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Vacanze di Natale 40 anni dopo, Vanzina: “Non era un cinepanettone, i nostri film erano altra cosa”

Intervista a Enrico Vanzina, sceneggiatore di Vacanze di Natale ’83, che racconta a Fanpage l’avventura di quel film diretto dal fratello, scomparso pochi anni fa: “La sensazione che ho è che Carlo non sia morto”. Tanti i momenti memorabili di quel film: “Il dialogo migliore? Quello di De Sica trovato dai genitori a letto con il maestro di sci, una battuta 40 anni avanti”.
A cura di Andrea Parrella
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Il 1983 fu uno spartiacque per la commedia italiana. Questo effetto prima/dopo porta la firma dei fratelli Vanzina, che in quello stesso anno mettono a segno due colpi come Sapore di Mare e, in particolare, Vacanze di Natale '83, che proprio in queste settimane celebra i suoi 40 anni. Un film che ha generato una sorta di mitologia, grazie a una serie di battute memorabili, ancora oggi citate dagli appassionati del genere, e un cast riuscitissimo con Jerry Calà, Christian De Sica, Claudio Amendola, Karina Huff, Mario Brega e tanti altri. Ne nacque un genere, quello dei cinepanettoni, per la verità preso in prestito da altri visto che, come Enrico Vanzina racconta in questa intervista, lui e suo fratello di film natalizi ne hanno realizzati solo due, mentre quel filone si è poi trasformato nel tormentone (forse il tormento) d'Italia per molti anni.

Vanzina, retorica a parte, che effetto le fa questo anniversario?

Per me vale soprattutto per un motivo: i film talvolta, misteriosamente e non so perché, attraversano i decenni. Quest'anno due dei nostri film fatti nel 1983, Sapore di Sale e Vacanze di Natale si impongono come ancora attuali, passano in prima serata o addirittura tornano al cinema. La sensazione che ho, al di là di tutto, è che mio fratello Carlo non sia morto.

Il film è accompagnato ormai da una mitologia. La celebrazione e l'autocelebrazione la appassionano?

Sono cose che detesto, faccio un tipo di lavoro che è soggetto al giudizio del pubblico e della critica, sei celebrato o meno dal giudizio altrui, il tuo conta fino a un certo punto. Probabilmente dei film che ho fatto mi piacciono quelli che sono andati meno bene, come spesso accade nelle famiglie numerose, con i genitori che tendono a tutelare i più fragili e questo non significano che non vogliano bene a tutti.

Febbre da Cavallo, Sapore di Mare, Vacanze di Natale. Tra i tantissimi film che ha scritto questi sembrano i titoli più significativi. Ha una sua graduatoria?

Hanno significati diversi. Febbre da Cavallo è stato per me la consacrazione del lavoro che avrei fatto nel corso della mia vita, fu mio padre a dirmelo (il regista Steno, ndr) ed ha un valore professionale e sentimentale molto forte anche perché lavorai a quel film con lui. Sapore di Mare mi piace perché abbiamo fatto un film sincero, su cui chi lo finanziava era perplesso, invece noi abbiamo fatto una cosa molto personale, capimmo che per rilanciare la commedia in Italia dovevamo metterci molto sentimento. È stata una chiave, talvolta disattesa, ma spesso praticata da Carlo e me. Insomma, un film che ci ha fatto capire molte cose.

E Vacanze di Natale?

Quello ci fece comprendere che stava davvero nascendo una commedia nuova, dopo un decennio di commedie surreali come quelle di Celentano e di Pozzetto, i film di Castellano e Pipolo che erano molto diversi dai nostri. Ritornammo a fare commedia neorealista, che guardava alla realtà e che ci aprì una strada enorme in seguito.

Era un film con battute memorabili. Quella su Cerezo e cosa avrebbe fatto a Capodanno resta memorabile.

Dei miei amici che lo conoscono mi dicono che lui tutti gli anni riceve un sacco di telefonate in cui gli chiedono cosa faccia a capodanno, non ne può più. Siccome il cinema è fatto anche di gusti personali e cose che stanno nella vita, il calcio è presentissimo nei discorsi quotidiani. Inserire il calcio parlato nei dialoghi della vita mi sembrava una cosa molto interessante, tant'è vero che l'anno dopo facendo Vacanze in America abbiamo ricreato una Juventus-Roma in mezzo al deserto. Era un tentativo che poi ha portato anche a Eccezionale Veramente. Insomma il calcio è molto presente nelle nostre esistenze e, al netto delle critiche, raccontare il paese senza il calcio sarebbe stato limitativo.

Lei e suo fratello siete considerati fautori di un genere, il cinepanettone, pur avendo fatto solo due film di Natale. Le sta sulle scatole?

I nostri non erano cinepanettoni, ma sono i rischi di quando crei un filone. Fino a un certo punto il film di Natale era buffo, allegro, spensierato, però dava uno sguardo sul Paese, all'interno della trama c'erano personaggi sociologicamente esemplari. A un certo punto ha preso una strada diversa, una farsa all'interno di alberghi e luoghi esotici che non aveva più quella volontà di guardare al paese. Erano circostanze farsesche in cui la situazione comica prevaleva sull'aspetto sociologico.

Se le dico che ieri, guardando Lost, ho pensato a Selvaggi, secondo lei esagero?

Beh se vogliamo, preso con le pinze, in chiave di commedia Selvaggi era un po' precursore di Lost. Quel film fu un'ottima intuizione. Non dico che l'ispirazione sia diretta, per carità, ma ogni tanto ci sono dei soggetti così forti da anticipare quello che accadrà.

Farete una celebrazione a Cortina, da teorico della nostalgia vivrà questo evento con gioia o con uno sguardo amaro?

Io non mi ritengo un teorico della nostalgia, penso però che la nostalgia è canaglia come quella famosa canzone, una cosa quasi ricattatoria. Noi abbiamo fatto sempre film sul presente, anche Sapore di Mare che era sul passato si chiudeva con uno sguardo sul presente, che è la parte migliore del film. Senza saperlo, i nostri film più che raccontare il presente, aveva dentro misteriosamente qualcosa che prometteva di generare un effetto nostalgia negli anni a vanire e così è andata. La nostalgia non era mai l'intenzione iniziale, ma se la narrazione è forte si porta dietro un effetto nostalgia che non può essere previsto.

Molti seguaci del vostro filone oggi sono nostalgici di quei tempi.

Chi lo avrebbe detto nell'83 che i ragazzi di oggi si sarebbero rifugiati negli anni Ottanta perché è il periodo scelto come riferimenti di musica, vita, gadget e moda. Questo era del tutto imprevedibile.

L'intuizione più grossa che si riconosce di quella sceneggiatura?

Il dialogo di Christian De Sica quando viene trovato dai genitori a letto con il maestro di sci.

Per il personaggio di De Sica omosessuale e moderno erano la stessa cosa.

Scritta nell'83 quella battuta faceva impressione. Il sentimento al tempo era in gran parte quel "moderno un par de palle" dei genitori, mentre lui ha un atteggiamento 40 anni avanti e aggiungo che io ho pochi ricordo di un cinema di commedia degli ultimi anni che affronti una questione così centrale in questo momento con una scena così. Io penso sia la cosa migliore del film secondo me.

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