Con Diamanti, da oggi nelle sale con Vision Distribution, Ferzan Ozpetek firma quello che è, senza mezzi termini, il suo miglior film. Un'opera che racchiude la summa del suo pensiero sulla vita, sull'arte e sulle infinite sfaccettature dell'universo femminile. Intimo e universale, Diamanti è un toccante omaggio alle donne del cinema italiano, alle loro lotte, alle loro conquiste e alla loro grande complessità. Questa è l'epoca in cui il dibattito sulla parità di genere è più che mai acceso e il regista è qui che confeziona il suo film più maturo.
Il cinema al femminile
Diamanti scava nel profondo delle relazioni femminili attraverso il microcosmo di una sartoria teatrale negli anni '70, dove il fruscio delle stoffe diventa una danza di queste sarte che, centimetro dopo centimetro, raggiungono un'emancipazione silenziosa ma inarrestabile. Non è un caso che la protagonista Luisa Ranieri, nei panni della rigorosa Alberta, abbia detto nell'intervista a Fanpage.it di "quanto le nostre madri, nonne, mogli e figlie portino il peso di essere donna in una società che viene da una cultura molto patriarcale". È proprio questo peso a diventare il filo conduttore di un racconto che si dipana tra presente e passato.
Il ricamo di Ferzan Ozpetek è metacinema
La struttura del film è un prezioso ricamo a due tempi, dove il presente e il passato, la finzione e la realtà si intrecciano come i fili di un vestito di classe. Ozpetek orchestra il metacinema, aprendo con le attrici sedute al tavolo di lavoro, c'è anche lui mentre leggono le loro battute. Nei momenti chiave del film si torna a quel tavolo e tutte e tutti si guardano di trafugo negli occhi per condividere le emozioni di quello che lo spettatore ha visto un attimo prima in quel tempio laico, la sartoria dove le donne sono sacerdotesse che vanno al di là del semplice cucire un vestito: rammendano la vita, il destino, il sogno.
La prova superata di Luisa Ranieri, la sorpresa è Mara Venier
Un affresco corale, certo, ma con alcune vette. Luisa Ranieri supera brillantemente la prova da protagonista, donando ad Alberta una durezza apparente che nasconde fragilità e determinazione. La sua interpretazione è un equilibrio perfetto tra forza e vulnerabilità, confermando una maturità artistica che questo ruolo corona definitivamente. La vera sorpresa è Mara Venier che, nei panni di Silvana, regala una performance da autentica attrice, meritevole di un premio come non protagonista. Il suo personaggio, una sorta di madre putativa per tutte le lavoratrici della sartoria, non vorresti mai vederlo lontano dalla scena. Non è casuale che il film sia dedicato a tre icone come Monica Vitti, Virna Lisi e Mariangela Melato: il loro spirito aleggia tra le scene come un'eredità preziosa che le attrici di oggi raccolgono e rilanciano.
Il punto più alto
Diamanti è la summa dell'arte di Ozpetek, il punto più alto del suo percorso autoriale. È un film che parla di donne attraverso le donne, che racconta il cinema dal suo lato meno visibile ma più autentico, quello dell'artigianato del costume. La macchina da presa si muove tra gli spazi della sartoria con la tensione narrativa cara al regista. Diamanti brilla di luce propria, proprio come i diamanti, ed è destinato a durare nel tempo. Lo diceva anche Monica Vitti, a cui il film – ricordiamolo ancora – è dedicato insieme a Virna Lisi e Mariangela Melato: ‘le donne sono state sempre considerate fragili, eppure mi hanno sempre sorpresa. Sono forti, hanno la speranza nel cuore e nell'avvenire'. Non poteva esserci dedica migliore per un film che questa forza la celebra in ogni suo fotogramma.