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Final Destination compie 25 anni, il film che rivoluzionò il volto della morte nel cinema horror

Il colpo di genio assoluto di “Final Destination”, che oggi compie 25 anni, è stato quello di eliminare il banale killer col coltello o la maschera, sostituendolo con un’entità che non puoi vedere, non puoi toccare, non puoi combattere: il destino stesso.
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Era il 17 marzo 2000 quando nelle sale cinematografiche americane usciva "Final Destination", un horror che avrebbe rivoluzionato il genere con un antagonista inedito e implacabile: la Morte stessa, invisibile e onnipresente. A 25 anni dal suo debutto, il film diretto da James Wong non solo sopravvive al tempo, ma ha acquisito lo status di cult imprescindibile, dimostrando come le paure più profonde dell'uomo contemporaneo non risiedano nei mostri o negli slasher, ma nell'inevitabilità del destino stesso.

La sequenza iniziale del film.
La sequenza iniziale del film.

I tre protagonisti oggi sono finiti nel dimenticatoio

Nel cast c'erano Devon Sawa, che da bambino prodigio visto nei panni della forma umana di Casper, non si è mai ripetuto perdendosi nei mille rivoli della serialità telvisiva americana; c'era Ali Larter, che ha ripreso il suo ruolo nel sequel del film e che abbiamo apprezzato più avanti nella serie Heroes e nel ruolo di Claire Redfield nella saga di Resident Evil. C'era soprattutto Kerr Smith, chi se lo ricorda? Era Jack McPhee in Dawson's Creek che nel film horror vestiva i panni dello "stronzissimo" Carter, che morirà nel colpo di scena finale, dilaniato da un'insegna. Tutti e tre, oggi, sono finiti nel dimenticatoio.

Ali Larter in una scena del film.
Ali Larter in una scena del film.

Ma Final Destination ridefinì la paura

Final Destination ruotava intorno alla premonizione di Alex Browning, un adolescente tormentato dalla visione dell'aereo su cui sta per imbarcarsi per una gita scolastica a Parigi che esplonde in volo, uccidendo tutti. Quella sequenza iniziale è diventata un'icona del cinema horror. Dopo essere riuscito a fermare una professoressa e alcuni suoi compagni, la visione si avvera: l'aereo esplode in volo e la Morte, che avrebbe dovuto prendere anche loro, comincia la sua caccia. Il film, costato 23 milioni di dollari, ne incassò 112 in tutto il mondo. Dopo il primo capitolo, ne seguirono altri cinque e c'è un sesto in arrivo.

L'antagonista perfetto: la Morte

Il colpo di genio assoluto di "Final Destination" è stato quello di eliminare il banale killer col coltello o la maschera, sostituendolo con un'entità che non puoi vedere, non puoi toccare, non puoi combattere: il destino stesso. Mentre Jason Voorhees e Freddy Krueger potevano essere temporaneamente sconfitti, contro la Morte non esiste arma o strategia efficace. È un nemico che non dorme mai, non si ferma mai, e soprattutto, non perdona mai.

Devon Sawa, Ali Larter e Kerr Smith.
Devon Sawa, Ali Larter e Kerr Smith.

Un bicchiere d'acqua, una cintura, un cavo elettrico – oggetti banali della vita quotidiana diventano improvvisamente strumenti di un'orribile orchestrazione cosmica. Le ormai leggendarie sequenze in cui si innescano catene di eventi apparentemente casuali, ma minuziosamente calcolati, hanno ridefinito il concetto stesso di suspense nel cinema horror moderno. La stessa locuzione "Final Destination" è persino entrata nel gergo giornalistico, quando ci riferiamo a una serie di circostanze e coincidenze incredibili che sfociano poi in qualcosa di terribile.

La saga ha dimostrato una longevità che poche altre serie horror possono vantare, diventando un fenomeno culturale che ha cambiato per sempre il modo in cui percepiamo gli "incidenti" quotidiani. Guardai il film in un cinema di Prato, 25 anni fa, e ricordo perfettamente la paura di restare freddato da un orologio che cade, o dal malfunzionamento di un ascensore, o da una scivolata banalissima. Mentre si attende con trepidazione il nuovo capitolo della saga, "Final Destination: Bloodlines", questo primo film mantiene intatta la sua carica perturbante.

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