Alessandra, moglie di Maurizio Battista, dopo l’embolia polmonare: “Mi hanno augurato di morire”
Con un post pubblicato su Instagram il 10 gennaio scorso, Alessandra Moretti, moglie del comico Maurizio Battista, aveva raccontato di essere stata ricoverata a causa di un’embolia polmonare. Appena 36enne, la donna si è ritrovata a far fronte per la prima volta a un serio problema di salute a causa del quale dovrà affrontare un lungo percorso di cure. Nemmeno questo ha impedito a chi utilizza i social come una zona franca di prenderla di mira, approfittando del fatto che avesse reso nota la vicenda per bersagliarla. Moretti denuncia in un’intervista a Fanpage.it quanto accaduto in quei giorni difficili quando, impegnata a recuperare le forze dopo il malore e il ricovero, si è ritrovata improvvisamente bersaglio di un odio social senza apparenti ragioni.
Sei stata ricoverata per un’embolia polmonare a inizio anno. Come stai adesso?
Sono ancora frastornata. Non ce lo aspettavamo.
Che cosa è accaduto?
A Capodanno avevo avvertito un forte malessere, una fame d’aria molto forte seguita da un dolore alla costola. Ma essendo ipocondriaca, avevo pensato a un po’ di ansia. Non volevo far preoccupare Maurizio (il comico Maurizio Battista, marito di Alessandra, ndr) che si trovava sul palco. Col senno di poi, ma solo dopo ho ricollegato tutto, ho compreso che proprio quel giorno era partito il trombo che ha provocato l’embolia polmonare dalla quale sono stata colpita.
Cosa ha reso necessario il ricovero?
Avevo collegato quel malessere avvertito a Capodanno a un’influenza. Mi girava la testa, mi veniva da vomitare ma soprattutto avvertivo una forte stanchezza. Una stanchezza non naturale. Il 2 gennaio, dopo essermi assicurata di non avere febbre o Covid, parto per Riccione insieme a mia figlia e alla tata ma continuo a stare male. Cado in una specie di sonno profondo dal quale la tata mi racconta di avere avuto difficoltà a svegliarmi. Tornata da Riccione, chiedo a Maurizio – che era stato ricoverato a Villa Mafalda per la pancreatite e le ulcere – di chiamare la sua gastroenterologa, la dottoressa Simonetta Montano, perché ero convinta di avere qualcosa allo stomaco. Il giorno successivo, dopo avermi vista, mi ricovera per farmi una tac con contrasto allo stomaco e si allarga al torace. È stata un angelo. Dopo qualche ora, la vedo arrivare insieme ad altri medici e insieme mi dicono di avere trovato un’embolia polmonare. Siamo riusciti a ricollegare tutti i sintomi che avevo avvertito in precedenza e a capire che era cominciata al massimo dieci giorni prima, proprio quando ero stata male. Questo trombo mi si è infilato in un’arteria. Adesso stanno cercando di comprenderne le cause: se genetiche o se invece si è trattato di un’embolia incidentale. I medici mi hanno detto di considerarmi fortunata: non solo per essere viva, ma perché l’embolo si è fermato nell’arteria del polmone. Se fosse arrivato al cervello, ci sarebbero state conseguenze più gravi.
Qual è il percorso clinico che ti è stato consigliato?
Adesso sono in cura al Sant’Eugenio con il primario della cardiologia, Achille Gaspardone. Ho cominciato una terapia che il mio corpo non tollera e che siamo stati costretti a cambiare. L’obiettivo primario è sciogliere questo trombo perché ossigeno poco, sono sempre fiacca e ho l’emoglobina molto bassa. Alla lunga terapia dovrà accompagnarsi un periodo di riposo assoluto e poi stiamo cercando di capire se esistano ragioni genetiche che spieghino l’accaduto. La mia arteria per metà è ancora occlusa, non riesco nemmeno a lavarmi i capelli da sola senza avere il fiatone. A 36 anni, vissuti senza alcun problema di salute, è difficile da accettare. Certo, sto reagendo. Ho perso un fratello di 32 anni a causa di un incidente. Ho reagito a quello, come posso non reagire a questo?
Venivi da un buon periodo: con Maurizio Battista vi eravate appena riconciliati e sposati.
E certo, non la fai arrivare la jettatura? Con lui ci scherziamo sopra ma è vero: la giovane di casa sono io. Maurizio non l’ha presa molto bene ma col suo spirito mi ha detto “Oh, lasciami le password della banca perché se muori…”. Sarebbe stato il colmo: vedovo lui. Il primo caso al mondo di un marito vedovo di una moglie più giovane di 30 anni. Uno scandalo (ride, ndr). L’abbiamo presa a ridere.
Condividete la vena comica in famiglia.
Mi sono allineata. Poi lavoro un po’ con lui, gli scrivo le battute. Gli ho suggerito di pubblicare un manuale: “Come sposare una donna più giovane e restare vedovo”. Il mio pensiero fisso era mia figlia che ha 7 anni e qualcosa l’ha capita, anche se abbiamo cercato di tutelarla il più possibile. Adesso, poverina, fa il possibile per non farmi affaticare.
Il post con il quale raccontavi quanto ti è accaduto ha ottenuto enorme partecipazione. Te lo aspettavi?
Tantissimi mi hanno scritto per raccontarmi un’esperienza analoga. Purtroppo, ho ricevuto messaggi anche da genitori di persone che non ci sono più. Ma la cosa che mi ha colpito sono stati i messaggi degli hater. Non si sono fermati nemmeno di fronte a una situazione di questo tipo. C’è chi mi ha scritto: “Occhio che la prossima volta muori”. Oppure: “Sai che queste cose hanno una recidiva?”. Qualcun altro mi ha chiamato “burina arricchita”. Mi sono resa conto che insultano tutti, perfino quelli che vivono situazioni più difficili e pericolose della mia. Ma non gliela faccio passare liscia: schreenshotto e pubblico tutto, nomi compresi. Io ho imparato a farmi scivolare addosso certe cose ma ci sono persone più fragili che vanno tutelate. Questi atteggiamenti fanno schifo. Vanno condannati.