Andrea Dianetti: “Con la risata provo a placare l’ansia. Scambiato per Damiano dei Maneskin, sono stato un figo per 24 ore”
Andrea Dianetti è un vulcano, lo si percepisce anche a telefono, sebbene lui ci dica di essere "un gran pigro". Attore, presentatore, comico, creator ora è in tour nei teatri d'Italia con il suo spettacolo "Non ci pensare" uno show quanto mai attuale, in cui partendo dalle ansie che attanagliano ognuno di noi, alterna sketch irresistibili e momenti di riflessione che possono aiutare a capire come, spesso, possiamo arginare le nostre preoccupazioni. Dall'inizio della sua carriera nel mondo dello spettacolo ad Amici, passando per le esperienze sul piccolo come Tale e Quale Show e i ruoli sul grande schermo, Andrea ha dimostrato di essere un artista versatile, sottolineando anche spesso questa sua poliedricità non è stata vista di buon occhio, ma lui continua per la sua strada, dimostrando che, invece, il talento quando c'è trova sempre la strada per emergere.
Hai iniziato la tournèe del tuo "Non ci pensare", che poi è quella tipica frase che qualcuno dice per alleggerire un racconto, una confessione. Da dove nasce?
Nasce proprio dall'incontro con quell'amico a cui dici di avere problemi, e lui ti risponde "non ci pensare". Una frase che non sposta niente, non è risolutiva. Anzi, un po' fa anche arrabbiare. Avevo anche fatto un video, pubblicato sui social, nel quale mi buttavo a terra, dicendomi "ma come ho fatto a non pensarci prima, bastava non pensarci". L'idea è partita un po' da lì, poi è diventato un consiglio. La maggior parte delle cose che ci mettono ansia sono nostre proiezioni mentali, e non sempre c'è un pericolo reale.
Secondo quel concetto per cui una risata può anche far riflettere.
La forza della risata, della comicità, della satira è che ironizzando su qualcosa la esorcizza, la depotenzia. Per cui, una cosa che può sembrare insormontabile, poi sbeffeggiandola, prendendola un po' in giro, in maniera scanzonata la rendiamo più piccola o la vediamo com'è realmente.
E tu con l'ansia che rapporto hai?
Quando si parla di me faccio fatica a mettere in pratica i consigli, ma ho provato ad affrontarla, a non lasciarmi soggiogare, scherzandosi un po' su. Sono più bravo a tranquillizzare gli altri che me stesso. Io entro in circoli viziosi miei, personali, quando qualcosa mi agita, che non sono proprio il massimo della vita. Ci sto lavorando, un'altra quarantina d'anni e dovrei farcela.
L'ironia è qualcosa che ti è sempre appartenuta oppure hai imparato a maneggiarla col tempo?
Da bambino, quando stavo a scuola e magari andavamo in punizione, perché avevamo fatto arrabbiare la maestra, mi mettevo davanti la lavagna e cominciavo a fare dei piccoli sketch, facevo battute con i compagni che erano lì come spettatori. È sempre stato un modo per fuggire dalle tristezze, un modo per evadere dalle cose, improvvisare, smorzare le tensioni.
Una sorta di terapia della leggerezza.
Vorrei dirti che sono una persona positiva, anche perché sono molto razionale, ma sono particolarmente tendente al negativo. Non faccio il superuomo, nel senso che scherzo sulla cose perché voglio vedere la vita in maniera positiva. No, fregnacce. Spesso mi rendo conto che le cose sono orrende e ci rimango malissimo, a quel punto ci faccio una battuta, ci scherzo su, ma non significa che in quel momento non stia rosicando.
Sui social, ormai, i tuoi video hanno una certa visibilità, come nascono i contenuti che pubblichi? Ritieni che facciano parte del tuo lavoro?
Ormai è una parte fondamentale del mio lavoro, anche se è nato tutto davvero per gioco, non come quelli che dicono "ho accompagnato un mio amico ad un provino ed è cambiato tutto" anche se in effetti io così sono entrato ad Amici. Però, solitamente mi viene in mente una cosa che mi fa ridere e la faccio, sono un gran pigro. Non faccio come i miei colleghi che programmano i video, perché penso che si perda anche la naturalezza, però certo, per le regole dell'algoritmo hanno ragione loro. Anche se almeno per me, fatti così, i video non funzionano.
Credo che ci sia differenza tra il volere solo i numeri e l'avere un vero pubblico che ti segue.
Esatto, io voglio follower reali, persone attiva che ti apprezzano per quello che sei, non gente che è lì passivamente. Il fanatico, Il follower morboso, che qualsiasi cosa io faccia è meravigliosa non fa per me. Ci sono persone che caricano un video e dopo due minuti hanno già 20mila like, ma quel video non hanno nemmeno avuto modo di vederlo, è impossibile. Sono cose che succedono spesso con i personaggi dei reality, i fan commentano compulsivamente, sperando di sostenere il loro idolo. Poi sono gli stessi che magari se fai qualcosa di diverso dal solito te lo fanno notare, non va bene.
A proposito del Grande Fratello, sei stato anche il conduttore dello spin off, il GF Party. Sei dovuto entrare nelle dinamiche della Casa, che esperienza è stata?
È stata un'esperienza molto divertente, perché avevo un rapporto con il pubblico, scherzavo, con Rebecca Staffelli facevamo dei siparietti carini, anche con Annie Mazzola. Il fatto di andare in diretta per tre ore, una due volte alla settimana, è stato quasi come affrontare una diretta televisiva. In altre dinamiche non ci sono voluto entrare, anche perché appena si faceva una mezza battuta su uno dei concorrenti, arrivavano le follower impazzite e a me non restava che assecondarle.
Quindi sei arrivato ad Amici accompagnando un amico ad un provino. Uno degli ultimi attori, del talent. Che effetto ti fa a pensarci?
Probabilmente avranno pensato "ma chi ce lo fa fare". Tre anni dopo l'hanno tolta, sono l'unico attore che è arrivato in finale. È stata una bellissima esperienza, anche se ero piccolissimo avevo 18 anni, ero proprio un ragazzino e infatti tornando indietro tante cose non le rifarei. Ero un po' troppo energico, diciamo così.
Amici è tuttora un punto di riferimento per i ragazzi che vogliono emergere nel mondo dello spettacolo, non pensi che fossero più complete rispetto ad oggi?
Sono d'accordo, anche se poi guardando a quanto possa servire fuori, per il mondo del lavoro, si può aprire una parentesi meravigliosa. In Italia, se fai due cose diverse, si va in crisi, i matusa che comandano iniziano a non comprendere. Quindi sì, erano senza dubbio edizioni più complete, dove tra l'altro per un attore era impensabile che non cantasse o ballasse, non saresti mai potuto entrare.
Ti è capitato che qualcuno avesse da ridire sul fatto che sapessi fare più cose?
Mi è successo svariate volte che mi chiedessero "ma tu che fai di preciso?" Non ho mai capito perché porsi il problema. Se si supera la questione della popolarità per il pubblico e si conferma che io sappia presentare, ma che ti frega del fatto che io balli o canti?
In questi anni hai avuto l'opportunità di presentare anche alcuni programmi tv, cosa ti piace del ruolo di presentatore?
La possibilità di interfacciarsi con il pubblico, gestire la diretta, poter intrattenere gli spettatori, scherzare con loro. A me piace molto il ruolo del presentatore intrattenitore, quindi non solo lui che annuncia quello che succede e che sta per accadere. Mi piace, invece, il ruolo del presentatore che contribuisce a creare lo show.
A proposito di programmi in cui hai mostrato i tuoi talenti, c'è stato Tale e Quale Show. Ma ci racconti com'è che hanno pensato fossi davvero Damiano dei Maneskin?
È stato molto bello essere un figo per 24 ore. È stata un'esperienza indimenticabile, nata da un'intuizione di Ivana Sabatini, una delle autrici di Tale e Quale Show, mi disse "tu dovresti fare Damiano dei Maneskin". La canzone era tutta inglese, la prima puntata, le dissi "non so che vi siete presi stamattina, ma io ho paura", anche perché poi è un pezzetto tutto rap, di una difficoltà allucinante. Volevo morire, poi mi sono fidato ed è andata molto bene, tanto che in Russia erano convinti fossi io. Però, sai com'è non vorrei disturbare Putin in questo periodo, perché scomodarlo. Peccato che anche a Tale e Quale sono arrivato secondo, sono il Toto Cotugno dei talent.
Al momento teatro e tv, c'è altro che dobbiamo aspettarci?
Ci sono un po' di cose in ballo devo dire, alcune già fatte, altre devono partire. Insomma, ci rivedremo.