Alessia Gazzola, autrice di Costanza: “Racconto donne simili a secoli di distanza. Pubblicare L’Allieva, la mia scelta intrepida”

La penna di Alessia Gazzola è di quelle che si riconoscono all'istante, basta leggere le parole messe in fila le une dietro le altre per adeguarsi al ritmo sostenuto dei suoi racconti: brillanti, leggeri e anche romantici, senza essere stucchevoli. Dai tempi de L'Allieva, passando per Non è la fine del mondo, arrivando a Questione di Costanza e Miss Bee, la scrittrice messinese trapiantata a Verona, è riuscita a raccontare con leggerezza e arguzia mondi sfaccettati, intriganti, misteriosi in cui sono le emozioni a primeggiare, ma dove l'elemento crime esalta le sue storie rendendole ancora più godibili e, soprattutto, fa venir voglia di arrivare d'un fiato all'ultima pagina del libro.
Da domenica 30 marzo su Rai1 arriva Costanza, la trasposizione televisiva del primo libro dedicato alla paleopatologa Costanza Macallè, interpretata da Miriam Dalmazio, che terrà compagnia al pubblico per quattro prime serate. Ma, cos'è la paleopatologia? È una disciplina che ha come oggetto di studio le malattie dell'antichità, scovate attraverso l'analisi dei resti ossei. E già questo è un aspetto che rende questa storia diversa dalle altre. Di come ci si abitua all'idea che una propria opera possa essere rimaneggiata e diventare altro da sé, toccando scelte intrepide e scritture cinematografiche, chiudendo con una "missione per l'intrattenimento", Gazzola si racconta con estrema e meravigliosa sincerità.
Alessia, un periodo particolarmente intenso.
È un periodo pazzesco, di marzo così se ne vivono pochi nella vita. Ho vari fronti aperti, c'è stata l'uscita del terzo libro di Miss Bee, che conclude una maratona di uscite partita da novembre, come succedeva con i romanzi dell'800. Un mio amico libraio mi ha detto "Come faceva Balzac" (ride ndr.). Ho Costanza in arrivo, il set aperto di un altro film tratto da Non è la fine del mondo. Un marzo da leoni, in cui sono felice ma anche terrorizzata.
Come vive la scrittrice del romanzo la messa in onda della serie tv che, di fatto, è un prodotto diverso dall'originale?
Avevo letto le sceneggiature prima ancora che si andasse sul set, conosco perfettamente le differenze che ci sono, perché è vero che diventa un prodotto a sé stante, e questo bisogna accettarlo nel momento in cui si sceglie di cedere i diritti. Avendo avuto già questo tipo di esperienza con L'Allieva, ora con Costanza e Non è la fine del mondo, mi sono resa conto che è importante che venga preservata l'atmosfera e il DNA della serie.
Cos'è che salta di più all'occhio mettendo distanza tra il libro e la fiction?
Le dinamiche e le differenze tra i personaggi sono comprensibili, si tratta di due mezzi diversi. Come romanziera dispongo di strumenti differenti rispetto a quelli di una serie TV, basata sulle immagini, sul ritmo. Con un romanzo posso dar voce ai pensieri dei personaggi, descrivere anche gli odori. Una serie vive di altro, ma poi succede che quelle che si percepiscono come differenze tra libro e serie, lo siano in realtà solo all'apparenza, sempre che non si intacchino i sentimenti fondamentali.
Hai detto di aver letto le sceneggiature, ma non hai partecipato attivamente alla scrittura. È stata una tua scelta?
Penso sia più sano così. Bisogna lasciarsi andare con fiducia, perché ci si affida a dei professionisti. Lavorare su una serie TV è molto impegnativo, l'avevo fatto ai tempi dell'Allieva 1, in parte anche con l'Allieva 2, poi mi sono resa conto che erano due lavori diversi. Sapendo ci fossero delle maestranze che potevano prendersi cura dei miei personaggi, dei miei mondi, ho seguito la mia vocazione di scrittrice. Faccio sempre un passo indietro quando si tratta di di scrittura, poi, do sempre consigli che non essendo intrusivi e petulanti, di solito vengono accolti (ride ndr.)
La fiducia, questa sconosciuta.
La fiducia bisogna guadagnarsela. Parlando delle mie esperienze, le persone in campo se l'erano guadagnata, ma non è scontato, nella vita esiste anche la fortuna e spesso è una questione di incontri. E io sono stata fortunata. Ho sempre pensato che non fosse la serie ad essere al mio servizio, ma il contrario, tanto con l'Allieva, quanto con Costanza, sono io ad essere al loro servizio. Per me è un'opportunità grandissima il passaggio in televisione, entrare nella case e nei cuori di tante persone. Poi, c'è un altro fattore.
Quale sarebbe?
Lo scrittore è abituato a lavorare completamente da solo. Scrive il suo libro, poi lo consegna alla casa editrice, lì c'è l'editor che può dare consigli che servono per migliorare il testo, ma l'autonomia creativa è al 100% dello scrittore. Un lavoro su una serie TV è un lavoro si squadra, e non sempre uno scrittore ci è abituato.
Elemento attrattivo del romanzo, e anche della serie, è la doppia linea temporale. È funzionale per risolvere il giallo, ma anche per Costanza che trova nella principessa una sorta di alter ego. Perché far rispecchiare anche le storie delle due protagoniste?
Quando si tratta di un'indagine così remota nel tempo, filtrata da resti ossei, raccontare due storie parallele credo sia l'unico modo per la connessione dei protagonisti. Anche alla base del lavoro di uno scienziato deve esserci un racconto, un processo, che nel caso di Costanza si tramuta in un'empatia molto forte. Conoscendo i veri paleopatologi, che non sono tanti in Italia, ho compreso che c'è sempre il desiderio di voler portare in superficie una storia sconosciuta. Poi, è ovvio, nei romanzi e in Tv devono accadere cose straordinarie, magari la routine scientifica non è così travolgente, sono escamotage narrativi. Però, immaginare che ci sia un gemellaggio tra la figlia di Federico II di Svevia e Costanza, due ragazze dai capelli rossi, che si spostano dal luogo in sui sono nate verso Verona, mi sono detta "ci sta proprio tutto".

Sia in Costanza che ne L'Allieva hai portato un po' dei tuoi trascorsi nell'ambito della medicina. È un modo per vivere quella parte di vita che, di fatto, non hai vissuto?
Sicuramente. Anche se in realtà mi sono immatricolata nel 2000 e tra laurea e specializzazione, ho studiato fino al 2017, quindi parliamo di 17 anni della mia vita, che determinano anche un imprinting, fanno parte di me a livello di metodo, di sguardo. Rappresentano una mia specificità, l'aver portato l'aspetto medico-scientifico all'interno del genere giallo, poi connotato dalla commedia sentimentale, è una cosa che mi appartiene nell'ambito della narrativa italiana.
Se per le tue protagoniste femminili c'è sempre un rimando a te stessa, gli uomini che le circondano come nascono?
Mi hanno sempre chiesto se le mie protagoniste femminili fossero dei miei alter ego, ma tante volte mi sono detta che, forse, i miei veri alter ego sono più i personaggi maschili, visto la facilità con cui li genero e mi diverto a farli parlare. Credo sia molto divertente mettersi nei panni degli uomini. Non c'è un'ispirazione da una persona realmente esistente, ma faccio appello al lato più mascolino che ho anche io dentro di me.
Miriam Dalmazio in conferenza stampa ha detto di essersi subito rivolta a te per ricevere dei consigli per interpretare Costanza. Cosa le hai consigliato?
Le ho sempre detto che aveva tutte le carte in regola per essere Costanza, doveva essere se stessa e divertirsi. Costanza è coraggiosa, intrepida, spericolata. Anche la scelta della paleopatologia come branca della medicina è piuttosto singolare, poi decide di portare avanti una gravidanza da un'avventura che nel romanzo dura un paio di giorni, con un ragazzo di cui lei non conosce nemmeno il cognome. È una donna intraprendente, che mette in conto di dover pagare un prezzo per tutto ciò che fa. Ci sono molte affinità tra Miriam e il personaggio, e poi davvero meritava un ruolo da protagonista.

La tua scelta intrepida è stata quella di iniziare una carriera da scrittrice?
Assolutamente, al 100%. L'ho fatto perché avevo l'incoscienza dell'età, scrivevo da sempre, ma ho provato a pubblicare solo con l'Allieva e avevo meno di 30 anni. Mi sono messa a cercare un'agente letterario, fare tutti i passi per essere pubblicata, lo desideravo fortemente. Non avevo idea a cosa sarei andata incontro.
In molti definiscono la tua scrittura cinematografica, per quali caratteristiche secondo te?
Credo per il ritmo e per il fatto che utilizzo tantissimo i dialoghi, quello ti dà la sensazione di assistere a una scena. Vedi parlare i personaggi, molto fittamente, in ogni capitolo c'è la descrizione dei luoghi in cui si trovano e poi i dialoghi, la base perfetta per una sceneggiatura.
Alessia, che lettrice sei?
Totalmente onnivora e molto orgogliosa di esserlo. Sui miei scaffali coesistono serenamente i grandi classici, insieme ai romantasy che vanno tanto di moda adesso, come Fourth Wing, che è stata la mia ossessione per un po'. Non chiedo altro a un libro che coinvolgermi, qualunque cosa esso sia se è capace di coinvolgermi allora va bene.
Quali sono le storie che ti piace raccontare o i messaggi che speri di trasmettere attraverso ciò che scrivi?
La mia missione è l'intrattenimento, all'interno di un'opera, poi, siamo noi lettori a trarre qualcosa che ci risuona, che ci rispecchia, non sempre è nelle intenzioni dell'autore. Non mi metto al computer con lo scopo di veicolare necessariamente un messaggio. Il mio scopo, che per altro considero estremamente nobile, è intrattenere, consentire alle persone di avere un tempo in cui evadere totalmente dalla realtà.
"Questione di Costanza" è il primo di tre libri, è presto per dirlo, ma quindi materiale per delle prossime stagioni ci sarebbe.
Sono troppo scaramantica anche solo per pensarlo, nonostante l'adeguatissima premessa (ride ndr.) Non ci penso fino a quando non ho un'idea chiara di come sono andate effettivamente le cose, di come viene accolta.
Tornando al punto di partenza, mi ha incuriosita la "maratona" di romanzi su Miss Bee. Quel materiale letterario è stato alimentato scrivendo, oppure sono sprazzi di idee maturate in più tempo?
Quando ho iniziato a scrivere il primo libro, avevo già chiaro il finale del terzo, era l'unico modo, altrimenti non sarebbe stato possibile. Nei tre libri non ho fatto altro che prendere per mano i personaggi, portarli fino al finale. Sono rimasta sorpresa per la facilità e la celerità con cui ho scritto questi romanzi, sono abbastanza prolifica come scrittrice, ma mai fino a questo punto. I libri di Costanza, ad esempio, avevano una gestazione lunghissima, una necessità di studio che mi assorbiva giornate intere e infatti pubblicavo solo una volta l'anno.
Come si coltiva una creatività così prorompente?
Una tale facilità di scrittura la spiego solamente col fatto che c'è stato un divertimento fortissimo, mi sono lasciata andare, senza pormi ansia da prestazione.