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Bones and all è una favola horror per stomaci e anime forti: il miglior Guadagnino di sempre

Bones and all, il nuovo film di Luca Guadagnino con Timothée Chalamet e Taylor Russell è l’opera più completa del regista di Chiamami col tuo nome. Parla di mostri, di sconfitte e di nonostante: impossibile non ritrovarsi, anche fino alle lacrime, in questo horror famelico e mortale che è, contro ogni pronostico, un gigantesco inno alla vita.
A cura di Grazia Sambruna
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Chiamami col tuo odore. Bones and all è il settimo film da regista di Luca Guadagnino, nelle sale italiane da venerdì 25 novembre. Arriva dopo l'esteticamente perfetta ma nel complesso insipida serie Sky We are Who We are. In comune con quest'ultimo progetto, ha la volontà di raccontare la giovinezza, i suoi cortocircuiti e la voglia di vivere come quella di morire. Si campa di estremi a 20 anni o giù di lì: c'è il bianco, c'è il nero e le meravigliose sfumature dei grigi sono roba da vecchi annoiati già giunti al capolinea molto prima di vedere l'erba dalla parte delle radici. Un'avvertenza: la componente horror di questo road movie, che è anche una storia di formazione, risulta devastante. Ed è direttamente proporzionale a quella emotiva.

Bones and all è per stomaci forti e anime in titanio che accettano la sfida di farsi rivoltare. Non per tutti, dunque. Ma, allo stesso tempo, universale. Appassiona, fa male, respinge. Con una ferocia spietata, ma mai del tutto gratuita. Per queste e molte altre ragioni che cercheremo di raccontare, andando a sondare il caotico magma di tale sublime opera, è senza dubbio il miglior film di Luca Guadagnino.

"Non pensi che io sia una persona orribile?". Taylor Russell e Timothée Chalamet interpretano Maren e Lee, due pressoché ventenni scappati di casa e vagabondi con un orrore in comune: sono cannibali. Dalla nascita, hanno generato grande scandalo in chi li ha concepiti e più di una vittima nelle vicinanze. Da sempre, vivono in fuga con il peso dell'abbandono sul cuore. Fare i conti con una natura talmente aberrante non è cosa da poco, non c'è nessuno che possa insegnargli quale sia il modo giusto di convivere con i famelici canini toccati loro in sorte. Intanto, si ritrovano temuti, rigettati, costretti a vivere ai margini e on the road. Il fortunato incontro tra i due, li porterà al primo amore, a credere nella speranza di una vita possibile, condivisa. Intensa proprio perché ben al di sopra di ogni più rosea aspettativa, da quel bacio notturno in cima a un mattatoio, è chiaro a tutti che sulle loro teste giganteggi un nefasto countdown.

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L'arma più rivoluzionaria dell'amore, però, è quella di sapere tutti i dati oggettivi, conoscere le contingenze. E fregarsene. Maren e Lee mettono sul piatto ogni paura e guidano insieme adagiando margherite sul cruscotto per scappare via da un passato disperante. La meta non c'è, non davvero, è sempre lo stesso futuro incerto che ora, sì, forse li spaventa di meno. Sulla strada, incontrano personaggi che non hanno avuto la medesima fortuna: "canini" come loro cresciuti però da soli e senza affetto, diventati mostri nel più bieco senso del termine: a causa della solitudine, della mancanza d'amore o semplicemente perché nati con qualche rotella a corrente alternata. La giovane coppia si protegge a vicenda da ogni bruttura che incontra sulla via, in fuga dalla società come anche dal proprio stesso branco. Nessuno li comprende o li accetta, solo il loro amore li completa. Ogni volta, si giurano con gli occhi la scommessa di potercela fare, contro ogni pronostico. In questo senso, Bones and all è anche un film di guerra dove il nemico è sempre troppo forte, ma scommettere di poterlo battere è l'unica cosa che fa rimanere addentati alla vita.

Lee a Maren sono due mostri senza colpa che provano a prendere le misure di un'esistenza impossibile fin dalla nascita. Allo stesso tempo, sono incredibilmente umani. Lei cerca di risalire al proprio passato per trovare risposte su se stessa, lui dal passato fugge, ma non può evitare di esserne ancora legato. Nel frattempo, giorno dopo giorno, improvvisano un futuro possibile cercando di mettere un confine tra giusto e sbagliato, tra ciò che è bestia e ciò che non lo è. Poi, sbagliano. E ripartono da capo. Troppo da portare sulle spalle e proprio per questo ci ritroviamo avvinti a una mirabile, per quanto grottesca, odissea rancida e perversa, ma molto più viva e parlante di qualunque lirismo poetico.

A tutti capita di sentirsi mostro, un mostro affetto da un disperato bisogno di due occhi che riescano a non guardarlo come tale, possibilmente senza sforzi. "Forse solo l'amore ti salverà", ripete a Lee uno dei personaggi più spaventosi dell'intera pellicola in un brevissimo momento di lucidità. Ed è così. Anche se è impossibile, anche se la vita farà ogni cosa in proprio potere per impedirlo. Le musiche di Trent Reznor e Atticus Ross, già vincitori dell'Oscar 2021 alla Miglior Colonna Sonora per il film Pixar Soul, fanno da perfetta punteggiatura a questa storia che non ha niente di normale, ma in cui è impossibile non perdersi e ritrovarsi.

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Si piangono lacrime vere: di commozione, di entusiasmo, di disperazione. Ammazzarsi o provare a vivere comunque è l'unica scelta, più volte ripetuta, che i due protagonisti si trovano davanti ogni minuto e ogni minuto scelgono di continuare, nonostante i nefasti presagi che li circondano. Eroicamente reietti e senza speranza, sono i perfetti protagonisti di un film che è uno strampalato ma credibilissimo inno alla vita e a tutti i suoi "nonostante". Una morale non c'è, anche perché non può esserci, il giudizio è sospeso e si empatizza col viaggio, con le piccole vittorie, con le sconfitte e la loro tremenda, dilaniante eco. Chalamet ritrova il regista che l'ha lanciato verso l'Olimpo di Hollywood e anche una capacità espressiva di cui in tanti, in questi primi, sfolgoranti anni della sua carriera hanno dubitato.

Taylor Russell, anche lei già diretta da Guadagnino in Waves (2019), si mangia la scena a ogni inquadratura: per l'intensità della sua Maren, per le contraddizioni che manifesta e che la logorano dall'interno, per la fame di vita a cui dà voce e anima. Un casting perfetto. Aggiungere che fotografia e regia siano magistrali, pare quasi superfluo quando si parla di Guadagnino. Lo sono, è chiaro.

Non serve il lieto fine, Bones and all è perfetto così come è: crudo, spietato, romantico e disperato. Con le ossa e tutto il resto. Il miglior film di Luca Guadagnino che finalmente realizza il sogno di coniugare la sua personale inclinazione all'horror e l'esigenza di intelaiare un profondo racconto generazionale. Ci riesce in modo sublime. Solo al cinema, solo per stomaci forti. Un "pasto completo".

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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