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Festival di Sanremo 2025

Willie Peyote a Sanremo 2025: “Mi sento a disagio nell’Italia di oggi, non potevo non dire nulla di politico”

Willie Peyote parteciperà tra i Big del Festival di Sanremo 2025 con Grazie ma no grazie, a Fanpage.it ha raccontato del testo, ma anche di come non poteva non parlare del disagio che prova per l’Italia di oggi.
A cura di Francesco Raiola
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Willie Peyote (ph Chiara Mirelli)
Willie Peyote (ph Chiara Mirelli)
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Si chiama Grazie ma no grazie la canzone con cui Willie Peyote torna sul palco del Festival di Sanremo dopo il successo di Mai dire mai (La locura), che chiuse al sesto posto portandosi a casa il Premio Mia Martini. Quello del rapper torinese, inoltre, sarà l'unico testo che richiama l'attualità politica, e come spiega il cantautore a Fanpage era impossibile, avendo l'opportunità di esibirsi sul palco più importante del Paese, non raccontare il disagio che prova a vivere nel Paese di oggi e così' ha scelto di raccogliere una serie di frasi fatte dei conservatori e prenderle un po' in giro. Inoltre il rapper ha raccontato qual è stata la fortuna che gli ha permesso di fare musica per mestiere, ovvero avere la possibilità di poter lasciare il proprio lavoro, avendo un sostentamento economico familiare. Ecco l'intervista a Willie Peyote.

Com'è questo ritorno sanremese?

Ma sai che per ora sono più tranquillo di quanto mi aspettassi e quindi sono preoccupato della mia tranquillità, cioè è un po' un ossimoro ma è così.

Come mai la scelta di tornare? Ricordo che qualche anno fa avevi qualche dubbio, cosa ti ha fatto cambiare idea?

Negli anni immediatamente successivi alla precedente apparizione ho pensato che non ci sarei mai più tornato. Devo dirti però che dopo un po', forse dopo un anno già, a vedere Daniel Bestonzo, il maestro Bestonzo, sempre in Riviera tutti gli anni a fare festa e a divertirsi, ho pensato "Ma proprio l'unico anno che era tutto chiuso dovevo andare?". Ci torno una volta che mi posso godere anche le feste, il casino, la gente in giro, che comunque è parte integrante dell'atmosfera sanremese, io me l'ero tutta persa, quindi ho pensato a quello, certo, poi è successo che è venuto fuori un pezzo che aveva quel quid in più, che alla mia etichetta è sembrato giusto e opportuno proporre ed è andata.

Come è arrivata Grazie ma no grazie?

Come spesso mi accade è una canzone che è nata dall'idea della frase Grazie ma no grazie, che mi piaceva e che ho messo via dicendo "Mah, se riesco a costruire una canzone con una lista di cose e questo che si ripete nel ritornello, secondo me può funzionare". Poi mi sono trovato in Ecuador a trovare mia sorella per la nascita del mio terzo nipotino, e ho ascoltato il beat di Luca Romeo, il bassista della mia band, nonché autore del brano ed è venuto fuori da solo, poi quando ho scritto la frase sui Jalisse, ho detto "Ah, farebbe ridere portarla a Sanremo". Eh è successo così.

Tra l'altro, tra l'altro quella frase che ti inseguirà per tutto Sanremo, anzi penso che ti insegua già adesso, no?

Da prima ancora perché già alla presentazione Carlo Conti l'ha citata sul palco.

Come l'hanno presa?

Li ho beccati e sono tranquilli, hanno grande senso dell'umorismo, sono delle gran belle persone, ci siamo sentiti perché mi sarebbe dispiaciuto se gli fosse arrivato il messaggio sbagliato, quindi ci siamo ci siamo visti e sono contento che l'abbiano presa nel modo giusto.

Mi racconti un po' la canzone, anche come nasce anche nella scrittura?

Nel testo dico pochissime frasi che sono opinioni mie. Il grazie e ma no grazie è sempre mio, il resto è tendenzialmente un elenco o di frasi altrui o di racconti di posizioni in cui gli altri si pongono, no? Anche la parte del chi non sa più come scrivere, non sa come parlare, in realtà sto raccontando gli altri. Io non sono mai protagonista di questa canzone, è un elenco a cui rispondo no grazie sulla falsariga del monologo di Cyrano de Bergerac, dell'ottava scena del secondo atto. Quindi è nata un po' così, non è il primo pezzo che faccio con questa struttura narrativa di elenchi, no? Secondo me, un pezzo a elenco, se scritto nel modo funzionale è anche facile da ricordare, ti porta avanti fino alla fine della canzone in maniera strutturata e mi piaceva. Quindi non è un pezzo così lontano da "Io non sono razzista ma…" come concetto. Ovvero, un elenco di luoghi comuni di frasi fatte sul razzismo e l'immigrazione, in quel caso, mentre in questo caso invece su altri temi, ma comunque frasi fatte. Il pezzo di per sé affronta, dritto per dritto, il conservatorismo che vedo dilagare nel nostro paese oggi.

È vero, sono tutte frasi fatte, ma sono tutte frasi fatte dette da un determinato tipo di persona che è il conservatore.

Il conservatore che può essere anche un ragazzo molto giovane: certe frasi le ho sentite dire da ragazzi e ragazze molto giovani, che è la cosa che mi spaventa di più. Però sì, è contro il conservatorismo, cioè contro la paura del cambiamento, contro questo arroccarsi dietro le certezze, lamentandosi di tutti i piccoli cambiamenti anche nella comunicazione, anche nella nostra lingua che stiamo attraversando, visto che comunque è un momento anche rivoluzionario a livello comunicativo e invece ci arrocchiamo dietro queste certezze a difesa della lingua italiana, poi non sappiamo usare i congiuntivi. Insomma, queste cose qua che mi annoiano moltissimo, quindi, sì, è una presa in giro del conservatorismo, senza dubbio.

Tra l'altro è l'unico pezzo veramente politico al festival.

Ti dico la verità, Carlo ha sentito il pezzo, gli è piaciuto subito, e non ha neanche accennato all'eventualità di modifiche, veramente, io non ho subito questa sensazione che lui avesse dei limiti nei confronti delle canzoni che gli sono arrivate. E devo dirti, nel suo citare parti della canzone fin da subito, mi sono sentito molto ben accolto da Carlo, e lo ringrazio una volta di più perché ho apprezzato davvero tanto e sono orgoglioso che gli sia piaciuta la canzone. Però sì, in qualche modo, rispetto agli altri, da quello che posso aver letto e sentito sentito, sembrerebbe di sì: so che Rocco Hunt ha messo qualcosa di sociale nella sua canzone sul tema dell'emigrazione, se non ho capito male, ovvero un tema socialmente molto rilevante. Andare su un palco come quello di Sanremo, che arriva a così tanta gente, così tanto ampio e non dire proprio niente, niente, niente, in un momento storico in cui io non mi sento del tutto a mio agio nel mio Paese, mi sembrava un po' un'occasione sprecata, tutto lì. Poi ho cercato di raccontarlo col massimo dell'ironia e con una leggerezza anche musicale più marcata di altre volte nella mia carriera senza dubbio, però l'ho fatto perché secondo me sarebbe stato un peccato, cioè io qualcosa da dire sul momento storico, perché non dirlo!

Willie Peyote (ph Chiara Mirelli)
Willie Peyote (ph Chiara Mirelli)

Tu citavi Rocco, ma c'è pure Fedez che parla di depressione, quindi temi, diciamo, non d'amore, ma la differenza è che loro usano soprattutto l'io, mentre tu, in qualche modo parli di noi, usi un plurale. E forse la differenza sta qua, oltre al fatto che non sono temi propriamente politici, nel senso stretto del termine.

Mi piace molto questa cosa, mi hai fatto pensare al fatto che probabilmente inconsciamente è anche una risposta al fatto che oggi trovo l'individualismo imperante nelle nostre vite. Siamo tutti molto soli e pensiamo solo a noi stessi, nel senso anche nel racconto di noi attraverso i social, nel mettersi in mostra. Quella società così individualista in cui si è perso un po' il senso di collettività, a me un po' spaventa, quindi probabilmente inconsciamente questo ragionamento l'ho fatto. Preferisco comunque sempre parlare di noi che non di me. Lo trovo comunque più interessante il noi dell'io, nel mio caso, non dico che sia per forza così, però mi hai fatto pensare a un altro punto di vista a cui non avevo ancora pensato.

Hai scelto di andare ai duetti con Federico Zampaglione e Ditonellapiaga cantando Califano, un artista che quest'anno verrà omaggiato anche da Tony Effe, sia nella sua canzone che nel duetto con Noemi. Raccontami come mai quest'amore per il Califfo.

Secondo me Califano è un grande autore che può essere declinato in tanti modi diversi e sono certo del fatto che, per quanto abbiamo radici similari come genere, io e Tony racconteremo due due colori di Califano, perché siamo due persone diverse. Credo che sia interessante vedere come si possa declinare un grande autore come lui in due modi diversi, cioè la veracità, la romanità preponderante nel nell'immagine di Califfo, ma nel pezzo che ho scelto io ci sono in realtà una profondità e una poesia nel racconto della decadenza che non è qualcosa che tanti autori hanno saputo avere con quella lucidità nella loro carriera, cioè Califano era anche molto profondo nella sua scrittura, capace di non nascondersi dietro un dito e raccontarsi fino in fondo anche nei lati negativi di sé. Quindi, la risposta è chel'ho scelto perché secondo me è uno dei più grandi e quel brano è uno dei miei preferiti in assoluto.

Partendo dal fatto che mi sono un po' scocciato dell'idea per cui se vuoi puoi, che solo il lavoro, l'impegno ti fanno arrivare a un risultato, che sembra sempre quella roba ansiogena, per cui se non ce la faccio è perché è solo colpa mia, ti faccio una domanda che è anche una minirubrica: qual è la botta di culo che ha permesso a quel lavoro – che do per scontato che sia fatto  e a Guglielmo di diventare Willie Peyote?

La vera botta di culo è stata la possibilità di licenziarmi perché se anche fossi finito sotto un ponte perché la musica non mi dava abbastanza soldi, avevo una famiglia e una situazione economica tale per cui non sarei morto di fame. E questa è già la più grande botta di culo in assoluto, perché tu devi scegliere fra mangiare e inseguire il tuo sogno, o far mangiare la tua famiglia, peggio ancora, ed è ovvio che i sogni vengono sempre dopo le esigenze, quelle vere e stringenti, quindi ti posso dire che la mia botta di culo è stata avere la fortuna di poterlo fare, innanzitutto, che non tutti hanno. La seconda botta di culo sono le persone che ho avuto la fortuna di incontrare: da Primo Brown a Tormento, e vedere Torme su palco all'Ariston mi rincuora perché lui e Primo furono i primi a dirmi: "Guarda che finché lavori non hai abbastanza fame per inseguire la musica davvero". Quindi anche incontrare loro in quel momento della mia vita mi è servito. Le persone che ho incontrato, i ragazzi della band che da allora mi seguono per la mia fortuna, tutte le persone che ho incontrato sono state una botta di culo, riuscire a tenersele vicine è stata una botta di culo e quindi sono tante, però la principale, c'è poco da nascondersi, è che io ho avuto la possibilità di licenziarmi, è quella una fortuna che non tutti hanno. Sì, è bello, romantico, dire: ho seguito i miei sogni, mi sono licenziato, sono il primo ad averla raccontata così, però la verità vera è che c'è chi questa scelta non la può fare e magari sarebbe il più grande autore del mondo, però non la può fare. ‘Sta roba del volere è potere è proprio è una truffa del capitalismo, una truffa bella e buona.

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