Andrea Moccia: “A Casa Geopop divulgazione e intrattenimento fanno l’amore. È in prima serata, ma non sfido la Tv”
In ambito divulgazione scientifica in Italia esiste un prima e un dopo Geopop. Da qualche anno i video di approfondimento pubblicati su questo canale hanno plasmato il concetto stesso di divulgazione, facendo di quel "pop" incluso nel nome una dichiarazione di intenti, una sorta di manifesto programmatico. Dietro alla nascita di Geopop c'è Andrea Moccia, fondatore e direttore editoriale, che della piattaforma è il volto di riferimento, anche se non l'unico. In questa intervista Moccia ci racconta Casa Geopop, primo step di Missione Cultura, il progetto di membership lanciato nelle scorse settimane. L'appuntamento è previsto per domenica 1 dicembre, alle 21, disponibile su Youtube.
Il successo dei vostri video è indiscutibile, cosa vi ha spinti a pensare a un contenuto molto diverso da quelli abituali?
Era una delle cose che volevamo fare, da quando ho cominciato questo progetto nel 2018 molte persone che ha chiesto quando facessimo un programma in prima serata, quando andassimo in Tv insomma. Credo sia una necessità di qualsiasi autore, dopo aver fatto cose più piccole, avere il proposito di fare cose differenti e più ampie. È come nella musica, lo dico da chitarrista non professionista, si inizia dal metal, rock, blues, poi magari passi al pop e poi alla fusion e al jazz. Per noi sta venendo fuori quella necessità di ampliare i tempi narrativi.
Parlare di "prima serata" potrebbe essere letto come un segnale di sfida inviato alla Tv.
Non abbiamo pensato al confronto con la Tv, onestamente, solo parte del nostro pubblico è anche televisivo, la competizione non c'è. C'è chi dall'interno ci ha fatto notare la cosa della sovrapposizione con Fazio e altri programmi, ma forse con un po' di incoscienza abbiamo pensato non ci interessasse
Quindi nella scelta della domenica sera non avete pensato alla sovrapposizione con una programmazione televisiva ricca, da Che Tempo Che Fa a Report?
L'idea della domenica nasce dal proposito di fare qualcosa di diverso rispetto a quello che facciamo, visto che non pubblichiamo mai quel giorno. Ci siamo chiesti quale fosse il momento più adatto, secondo noi, per stare 50 minuti su un divano, accendendo il televisore e guardando insieme questa cosa.
Progetti come il vostro invitano a pensare in che modo le piattaforme altre possano riuscire ad erodere il seguito della televisione. Quindi è lecito chiedersi se abbiate questa ambizione.
Il pubblico televisivo italiano è complesso, c'è una media d'età molto alta, una piccola parte di essi magari ci conosce, molti forse no, molti forse non hanno nemmeno la smart Tv per pensare di passare dalle reti tradizionali a un altro media come Youtube. Però certamente il prodotto, in termini narrativi, si avvicina a qualcosa di televisivo perché è un 55 minuti di durata. Della Tv ci manca il budget e infatti per questo non giriamo in uno studio televisivo ma nella nostra sede, con le nostre risorse.
Cosa sarà precisamente Casa Geopop?
Proporremo un varietà culturale, nel senso che variano le argomentazioni. C'è la musica dentro, non dico si balli ma c'è una vena artistica in un certo senso. Non sarò solo, ci saranno tutti i volti di Geopop, evitiamo la forma classica del narratore singolo che spiega diversi temi.
È sempre più chiaro che voi puntiate a rendere la conoscenza materia d'intrattenimento, mescolando i piani.
L'obiettivo è prendere la divulgazione e l'intrattenimento e fargli fare all'amore, lo diciamo proprio nell'intro del programma. Sarà il pubblico a dirci, alla fine, se avrà imparato sorridendo. Alla fine di ogni puntata avrai preso due o tre cose che il giorno dopo andrai a raccontare.
Nel parlare di giorno dopo, immagino tu teorizzi la visione collettiva. Anche questa è televisione, l'idea di un evento che raccolga tutte le persone a guardare insieme uno stesso prodotto.
Assolutamente, il desiderio è quello di immaginare le persone che si siedono sul divano a casa, condividendo quel momento in cui guardano Casa Geopop. Che si sentano un po' parte di quello che stiamo facendo.
Ci saranno degli ospiti?
Non ci saranno ospiti in una forma classica, ma avremo dei cameo. Marco Mengoni, che è un nostro amico storico della prima ora, Ciro dei The Jackal e poi ci sarà la parodia di Geopop fatta da Ross e dalla Gialappa's Band, che per me è stata straordinaria. Volevamo riprenderla e i Gialappi ci hanno dato una clip che non svelerò, ma comunque sarà incentrata sull'ironia relativa quello che ci ha distinti di recente, la nostra tendenza a interrompere i video per chiedere di seguirci.
La famosa call to action.
Esatto, quella call to action che in tanti stanno trasformando e su cui stanno fantasticando, sta subendo un'evoluzione interessante e chissà cosa potrebbe diventare.
Quante puntate di Casa Geopop sono previste?
Al momento l'obiettivo era la puntata pilota che esce domenica e vedremo la risposta. In tutta onestà, vedendo il risultato ho detto a tutti che farne solo una sarebbe un peccato. Ci siamo divertiti molto e quindi sarebbe giusto andare avanti.
Mi lego alla parodia di Gialappa Show che fa spesso leva su quel parallelismo telefonato con Alberto Angela, quasi inevitabile per chi si approccia alla divulgazione. Come ci si smarca da un paragone quasi scontato quando si tira in ballo il concetto di dvulgazione?
Io penso che Piero Angela in primis e poi Alberto Angela siano stati promotori di qualcosa di unico in Italia. Per me non c'è nulla di paragonabile a loro, sarebbe sbagliatissimo farlo. La sola cosa che sento di avere in comune con loro è l'interesse di portare qualcosa di buono in termini divulgativi in società. Purtroppo non ho mai conosciuto Piero Angela, ma dentro di me ho sempre pensato che lui avesse il proposito di fare divulgazione non solo per ragioni economiche, ma per estendere ad altre persone conoscenza. Nella stessa categoria metto il maestro Alberto Manzi, che forse è un riferimento ancora più grande.
Parli di "Non è mai troppo tardi", il programma storico in cui Manzi insegnava le basi scolastiche agli italiani attraverso la Tv.
Sì, forse quello è l'esempio più alto che mi venga in mente di condivisione del sapere. Il titolo di quel programma dice tutto, ha fatto prendere la licenza media a più di un milione e mezzo di italiani.
È sempre più frequente che si parli della necessità di una nuova fase di istruzione per le persone. Magari non per le basi scolastiche, ma ad esempio per colmare quel deficit di conoscenza sugli strumenti tecnologici che popolano la nostra vita.
Sono onesto, per me Geopop esiste per questa ragione. Chiaramente non ho la presunzione di pensare che potremmo contribuire da soli a questa cosa, però l'idea di una nuova era di apprendimento, in cui si spingano le persone ad appassionarsi alla conoscenza, non in modo nozionistico, ma per allenare la mente alla curiosità, è il desiderio da cui nasce l'intero progetto. Essere una scintilla.
Un progetto a lungo termine, insomma.
Per me Geopop è il progetto di una vita, se tutto va bene e se sarò ancora qua, forse vedrò qualche risultato tra vent'anni.
La sensazione è che vi interessi molto il target delle nuove generazioni, nonostante l'inverno demografico italiano che fa pensare i bambini saranno sempre meno.
Sono onesto, io dalla nascita di Geopop non ho mai pensato a un target. Anche oggi, quando me lo chiedono, io dico forse in modo inconsapevole che parliamo a tutti. I dati di Youtube ci dicono che gli over 50 sono il 13% dell'istogramma, il nostro pubblico è molto eterogeneo. Abbiamo l'ambizione di essere intergenerazionali, anche perché non credo che il piacere di conoscere abbia età. Poi è chiaro che su Tik Tok abbiamo una media d'età più bassa, su Instagram cresce leggermente, mentre su Facebook e Youtube siamo a un'età molto più avanzata.
Il rischio di contenuti come i vostri è "consolatorio", ovvero che chi vede prodotti ben fatti come i vostri ne esca con la sensazione illusoria di avere capito tutto di quell'argomento. Lo penso solo io?
È un rischio, senza dubbio, che riguarda in particolare i social. Noi consigliamo sempre di non fermarsi ai video, vogliamo essere solo una scintilla, perché la conoscenza vera è altra cosa. È una responsabilità dei divulgatori, quella di raccontare alle persone che i social, se usati con buon senso possono essere uno strumento potentissimo, nobile, ricordandosi che sono però il principio. Resto dell'idea che le vere cose le capisci quando ti sciroppi un libro, dico banalità che però alle persone vanno ricordate.
Avete spesso fatto contenuti su droghe, alcol, sostanze stupefacenti in generale. Come mai sono diventate materie di interesse?
Noi siamo un po' strani. La maggior parte degli editori costruiscono la loro offerta in base alla domanda, mentre noi, soprattutto da quando quattro anni fa Geopop è diventato una società, abbiamo allargato i domini di narrazione in base alle persone che abbiamo incluso. Ti faccio l'esempio del DeNa, mai avremmo immaginato di prendere un chimico, ma si è dimostrato così bravo come narratore da portarci ad aprire al mondo della chimica in chiave pop. Stessa questione per la matematica, mai avrei immaginato di assumere una matematica, ma poi è arrivata Maria Bosco. D'altronde Geopop, che nasce come un hobby, parte dalla geologia, chi se l'era mai filata prima?
Meno tempo l'avete dedicato alla questione sessualità, che pure sembra un tema urgente, soprattutto per le giovani generazioni e per la rilevanza che sta assumendo nel dibattito pubblico.
Sulla sessualità ti dirò che se verrà, verrà. Io non vengo da quel mondo, non sono dotto della materia e appropriarmi di temi non miei non mi appassiona. Certo, se arriverà una persona esperta, presentando un progetto interessante, non ci sono ostacoli, ma al momento non la vedo come una categoria a parte. Fermo restando sia un tema che, in relazione a scoperte ed evoluzioni, può dare spunti anche legandosi all'attualità.
L'attualità, appunto. Capita spesso che trattiate questioni apparentemente lontane dal vostro raggio d'azione.
Per essere trattato con Geopop, qualsiasi tema deve avere una matrice scientifica e non solamente sociale e politica, posto che i piani spesso si sovrappongono. Affinché lo si tratti non può essere solo un trend, quello che ho capito più di tutto in questi anni è che l'identità è la cosa più importante, quella che ti permette di ottenere la fiducia di chi ti segue. Se c'è il Titan, si approfondisce, se c'è l'alluvione provi a fare un contenuto laterale. È chiaro però che non siamo una piattaforma di news, se accade un evento non è Geopop il posto dove documentarsi su cosa è successo. Magari è lecito aspettarsi un approfondimento il giorno dopo.
Parlami di quell'hobby da cui è nato Geopop.
Io facevo tutt'altro, non vivevo in Italia ed ero soddisfatto dal mio lavoro. Poi una volta tornai a Napoli per le feste e un'amica mi disse che avrei potuto fare video divulgativi sulle geologia. All'inizio mi sembrava una follia, poi ho iniziato a provare e divertirmi così tanto che è diventata una droga. C'è, in fondo, anche una componente artistica.
E anche di narcisismo, mi verrebbe da dire.
Assolutamente, chiunque dicesse il contrario, fosse anche Alberto Angela, secondo me mentirebbe.
E quando hai capito che poteva funzionare abbastanza da spingerti a lasciare tutto?
Il passo è arrivato solo quando Ciaopeople mi chiamò proponendomi quest'idea. Li presi per pazzi, non conoscevo questo mondo, l'editoria, mi sembrava assurdo poter lasciare le mie certezze per dedicarmi totalmente a questa cosa. Bisogna dare il merito a questo gruppo di aver visto cose che io non vedevo.
È evidente che il successo di Geopop, oltre alla qualità del prodotto, incroci un favorevole momento storico di disintermediazione, la nascita di una nuova aristocrazia dei social. Sei consapevole di non essere più un outsider dei media, ma di essere potente?
Non so, ma ti dirò che questa cosa, in parte, mi spaventa un po'. Sulla creator economy ho i miei dubbi e c'è qualcosa che non mi torna. Ha qualcosa che turba troppo le dinamiche dei mercati e questo impatta direttamente sulla qualità dei contenuti. Intendo dire che credo sia molto più sano avere un editore che fa contenuti, anziché singoli che li realizzino. Altrimenti questo comporta che poi il brand va dal singolo, il singolo partecipa all'evento e questo può provocare dinamiche strane che non portano a un innalzamento del livello dei contenuti.
Eppure il trend sembra essere questo, la personalizzazione totale.
Lo capisco, ma fare di se stessi un brand è cosa che a me non piace. A rendermi gioioso è il fatto che spesso, quando le persone mi incontrano, mi riconoscono come quello di Geopop, non come Andrea Moccia. Per me è una vittoria perché significa che non ho creato me stesso, perché se poi domani schiatti Geopop schiatta. Mentre se Geopop ha una sua vita, significa che questo sopravvive a me. È una cosa che non mi pare in Italia accada spesso. Insomma, vediamo tra 30 anni cosa avremo lasciato.