Ho visto Inside Out 2 al cinema e ho capito il perché di questo inarrestabile successo mondiale. Nel terzo weekend di programmazione, un botteghino stellare, quello che ha spinto questo film di animazione in cima a quelli più visti della Disney Pixar in Italia. Gli basta poco per superare C'è ancora domani di Paola Cortellesi, da lì in poi ci sarà solo la scalata verso il primato di Zalone.
L'asticella era molto alta, l'aspettativa direttamente proporzionale. Nutrirsi di trailer e clip prima di vederlo integrale non aveva aiutato, ché la sensazione era stata netta sull'uscire dalla sala con un sorriso compiaciuto. Il peggior punto di partenza quando si decide di infilarsi in un trend già così strutturato di idee e opinioni. Il cinema era di quelli con una sola sala da un centinaio di posti, né troppo grande da generare l'eco al minimo colpo di tosse né minuscolo da farti avvertire i vicini di posto nello stato di famiglia.
Avevo letto che gli sceneggiatori Dave Holstein e Meg LeFauve avevano fatto un ottimo lavoro sulla scelta delle nuove emozioni per descrivere il passaggio all'età della pubertà, l'enorme pulsante rosso che durante una notte qualunque scandisce uno dei cambiamenti più radicali nel percorso di crescita di un essere umano. Gioia, Rabbia, Paura, Tristezza e Disgusto vengono raggiunti da Imbarazzo, Noia, Invidia e la più devastante di tutte: Ansia.
Questa creatura arancione dal ciuffo ribelle, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata sarà la guida verso la scoperta di un nuovo sentire. Quello che a 13 anni inizia a farsi spazio nella "consapevolezza di sé" e spariglia le carte. Il modo in cui tutto è descritto a livello di dinamica fisica e psicologica lascia atterriti per la verosimiglianza della percezione di un tempo che sarà (per i bambini attaccati ai loro secchielli di popocorn), che è (per i coetanei di Riley) e che è stato (per la rimanente parte del pubblico in sala). Si passa da diversi gradi di consapevolezze per scoprirsi tutti uniti nello stesso meccanismo che passa attraverso una console piena di leve e bottoni.
Fa capolino, a un certo punto, anche Nostalgia, una vecchina simpatica dal grigio capello cotonato che sbuca un paio di volte da una porta per ricordare "i bei tempi che furono" e trovarsi puntualmente ammonita dalle altre emozioni perché troppo precoce per un'età (quella di Riley) ancora così rivolta al presente. Non manca niente. Le sfere dei ricordi che vanno ad alimentare vecchie e nuove consapevolezze sembrano trovare un posto nel viaggio interiore di chiunque le guardi nel movimento di selezione e scarto della catena di un DNA emotivo perfetto.
I bambini ridono e, affascinati, fanno domande, c'è chi è troppo piccolo e si stanca presto di rimanere seduto, gli adulti cercano il loro spazio per esplorare tutti i passaggi evolutivi che, tra guasti e blackout in console, li ha portati fin lì.
Inside out 2, come il primo, diventa un film di animazione inclusivo e non solo, nella trama, dal punto di vista etnico e religioso. Nessuno è emarginato dal racconto, chiunque trova il suo modo per inserirsi in quella catena e tracciare il proprio percorso interiore. Il disordine generato da Ansia è quello che diverte e incupisce di più, riporta al momento zero, quello in cui ci si è sentiti persi, incapaci di decodificare quella emozione e di collocarla tra le altre. A quanto, nel tempo, continua a generare smarrimento, rimettendo tutto in discussione. L'attacco di panico è la punta dell'iceberg, dalla quale si può solo scendere. La descrizione rasenta la perfezione: il lento incedere delle palpitazioni che prendono man mano il sopravvento, l'alterazione termica del corpo, la tempesta emotiva che spinge Gioia a soccorrere Ansia pietrificata dalla sua stessa potenza. Si assiste in commosso silenzio al momento in cui l'abbraccio di tutte le emozioni si rivela l'unica possibilità di supporto quando niente sembra avere più un senso. Tutte trovano lo stesso posto lì dove sembrava non essercene più uno.
E non è finita. Nelle scene post credit, l'epifania del Segreto Oscuro, meccanismo di rimozione che viene presentato ai bambini come un gigante misterioso e incappucciato, spaventato dai ricordi che risuonano come malefatte. Geniale.
Il lavoro introspettivo è di un livello talmente alto da lasciare un senso di appagamento generale. Si esce complici, a qualsiasi età, con gli occhi che si cercano per condividere la certezza di essere stati capiti. Ed essersi capiti anche un po' di più.