Se un complottista diventa un eroe, il corto con Lucio Patanè a Cannes
In un'edizione del Festival di Cannes particolarmente prolifica e per l'Italia, c'è anche "Il barbiere complottista", corto diretto da Valerio Ferrara, presentato in anteprima mondiale nella Selezione Ufficiale La Cinef, dedicata ai film prodotti dalle scuole di cinema di tutto il mondo.
L'opera racconta la parabola di un uomo vittima e artefice di quel complottismo che è, abusando di un'iperbole, il virus più penetrante e contagioso del tempo che stiamo vivendo. Il protagonista del corto, interpretato da Lucio Patanè, è letteralmente ossessionato dalle più abusate teorie che serpeggiano nel nostro quotidiano, sia il territorio di discussione una chiacchiera da bar o una scrollata di smartphone. Sintesi del suo complottismo cronico è il nome del blog che cura, la frase che meglio sintetizza questa sindrome: non ce lo dicono.
Un'ossessione, quella del barbiere complottista, che si insinua nelle sue giornate fino al parossismo di credere che ci sia un linguaggio nascosto dietro l'intermittenza dei lampioni di Roma. Si spengono e si accendono, un motivo ci sarà. Fisime che lo portano all'emarginazione lavorativa, societaria e familiare, fino a quando una sera la polizia si presenta a casa sua, lo mette in stato d'arresto e lo costringe a una notte in prigione adducendo come motivazione strani movimenti sul suo computer.
In cella il barbiere, dopo la paura iniziale, si rende conto del fatto che le sue avventurose teorie attecchiscono, quel complottismo che credeva causa del suo arresto e che stava iniziando a vacillare finisce per corroborare le sue convinzioni davanti al consenso e il sostegno dei compagni di cella. Ché alla fine il complottismo è un germe che si annida in ognuno di noi, basta stimolarlo e non c'è condizione migliore della cattività per alimentarlo. Emerge tuttavia che le ragioni dell'arresto del barbiere complottista non abbiano nulla a che fare con la sua attività di controinformazione, bensì a un semplice errore. Motivazione che potrebbe convincere chiunque, tranne un complottista. L'accoglienza da eroe che gli verrà riservata una volta tornato a casa è un'epifania, quello stesso mondo che lo osteggiava e dileggiava, adesso lo venera come un eroe impavido davanti al potere.
Un'opera, quella di Ferrara, che pur nella sua brevità ci consegna un ritratto di questo tempo storico, in cui impera un vittimismo dilagante che si alimenta figurandosi l'esistenza di un presunto potere pronto a zittire le voci alternative, legittimando l'esistenza stessa delle voci alternative. Gli ultimi anni ci hanno insegnato che una cosa possibile diventa dato di fatto anche se niente può dimostrare che effettivamente sia accaduta, solo perché potrebbe potenzialmente accadere. Quale sia la convenienza a cadere in certe trappole di illogicità è difficile a dirsi, per uscire da un labirinto simile è buona usanza quella di affidarsi alle parole di Umberto Eco, quando ci disse, in buona sostanza, che le persone credono ai complotti per non accettare la realtà.