Scorrettissimo. Del resto, come dovrebbe essere un film che ha per protagonista un orso strafatto di cocaina? Cocainorso è nelle sale italiane da giovedì 20 aprile, accompagnato da qualche polemica sull’opportunità di fare uscire questo titolo proprio oggi, in contemporanea con la spinosa bagarre trentina riguardo alle sorti dell’orsa JJ4. Sarebbe stato possibile rimandare? A così poco dalla data, forse no. A prescindere, qui vogliamo parlare del film in sé. Ossia di una commedia che sprizza black humor, vivacità creativa e arti mozzati. Durante la visione, è chiaro, non si sente profumo di Oscar. A livello di intrattenimento per stomaci forti, però, Cocainorso è tutto ciò che dovrebbe essere. Anzi, pure più di quanto ci si potesse aspettare dalle premesse. A suo modo, sorprendente.
In principio fu Sharknado, forse il primo Z-Movie della nostra epoca a divenire mainstream. Tant’è che dalla storia di quell’improbabilissimo tornado di squali, a furor di popolo, è stata fatta una vera e propria saga: ben sei film, dal 2013 al 2018. Uno scult per palati grezzi, ma anche per chi, semplicemente, posa gli occhialetti da intellettuale con la sacrosanta intenzione di farsi due risate. Cocainorso rientra perfettamente in questo filone, facendo però parecchi passa avanti: la cgi (computer grafica, ndr) non prende a calci le cornee dello spettatore, è stato fatto lo sforzo creativo di costruire una trama intorno alla figura dell’animalesco “villain” su di giri e i jump scare sono tanto bizzarri quanto originali. Sarebbe bastato lasciar fare due mossette al rissoso protagonista per farlo diventare virale su TikTok e portare a casa il risultato. Il film, invece, a dispetto delle aspettative, non è trucido. Volgare, esagerato, improbabile, certamente. Ma è evidente che sia stato realizzato con una buona dose di passione, di amore per l’intrattenimento.
I fatti: la pellicola prende le mosse da una storia vera. Nel 1984, un ingente carico di cocaina piovve dal cielo e finì nella bocca di un orso. L’animale morì poco dopo l’ingestione. In Cocainorso, la belva invece sopravvive e comincia a seminare il panico tra gli avventori del bosco. E proprio gli avventori del bosco non sono semplici figurine con un ideale countdown a svolazzargli sulle teste. Ogni personaggio ha una storyline propria che si intreccia con quella degli altri, in un amalgama impensabile ma spesso divertentissimo. C’è di tutto: narcotrafficanti coi fucili, ranger lavativi, questioni famigliari da dipanare nonostante l’ombra di una minaccia molto incombente, due bambini che tutto sono meno che Cappuccetto Rosso, una baby gang di delinquentelli da strapazzo. Solo per citare alcuni dei protagonisti.
C’era bisogno di tutta questa trama? No, la gente sarebbe corsa al cinema comunque, intrigata dalla bizzarria del titolo. Quindi, l’esistenza di una sceneggiatura, di questa sceneggiatura è una sorta di regalo. La curiosità di seguire le vicende di ognuno degli scoppiati che il film ci presenta basterebbe già a dare alla pellicola un senso di esistere. In più, a insaporire tale mix, c’è anche un orso strafatto di cocaina.
Dialoghi taglientissimi completano il quadro di una produzione che certamente non verrà ricordata nei manuali di storia del cinema. Ma che costituisce il perfetto guilty pleasure per chi vuole staccare la spina e passare un’ora e mezza congegnata senza alcuna altra pretesa se non quella di divertire. In un’epoca in cui al cinema escono fin troppo spesso remake di titoli che conosciamo a memoria, rifatti perfino frame per frame, un plauso alla folle creatività, al coraggio di Cocainorso è quantomeno doveroso. Una boccata d’aria viziatissima, ma a suo modo irrinunciabile. Da tempo si lamenta la moria di sceneggiature originali in quel di Hollywood negli ultimi anni. Rinunciate alla comfort zone, al freno a mano, andate in sala senza pregiudizi. Era dai tempi dei primi Scary Movie che non si rideva così. Bentornati nel dark side della commedia. No, non ci sono biscottini.