interesse degli studenti giovani per la Tv è calante?

Se per televisione intendiamo in senso lineare, decisamente, rischia di uscire dai loro radar. Se la intendiamo, invece, come una Tv in senso complessivo, con varie modalità di fruizione, l'interesse è molto vivo.

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