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Opinioni

“Captain America: Brave New World” non è solo un Marvel, ecco come racconta la crisi geopolitica dell’America di Trump

Il nuovo blockbuster multimiliardario dei Marvel Studios riprende le fila di un discorso rimasto in sospeso con The Falcon and the Winter Soldier ed Eternals e regala due ore di godibile baraonda. Ma, per l’ennesima volta, lo studio americano confeziona un film che, oltre a intrattenere il pubblico, è anche una inquietante allegoria delle tensioni geopolitiche ed economiche che stiamo vivendo.
A cura di Andrea Bedeschi
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Captain America: Brave New World è l'ultimo lungometraggio dei Marvel Studios arrivato nelle sale di tutto il mondo. È diretto da Julius Onah (The Cloverfield Paradox) e vede tornare, nei panni di Captain America, il Sam Wilson di Anthony Mackie, scelto da Steve Rogers (Chris Evans) come nuovo portatore dello scudo di vibranio e, soprattutto, del peso di tutto quello che rappresenta.

Dagli Avengers a Wandavision: l'allegoria dei nostri tempi

I Marvel Studios, la costola cinematografica della leggendaria casa editrice da ormai sedici anni di proprietà della Disney, hanno sempre avuto la fortuna d'intercettare lo spirito del tempo. Quello che spesso viene indicato con una parola tedesca che vi potrebbe essere capitato di leggere in giro, zeitgeist. È un po' la caratteristica più nota e apprezzabile, da sempre, del grande cinema popolare statunitense e non. Nell'attimo stesso in cui si comincia a respirare qualcosa nell'aria, i “popcorn movies” cominciano a raccontarlo in modo allegorico se non addirittura a prevederlo.

Le prime tre Fasi del cosiddetto Marvel Cinematic Universe si sono chiuse nel 2018 e nel 2019 con un dittico che, in termini d'incassi, ha generato un giro d'affari pari al PIL di una piccola nazione e che ha raccontato la sfida finale fra gli Avengers, i più potenti eroi della Terra, contro un titano pazzo di nome Thanos deciso a usare le gemme dell'Infinito per riportare equilibrio nell'universo. Con modalità discutibili: facendo scomparire la metà delle forme di vita esistenti.

Wandavision
Wandavision

Un evento fittizio traumatico collettivo che ha anticipato sul grande schermo in due film visti da una fascia di pubblico che va dai 4 ai 90 anni, quello che poi tutto il mondo avrebbe vissuto con la pandemia di Covid. Tutto quello che è venuto in seguito a quei due capitoli irripetibili di una saga cinematografica che, fra entusiasti e critici, ha plasmato l'immaginario degli ultimi diciassette anni, ha sia fatto i conti con quello che narrativamente si è verificato dentro a quel grande affresco che fuori. A volte in maniera tragicamente fortuita, sia chiaro.

Una serie Tv come Wandavision è stata sviluppata prima che il nuovo coronavirus sconvolgesse le nostre esistenze. Ma si è ritrovata a essere un'allegoria particolarmente ficcante delle nostre vite purtroppo definite per molto tempo dalle quattro mura delle nostre abitazioni e da un abuso di piccolo schermo. Potremmo proseguire citando anche altri casi, ma, chiaramente, andremo dritti al sodo. Un'allegoria sempre mutevole dell'America e di ciò che rappresenta.

I valori di Captain America: libertà, democrazia, giustizia, eguaglianza

Libertà, democrazia, giustizia, eguaglianza, sono questi i valori che Captain America porta sulle spalle. Valori che, da quando prendeva a pugni Hitler sulle pagine dei fumetti a quando è arrivato al cinema di recente, appartengono a tutti, non solo agli USA. Pur se gli Stati Uniti si sono fatti portabandiera ufficiali del tutto, per così dire.

Poi però negli ultimi trent'anni la politica e il modo stesso in cui viene fatta sono cominciati a cambiare – e noi italiani siamo stati delle interessanti cavie da laboratorio dal 1994 in poi, ma non divaghiamo. Questa “malattia”, se così possiamo definirla, ha infettato anche e soprattutto un'America che se prima, tra mille luci e ombre come accade a qualsiasi democrazia di questo mondo, pareva davvero credere a quella breve, ma importante, lista di valori indicata qualche riga fa, è diventata oggi un'entità che viene percepita in modo profondamente differente. C'è un gran parlare di New World Order in lungo e in largo e, casualmente, il sottotitolo di questo film doveva essere proprio quello. Ma è stato cambiato per evitare strani episodi di complottismo vari ed eventuali.

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Captain America: Brave New World, più che di Sam Wilson che impara a essere un eroe o di Harrison Ford che subentra al compianto William Hurt nei panni di Thaddeus Ross giusto in tempo per trasformarsi in Red Hulk a 83 anni suonati, parla proprio di questo. Di un'America che ha perso il suo ruolo di guida di quello che, convenzionalmente, viene chiamato “mondo libero”. Semplicemente perché non è più credibile.

Un film godibile che intercetta le tensioni politiche globali di oggi

Preso come elemento a sé, Captain America: Brave New World è un film del Marvel Cinematic Universe che si piazza nella proverbiale “via di mezzo”, qualitativamente parlando. Non è un thriller fantapolitico sopraffino come The Winter Soldier, ma neanche un qualcosa di orripilante come il terzo Ant-Man. È il classico caso di pellicola che intrattiene, godibile, che si lascia vedere con piacere in una domenica pomeriggio con sale frequentate da gente che quando andava a vedere il primo Iron Man nel 2008 aveva 20 anni e ora, magari, al cinema ci va con prole al seguito.

Però, durante la visione, si genera una strisciante inquietudine in maniera molto più sottile di quel Civil War di Alex Garland, così fortemente didascalico nel racconto iperbolico ma neanche troppo della nuova guerra civile americana. Prendiamo già l'assunto di partenza.

Gli Stati Uniti, che vedono come presidente proprio il personaggio interpretato da un'icona stelle e strisce amata da tutti come Harrison Ford, uno che riesce al tempo stesso a essere una star leggendaria e la persona più “normale” in attività a Hollywood, devono siglare un accordo per recuperare dal Celestiale caduto nel bel mezzo dell'oceano in Eternals il prezioso materiale di cui è fatto. L'adamantio. Che, lo diciamo per i profani, è il metallo di cui sono fatti gli artigli di Wolverine, il mutante interpretato da Hugh Jackman da più di due decenni. I celestiali nei fumetti della Marvel sono potenze supreme con aspetto umanoide, alte quasi un chilometro racchiuse all'interno di gigantesche armature. In questo film sta in un pezzo di oceano che non appartiene a nessuno e quindi sono molte le potenze interessate a impossessarsi di un metallo che, invece, farebbe il bene del mondo intero grazie ai suoi mille utilizzi.

L'adamantio dei fumetti Marvel è diventato l'allegoria di una di quelle terre rare che tanto fanno gola alle potenze del mondo intero e che, tanto per cambiare, vedono l'Europa in una posizione di subalternità totale rispetto a quella di altri paesi.

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Veniamo da settimane molto frenetiche in cui il neo insediato presidente Donald Trump, nel suo secondo mandato, con l'abituale mix di mosse concrete e minacce da affarista, è passato dal dire di volere il Canada come cinquantunesimo stato, di voler aiutare l'Ucraina a patto di ricevere in cambio 500 miliardi in terre rare e, ultimo ma non ultimo, di volersi prendere la Groenlandia. Che per la sua posizione geografica fa gola ad America e Russia da sempre, ma che, soprattutto, è anch'essa ricca di tutti quei materiali necessari allo sviluppo delle nuove tecnologie. Il possesso delle quali determinerà l'assetto globale futuro in uno scontro duopolistico USA – Cina che vede ancora presente la Russia principalmente per via del suo arsenale atomico, più che per l'effettiva capacità di competere con gli altri nell'ambito citato, intelligenza artificiale inclusa.

Mentre si guarda Captain America: Brave New World bevendo una bibita e mangiando dei popcorn sovrapprezzati, la sensazione di “mi sembra di aver già sentito una storia del genere” si fa forte e il sapore dolciastro della cola meno piacevole. Ed è buffo, specie pensando che, chiaramente, lo sviluppo e la produzione di questo film risalgono a svariato tempo fa, quando le priorità degli USA non sembravano ancora essere le cannucce di plastica e le annessioni della Groenlandia e del “buon vicino” Canada. Naturalmente, nella finzione del film, gli Stati Uniti non sono i cattivi, ma dalle altre nazioni in prima fila nel cercare di accaparrarsi l'adamantio del celestiale, in cui troviamo l'India, ma soprattutto il Giappone con la Francia a rappresentare un'Europa che viene citata più per educazione che altro, non viene più neanche visto come un gigante coi piedi d'argilla. È proprio senza piedi.

Troppi gli errori fatti nella gestione degli equilibri globali (e non solo) nei giorni in cui gli Avengers si sono ritrovati a sgominare non una, ma ben due invasioni aliene. L'America non è più un partner credibile ed è anche molto emblematico che gli attriti più grandi si vengano a creare con una nazione come il Giappone che, insieme alla Corea del Sud, è uno degli alleati storicamente più importanti di sempre per gli Stati Uniti in ottica di arginamento, monitoraggio e deterrenza delle “alzate d'ingegno” russe o cinesi.

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Due alleati storici che rischiano di entrare in guerra fra loro per il possesso di un materiale raro e prezioso. Fa un certo effetto vedere una roba del genere in un film per famiglie specie quando poi si esce dalla sala, si apre un quotidiano online e si legge che ormai il legame che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi ha legato Europa e USA è in dirittura d'arrivo. E pensare che un sacco di gente aveva magari comprato il biglietto solo per vedere Indiana Jones che diventa Hulk Rosso.

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