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Opinioni

Sanremo senza Rai o il festival in un’altra città: nessuno farebbe l’albero di Natale ad aprile

La sentenza del Tar che ritiene illegittimo l’affidamento diretto di Sanremo alla Rai apre a scenari rivoluzionari per il futuro del festival. La Rai, a sua volta, dice che potrebbe organizzarlo ovunque. Questioni giuridiche legittimo che non tengono conto del più efficace collante sociale: la tradizione.
A cura di Andrea Parrella
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La posizione della Rai sulla possibilità di perdere Sanremo – "Potremmo organizzarlo ovunque, anche a Torino, oppure farlo in forma itinerante" – è risibile tanto quanto la convinzione secondo cui altre reti ed emittenti potrebbero organizzare lo stesso evento. La possibile rivoluzione di cui si parla in questi giorni, dopo la sentenza del Tar che ritiene illegittimo l'affidamento diretto alla Rai e impone, di fatto, un bando pubblico per la concessione del marchio "Festival della canzone italiana" di proprietà del comune stimola un ragionamento sulla ricorrenza laica più divisiva di questo Paese, un evento senza eguali al mondo, cui infatti si ispira lo stesso Eurovision che da qualche anno è tornato ad avere una sua rilevanza anche da noi dopo anni di buio.

La sentenza del Tar mette in discussione quanto sostenuto dalla Rai, ovvero l'inscindibilità tra il marchio, che appartiene appunto al comune, e il format, che invece è della Rai. Per ragioni giuridiche assolutamente comprensibili, i giudici ritengono che questo vincolo non ci sia. Allo stesso tempo non si può rinunciare a un ragionamento speculativo che oltrepassa la legge e si concentra sull'architrave di una comunità: la tradizione. Sbeffeggiata perché osservata, è un potentissimo collante sociale che, volente o nolente, compatta un popolo. Sanremo lo dimostra ogni anno, attrattore di polemiche, critiche, entusiasmi, calamita e calamità a seconda del posizionamento che si intenda prendere sul tema, è in grado di fermare un paese per settimane, alcuni giorni in particolare.

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Ebbene, piaccia o no, è in un piccolo cinema-teatro di Sanremo, adattato a tempio per una settimana, che ogni anno si consuma questo assurdo e sontuoso evento nazionalpopolare. Ed è sulle reti Rai che questa cosa accade, perché la Rai c'era prima dell'Ariston. È lì che avviene una magia intoccabile, di cui è possibile alterare i dettagli ma non la sostanza, cambiare gli addobbi e i colori ma non la struttura, le luci di contorno ma non la forma, gli interpreti ma non il tempo. Se qualcuno ha detto che Sanremo è Sanremo non lo ha detto per caso e Sanremo, piaccia o no, è la Rai. Nessuno addobberebbe l'albero di Natale ad aprile.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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