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Renzo Arbore a 40 anni da FF.SS.: “Fellini non la prese bene, tornammo amici solo dopo molto tempo”

Arbore ricorda il suo secondo e ultimo film da regista a 40 anni dall’uscita, una parodia sul mondo dello spettacolo con strampalati riferimenti a Fellini, che non ne fu contento. Il 15 agosto il film andrà in onda su Rai3, in prima serata.
A cura di Andrea Parrella
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Renzo Arbore ha reso memorabile la sua televisione, ma negli anni di maggiore successo e riscontro di pubblico ha sperimentato diversi linguaggi artistici, tra cui quello del cinema. Sono trascorsi 40 anni dall'uscita di FF.SS. (titolo completo "Cioè: che mi hai portato a fare a Posillipo se non mi vuoi bene"), che andrà in onda su Rai3 il 15 agosto, esattamente nel giorno dell'anniversario dell'uscita. Si tratta del secondo film da regista di Arbore, che ha ricordato in un'intervista al Corriere, parlando di uno dei protagonisti, l'amico Gigi Proietti:

Il grande ricordo che ho di questo film è Gigi Proietti che recita in un irresistibile grammellot meridionale completamente senza senso. Se guardo la scena, mi scappa ancora da ridere. E poi Benigni, giovanissimo. Facemmo questa scena in cui cantava la canzone “Il Pillolo” a Sanremo e veniva freddato in stile western dalla protagonista, Pietra Montecorvino. Fu una delle tante parodie dei generi. Perché questo è un “film del film”. Una storia strampalata, con me in doppia veste di regista e attore. Ma dopo chiusi con il cinema. Preferii tornare alla musica e alla tv.

Quella di FF.SS. era la seconda esperienza dietro la macchina da presa per Arbore, che aveva esordito con il Pap'occhio. Tra i due film c'è una continuità, visto che il film si apre con Arbore e De Crescenzo che ammettono di essere senza idee dopo il primo film. Si rende "necessario" un miracolo di San Gennaro e così ai due, che hanno concepito la trama, piovono improvvisamente addosso dei fogli con la sceneggiatura del nuovo film di Fellini. Questa trama, in realtà inventata, diventa un pretesto per gag, personaggi e numeri comici vari, con protagonisti, nel ruolo di se stessi, volti come Costanzo, Carrà e Baudo. Arbore ricorda: "Non ci fu bisogno di fare casting. Benigni e tutti gli altri accettarono subito. Fu una grande ammucchiata di amici".

Non andò bene con Fellini, invece: "La visione privata con lui fu molto dolorosa per me. Rimase sconcertato, turbato: si aspettava un film osannante e invece era strampalato. Quando gli passò, dopo un mese tornammo di nuovo amici. Fu un’opera giovanile, ma in cui ebbi il coraggio di scherzare perfino sulla volgarità, che è una cosa che ho cercato sempre di evitare nella mia carriera". 

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