video suggerito
video suggerito
Opinioni

Perché The Brutalist insegna che l’intelligenza artificiale può essere un’alleata per il cinema

A che punto siamo sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel cinema? A quello segnato dal film The Brutalist, con l’uso di Respeecher per rendere i dialoghi in ungherese di Adrien Brody e Felicity Jones più realistici, e la strenue difesa del regista Brady Corbet, convinto che l’AI possa essere uno strumento “per creare quei piccoli dettagli che non avevamo né il budget né il tempo per girare”. Fra luddisti e super entusiasti, analizziamo dubbi e convinzioni al centro del dibattito.
A cura di Andrea Bedeschi
5 CONDIVISIONI
Immagine

È abbastanza scontato dire che il tema dell'intelligenza artificiale e dell'impatto che questa tecnologia avrà – e sta già avendo – nella nostra quotidianità sia già bello caldo. E la sua temperatura è destinata ad aumentare drasticamente perché ci troviamo in un far west in cui gli impatti “civili” dell'IA non sono ancora né chiari né regolamentati con criterio ed è facile volare con la fantasia verso scenari fanta-apocalittici riflettendo su quello che potrebbe avvenire (e si sta già sicuramente verificando) a livello militare. E proprio in questi giorni c'è un lungometraggio che sta facendo discutere molto perché, in alcuni passaggi, i suoi realizzatori si sono affidati all'IA. Parliamo del film The Brutalist.

Foschi scenari futuri e futuribili a parte, il mondo dello spettacolo deve fare i conti con questo nuovo strumento. Gli scioperi degli sceneggiatori e degli attori che hanno paralizzato Hollywood nel secondo semestre del 2023 avevano a che fare anche con la necessità di settare dei parametri sull'impiego dei vari strumenti d'Intelligenza Artificiale nelle produzioni cinetelevisive.

The Brutalist agli Oscar 2025: i premi vinti finora

The Brutalist è uno dei “sorvegliati speciali” in vista degli Oscar. Ma cos'è questo The Brutalist e perché sta facendo discutere così tanto? Si tratta di un lungometraggio diretto da Brady Corbet (Vox Lux) da lui anche scritto a quattro mani con la moglie, la regista e sceneggiatrice norvegese Mona Fastvold.

Con una durata monstre di ben 215 minuti, racconta la storia fittizia di László Tóth (Adrien Brody), ebreo ungherese che, di professione, fa l'architetto ed appartiene al movimento Bauhaus di Walter Gropius. Dopo essere scampato al campo di concentramento di Buchenwald, emigra negli Stati Uniti dove comincia a dare libero sfogo al suo nuovo estro brutalista. Comincia a farsi notare in giro tanto che il multimiliardario Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce) lo assolda per un progetto architettonico di notevole entità.

In quella che, convenzionalmente, viene chiamata la “stagione dei premi”, ovvero quei mesi che da dicembre ci accompagnano fino agli Oscar attraverso tutta una serie d'importanti cerimonie con premi di settore, The Brutalist sì è già fatto notare. E lo ha fatto fin dallo scorso Festival di Venezia che onorato Brady Corbet con il Leone d'Argento per la Miglior regia. Più di recente sono arrivati i tre Golden Globe, quello per il Miglior film drammatico, per la Miglior regia e ad Adrien Brody Miglior attore in un film drammatico.

Brady Corbet, Adrien Brody e il cast di The Brutalist ai Golden Globes
Brady Corbet, Adrien Brody e il cast di The Brutalist ai Golden Globes

Poi, appunto, ci sono tutti quei riconoscimenti di categoria – dagli Independent Spirit Awards, gli “Oscar” del cinema indipendente, ai Critics' Choice Movie Awards attribuiti dalla BFCA, l'organizzazione dei critici americani e canadesi, passando per quelli dei sindacati dei registi e degli sceneggiatori, che, normalmente, possono avere un ruolo determinante nel far sì che una pellicola abbia delle possibilità concrete alla Notte degli Oscar.

Purtroppo però, come vi abbiamo già raccontato, l'area di Los Angeles è interessata da un paio di settimane, da devastanti incendi che stanno rallentando le varie attività della macchina hollywoodiana. Le date di queste cerimonie sono state rimandate, così come quella, slittata al 23 gennaio, in cui l'Academy rivelerà i film materialmente in corsa agli Oscar.

Incidenti di percorso a parte, The Brutalist, nei cinema in Italia a partire dal 6 febbraio con Universal Pictures, è, a meno di sorprese che potremo eventualmente scoprire fra un paio di giorni, uno dei titoli più attenzionati della Notte delle Stelle in calendario il prossimo 2 marzo.

Dove e perché è stata impiegata l'IA in The Brutalist

È stato il montatore del lungometraggio, l'ungherese Dávid Jancsó, a rivelare durante un'intervista con il magazine di tecnologia Red Shark News che per The Brutalist è stato necessario adoperare l'intelligenza artificiale in alcuni passaggi. Nel dettaglio, Jancsó spiega che i dialoghi in ungherese di Adrien Brody e Felicity Jones sono stati resi più realistici grazie agli strumenti di intelligenza artificiale forniti dalla compagnia ucraina Respeecher. Una decisione che è stata dettata dalla difficoltà che dei madrelingua anglosassoni possono avere con le inflessioni della lingua ungherese. Parlando del lavoro fatto da Adrien Brody e Felicity Jones, Jancsó dice che “Hanno fatto un lavoro straordinario” ma l'intenzione era quella di “perfezionarlo a tal punto che nemmeno i madrelingua potessero notare differenze”.

Prima di “cedere” ai richiami dell'IA si è cercato di limare i passaggi più complessi con delle sessioni di doppiaggio aggiuntive curate dagli stessi Brody e Jones o sostituendoli, vocalmente, con altri attori. Nulla si avvicinava al risultato ricercato dai filmmaker. Ed eccoci arrivare a Respeecher.

Siamo stati molto attenti a preservare le loro interpretazioni” puntualizza il montatore, che aggiunge “Si tratta principalmente di sostituire lettere qua e là. Puoi fare queste cose da solo con ProTools, ma avevamo così tanti dialoghi in ungherese che dovevamo davvero velocizzare il processo, altrimenti saremmo ancora in fase di post-produzione”. Per arrivare al corretto equilibrio di pronuncia e inflessione, Dávid Jancsó ha inserito alcune registrazioni della sua stessa voce nei sistemi di intelligenza artificiale.

Le accuse: non sono Adrien Brody e Felicity Jones a recitare, ma l'IA

Come recita l'adagio, spesso e volentieri erroneamente attribuito a Giulio Andreotti, “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”. Non è da escludere che le polemiche nate attorno all'impiego dell'IA in The Brutalist siano anche mirate a sabotare il suo percorso nella stagione dei premi. Chissà. Fatto sta che questa pubblica reprimenda secondo cui non sarebbero Adrien Brody e Felicity Jones a recitare, bensì un software, viene rispedita al mittente da Brady Corbet.

Immagine

Il regista ha affidato alle pagine dell'Hollywood Reporter una dichiarazione ufficiale in cui possiamo leggere che “Le interpretazioni di Adrien e Felicity sono in tutto e per tutto appartenenti a loro. Hanno lavorato per mesi con la coach di dizione Tanera Marshall per perfezionare i loro accenti. La tecnologia innovativa di Respeecher è stata usata solo nella fase di montaggio del dialogo in lingua ungherese, specificamente per affinare alcune vocali e lettere per una maggiore precisione. Nessun dialogo in inglese è stato modificato. È stato un processo manuale, realizzato dal nostro team audio e da Respeecher in post-produzione. L’obiettivo era preservare l’autenticità delle performance di Adrien e Felicity in un’altra lingua, non sostituirle o alterarle, e il tutto è stato fatto con il massimo rispetto per il mestiere”.

D'altronde, quando si ha a che fare con tematiche come queste in cui fra “apocalittici e integrati” è difficile stabilire una razionale via di mezzo, era prevedibile che sarebbe scoppiata la bagarre mediatica. Francamente le considerazioni fatte da Jancsó durante l'intervista che abbiamo già citato, più che portare acqua al proprio mulino, sono una normalissima attestazione di un concetto sacrosanto: l'Intelligenza Artificiale può e deve essere uno strumento utile al miglioramento di un processo, non il sostituto della componente umana e artistica. Secondo lui “Dovremmo avere una discussione molto aperta sugli strumenti che l’IA può metterci a disposizione. Non c’è nulla nel film realizzato con l’IA che non sia già stato fatto in passato. Semplicemente rende il processo molto più veloce. Usiamo l’IA per creare quei piccoli dettagli che non avevamo né il budget né il tempo per girare”.

L'opinione di Paul Schrader: ChatGPT è meglio di tanti sceneggiatori

In mezzo a tutto questo bailamme si è inserito, come al solito a gamba non tesa, tesissima, Paul Schrader, lo sceneggiatore di leggendari capolavori scorsesiani come Taxi Driver e L'ultima tentazione di Cristo nonché regista di cult come American Gigolò e Il bacio della pantera.

I cinefili sanno bene che seguire Schrader su Facebook significa ritrovarsi a leggere, spesso e volentieri, brevi e schiette recensioni magari decisamente contrarie a quello che è il comune sentore su una data pellicola. Ebbene, nell'ultimo periodo, Schrader ha toccato in più di un'occasione il tema dell'IA con post in cui ha esternato pensieri come: “IA. Ho appena realizzato che l'intelligenza artificiale è più intelligente di me. Ha idee migliori e metodi più efficienti per realizzarle. Questo è un momento esistenziale simile a quello che Kasparov ha vissuto nel 1997 quando ha capito che Deep Blue lo avrebbe battuto a scacchi”.

Paul Schrader
Paul Schrader

Oppure: “IA. Ho appena inviato a ChatGPT una sceneggiatura che avevo scritto anni fa e ho chiesto miglioramenti. In cinque secondi mi ha risposto con osservazioni buone quanto, se non migliori, rispetto a quelle che abbia mai ricevuto da un qualche dirigente di studio cinematografico”.

La migliore è questa che state per leggere, l'ultima in ordine di tempo: “Sono sbalordito! Ho appena chiesto a ChatGPT ‘un'idea per un film di Paul Schrader’. Poi per uno di Paul Thomas Anderson. Poi di Quentin Tarantino. Poi di Harmony Korine. Poi d'Ingmar Bergman. Poi di Rossellini. Di Lang, Scorsese, Murnau, Capra, Ford, Spielberg e Lynch. Ogni idea proposta da ChatGPT nell'arco di pochi secondi era buona. Originale. E ben sviluppata. Perché gli sceneggiatori dovrebbero passare mesi a cercare una buona idea quando l'IA può fornirne una in pochi secondi?".

Come da copione, nei commenti c'è chi gli chiede ragguagli sul suo stato di salute mentale, chi è convinto che il profilo sia stato hackerato e chi lo implora di smettere di pubblicizzare “quello schifo” di ChatGPT. Esagerazioni social a parte, celebrità comprese, appare chiaro che il cammino del dialogo intorno all'IA, fra luddisti e super entusiasti, ci accompagnerà ancora a lungo e probabilmente saranno in pochi a seguire l'aurea regola della virtù che sta nel mezzo.

5 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views