Gli ultimi cinque anni non sono stati semplicissimi per Hollywood e tutti i suoi addetti ai lavori. Prima c'è stato il Covid, a partire dal 2020 tutte le maggiori produzioni sono andate incontro a delle pause obbligatorie delle riprese, dettate da un contesto in cui l'unica certezza era la gravità della situazione con la quale tutto il mondo stava cominciando a fare i conti. Acuita dalla sfuggevolezza di una sindrome respiratoria che, nonostante tutte le varie accortezze adottabili per prevenirla, riusciva sempre a eluderle. Un'emorragia non da poco per l'industria.
Il Covid mise Hollywood a distanza di sicurezza
Le major hanno perso fior fiori di milioni di dollari perché fermare la lavorazione già in corso di una qualche colossale produzione, non significa risparmiare soldi. Tutt'altro. Significa spenderne di più perché i contratti con i teatri di posa vanno onorati, così come quelli con tutti i professionisti ingaggiati, dai registi e dalle star in giù. Poi altri ne sono stati spesi per far sì che le riprese ripartissero seguendo tutti i criteri di sicurezza stabiliti per evitare il diffondersi del Covid sui set. E un kolossal che normalmente sarebbe costato 150 milioni finiva per costarne il doppio.
E fior fior di quattrini sono andati persi perché un'industria che vede i cinema come prima fonte di guadagno di una filiera che, in circostanze normali, da lì parte e in TV finisce, ha dovuto dapprima fare i conti con la chiusura delle sale, poi con le riaperture a capacità ridotta e poi, cosa ancor peggiore, con il dover rieducare e riabituare le persone ad uscire di casa per recarsi, fisicamente, a vedere un lungometraggio in un posto che non fosse il salotto di casa.
Top Gun, Super Mario, Barbie e Oppenheimer: la luce in fondo al tunnel
Fra il 2022 e il 2023, con una serie di fenomeni commerciali come Top Gun: Maverick prima e Super Mario, Barbie ed Oppenheimer poi, Hollywood (e gli esercenti di tutto il globo) hanno iniziato a tirare un sospiro di sollievo. Il peggio sembrava passato anche se, nel mentre, erano scomparsi dai radar i proventi derivanti dal botteghino russo con cui le major non hanno più voluto avere a che fare a causa dell'invasione dell'Ucraina e quelli del più importante mercato asiatico, la Cina.
Prima della pandemia, La La Land aveva iniziato a flirtare intensamente con la piazza cinese e, con la complicità di un flusso di capitali che dalla nazione asiatica confluiva copioso nelle casse delle major hollywoodiane sotto forma di co-produzioni, il numero di pellicole statunitensi alle quali le autorità del Partito Comunista Cinese davano il via libera per la distribuzione era decisamente aumentato nel tempo. Ma anche in questo caso, il Covid ha cambiato tutto: Stati Uniti e Cina sono tornati a osservarsi con sospetto e l'autarchia a dominare la proposta delle sale cinematografiche cinesi.
Scioperi attori e sceneggiatori: l'ennesima paralisi del mercato
In questa galvanizzante fase di ripresa sono poi scoppiati, nell'estate del 2023, due scioperi che hanno nuovamente paralizzato a lungo Hollywood: quello degli sceneggiatori e quello degli attori. Fino a che le associazioni di categoria citate e quella dei produttori non sono riuscite a trovare un accordo soprattutto in materia d'impiego dell'intelligenza artificiale e di residuali (che sono gli introiti che registi, attori, sceneggiatori e maestranze ottengono dallo sfruttamento di una pellicola o di una serie TV in home video, streaming o televisione lineare) e proventi dallo streaming, tutto si è fermato, di nuovo.
Film, serie TV, programmi televisivi. E i cinema, che nel frattempo erano tornati a regime, si sono ritrovati senza la possibilità di proporre al pubblico quelle opere già pronte a uscire. Tutti gli studios avevano deciso, unilateralmente, di rimandarle. Durante lo sciopero, agli interpreti di un dato lungometraggio non era consentito neanche di partecipare alle attività promozionali legate a un dato titolo. E per una major è vitale ottenere tutta quella visibilità che scaturisce dallo spedire un Timothée Chalamet a rilasciare interviste ai quattro angoli del globo.
Anche Hollywood vittima del cambiamento climatico
Come tristemente recita l'adagio, sembra davvero non esserci il due senza il tre. Dopo la pandemia, dopo il doppio sciopero, l'industria del cinema statunitense si sta di nuovo leccando le ferite per colpa degli incendi che, dal 7 gennaio di quest'anno, stanno piagando la parte sud della California. Ad oggi si contano quasi trenta vittime, più di venti feriti, 205.000 persone evacuate e più di 17.000 strutture danneggiate in un'area che copre circa 164 chilometri quadrati. E che ha avuto un particolare impatto in aree dove vivono tutti quelle persone che col cinema ci lavorano.
Ripetiamo: tutte. Dalle star come Harrison Ford o Joshua Jackson agli operatori delle macchine da presa. Il Los Angeles Time riporta quanto scritto in una e-mail da, Philip Sokoloski, dell'organizzazione nonprofit FilmLA. Delle considerazioni che forniscono un ritratto abbastanza tetro e all'insegna dell'incertezza sul futuro. “L'impatto degli incendi si estende al settore della produzione cinematografica e ai mezzi di sussistenza che sostiene" spiega Philip Sokoloski, che aggiunge "Crediamo che gli effetti immediati e a lungo termine sull'economia dell'intrattenimento locale derivanti dagli incendi saranno significativi, ma al momento sono anche imprevedibili”.
Le major del cinema si sono salvate
A livello produttivo, sul fronte cinematografico quasi tutte le major si sono salvate, un po' per mere questioni geografiche, un po' perché non avevano produzioni in corso a Los Angeles. La Disney a Burbank non è stata toccata dalla devastazione e le sue controllate Pixar e Lucasfilm stanno nella parte Nord della California.
Idem per la Sony a Culver City e per la Paramount e Netflix, situate in una parte di Hollywood che si è salvata. Ma sono tanti i dipendenti di queste multinazionali ad aver perso tutto negli incendi. È stata proprio la Disney ad aprire le porte degli hotel di Disneyland a più di 100 suoi lavoratori rimasti senza una casa.
Da Fallout 2 al Jimmy Kimmel Live: le pause dalle riprese
La lavorazione di programmi e serie TV per il piccolo schermo, più radicata a Los Angeles, ne ha risentito di più con delle pause alle riprese che hanno toccato produzioni come Fallout 2, Abbott Elementary, Grey’s Anatomy, Hacks, Suits L.A., Ted, NCIS, NCIS: Origins, il Jimmy Kimmel Live, lo spin-off di The Big Bang Theory Georgie & Mandy’s First Marriage, Ok il prezzo è giusto. Nella maggior parte dei casi si è trattato di stop di pochi giorni, ma è comunque emblematico di come anche la colossale macchina dell'intrattenimento americana non sia immune dagli sconvolgimenti del cambiamento climatico.
E nel mentre si accende anche la polemica intorno alla Notte degli Oscar che, secondo alcune voci illustri, andrebbe cancellata alla luce di ciò che sta accadendo. Il re dell'horror Stephen King non ha dubbi e su Bluesky scrive che quest'anno non voterà agli Oscar. E rincara la dose dicendo senza mezze misure che “dovrebbero cancellarli. Niente sfarzo con Los Angeles in fiamme”. Una discussione che, presumibilmente, continuerà a tenere banco nei prossimi giorni in un contesto di devastazione che ha anche cancellato per sempre dalle cartine geografiche anche alcune delle più iconiche location di Los Angeles e dintorni usate da Hollywood nel corso degli anni.
I parchi e le location distrutti dalle fiamme: cosa è andato perduto
La Andrew McNally House, costruita nel 1887 e usata come set da più di cento anni, dal film muto del 1921 Sette anni di guai fino a serie TV come Entourage e Hacks, non esiste più. Così come il Will Rogers State Historic Park visto in Star Trek IV, in Alla maniera di Cutter, in Storia di noi due o anche in quel Genitori in trappola che, nel 1998, ha segnato il debutto di Lindsay Lohan sul grande schermo. Ma anche la Palisades Charter High School ha subito pesanti danni.
Il 40% di un campus che ha offerto lo scenario a film come il remake del 2003 di Quel pazzo venerdì, in Crazy/Beautiful, Havoc ma anche, brevemente, al leggendario Carrie di Brian de Palma, è andato distrutto.
Forse quindi, dopo il Covid e gli scioperi, Hollywood si trova alle prese con una sfida anche più grande. Perché dovrà ricostruire le fondamenta stesse della sua comunità. Che sono di certo più complicate da riedificare di quelle dei palazzi.