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“Sanremo senza Rai? È possibile”: l’intervista a Sergio Cerruti, l’uomo che sta facendo tremare il Festival

Sergio Cerruti è il manager che ha vinto il ricorso contro la Rai e sta “rischiando” di smontare il Festival per migliorare le condizioni di tutti: “Mazza parla solo ora, quando rischia di perdere il controllo. C’è stato immobilismo assoluto e sono stato bullizzato per aver difeso i giovani artisti”. Le proposte concrete per salvare il prossimo Sanremo.
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Se la Rai non è più sicura di organizzare il prossimo Festival di Sanremo, lo si deve a lui. Sergio Cerruti, il manager che con la sua Just Entertainment ha vinto il ricorso al TAR producendo un terremoto politico e mediatico. Presidente dell'AFI (Associazione Fonografici Italiani), Cerruti porta avanti da anni una battaglia per la trasparenza e l'equità nel mondo discografico italiano. In questa intervista per Fanpage.it, ci racconta le origini di una controversia che risale al 2019, quando già denunciava i compensi irrisori per i giovani artisti partecipanti alla kermesse.

Una vicenda che oggi mette in discussione l'intero assetto del Festival, tra bandi pronti a essere impugnati, dichiarazioni infuocate e botta e risposta con gli altri attori – tra tutti il presidente di FIMI Enzo Mazza. All'orizzonte, c'è un futuro che appare quanto mai incerto. Con toni decisi e senza mezzi termini, Cerruti svela retroscena inediti di una battaglia che, come lui stesso afferma, "ha smontato il Festival di Sanremo così come lo conosciamo".  L'attesa – e la tensione – cresce per la sentenza sul ricorso al Consiglio di Stato del prossimo 22 maggio. "Negli ultimi 3-4 anni non c'è mai stata una riunione tra associazioni di categoria per parlare del Festival di Sanremo. Negli ultimi due anni, l'AFI è stata esclusa dalla Rai dalle riunioni, che venivano fatte solo con FIMI e PMI, per colpa delle mie posizioni non allineate". E punta il dito: "Per me sono colpevoli tutti: l'amministratore delegato della Rai, il presidente della FIMI, il presidente delle multinazionali, il sindaco e il Comune. La colpa è loro".

Cerruti, siamo a un momento topico per quello che il destino del prossimo Festival di Sanremo. Facciamo chiarezza per quanti ci leggono. 

Mi fa un po' specie che nella narrazione di tutti i giornali, a un certo punto, si sia perso l'origine di questa vicenda. Non lo dico per protagonismo, ma perché c'è una differenza tra comunicare e informare. Se un giornale o le testate vogliono informare – e l'ideale sarebbe fare entrambe le cose, perché altrimenti l'informazione diventa noiosa – bisogna trovare un equilibrio per capire da dove siamo partiti e come siamo arrivati qui.

Intanto, abbiamo sentito le posizioni di Enzo Mazza, CEO di FIMI, il quale minaccia di ritirare gli artisti come nel 2004.  

Io non l'ho mai sentito tuonare contro la Rai durante le riunioni a cui ho partecipato come testimone oculare. Già nel 2019, a Striscia la Notizia – e ci sono i servizi online a dimostrarlo – mi lamentavo del fatto che i giovani prendevano solo 2.000 euro. Questo mi è costato un "daspo" e l'antipatia non solo della Rai, ma anche di qualche mio collega. È una battaglia che noi, come AFI, portiamo avanti da tempo.

Questo quanto ti è costato?

Ti assicuro che sono stato bullizzato dal mercato: alcune multinazionali non vogliono lavorare con me, citando le mie cosiddette "posizioni politiche". Ma quali sarebbero queste posizioni? Chiedo solo che i cantanti vengano pagati di più – gli stessi cantanti che il presidente Mazza dice essere il vero contenuto del festival. Chi li ha sempre difesi davvero? Mi sento io il presidente dei discografici, e lo dico con onore, perché l'ho dimostrato sul campo, non a parole. Mazza, invece, è nella stanza dei bottoni più di me, visto che rappresenta il 90% del mercato. Adesso, l'unica volta che la Rai fa il servizio pubblico, Enzo Mazza fa il servizio della Rai.

La mia impressione è che la situazione è di difficile risoluzione, sembra che ci sia un tutti contro tutti. 

Per onestà intellettuale, perché voglio rimanere equilibrato, c'è un bando dove non c'è nemmeno scritto che l'operatore che prenderà il festival in appalto dovrà indennizzare l'industria o trovare un accordo con loro. Questo ti fa capire che il vecchio sindaco non ci capiva niente, e questo nuovo ancora meno. Basta con gli avvocati prestati alla politica! I politici dovrebbero avere un'abilitazione per fare i politici. L'avvocato Mager (il sindaco di Sanremo, ndr) ha fatto un disastro, è riuscito a far arrabbiare tutti. Se fai un po' di zoom out, c'è una situazione singolare: tutti litigano con tutti e nessuno ha avuto la lungimiranza, la capacità o forse gli attributi professionali per capire che stavamo andando in questa direzione. Io, dal 2019, mi lamento dei rimborsi e della mancanza di confronto con l'industria sull'applicazione del regolamento. Le regole sono regole, anche per chi fa il presidente da 30 anni e che avrebbe dovuto sollevarle per primo. Non dovrebbe essere la piccola AFI, con il 10%, o io, Cerruti, da solo, a farlo.

Ti senti una sorta di Davide contro Golia in questo momento?

Me lo hanno detto. Mi hanno dato del pazzo per essermi avventurato in un'azione simile, ma ribadisco: per anni c'è stato un immobilismo assoluto. Mazza è chiaramente responsabile, insieme agli altri tre presidenti. Finché le multinazionali si prendevano 27 cantanti su 30, stavano zitti e andava tutto bene. Ora che rischiano di non vedere i loro interessi tutelati come vogliono, hanno sollevato un gran marasma, per bocca del presidente Mazza, che secondo me l'ha fatto in maniera un po' malvagia.

Cosa potrebbe accadere dopo la sentenza del 22 maggio?

Se avrò ragione, avrò smontato il Festival di Sanremo così come lo conosciamo, e ci voleva me dopo 20 anni. Bisogna decidere: vogliamo un paese con regole o senza? Per un paese senza regole c'è il presidente Mazza, con le regole ci sono io. Non voglio rinunciare allo spettacolo, ma scusami: se vogliamo costruire una casa, ci vogliono i permessi; se vogliamo guidare, ci vuole la patente; se andiamo in autostrada, dobbiamo pagare il pedaggio.

Ma è davvero possibile pensare a un Sanremo senza la Rai?

Non ho bisogno di sforzarmi. Ti dico sì: è possibile un Sanremo senza la Rai. Il calcio, per esempio, negli anni '90 era impensabile che andasse via dalla Rai. È un retaggio storico. Certo, mi dirai che forse l'unico che potrebbe farlo è Berlusconi con Mediaset. In un'Italia politicizzata come la nostra, magari si sblocca anche la questione della presidenza e si apre una crisi di governo.

Però pare che Mediaset non sia intenzionata a partecipare alla gara. 

Lo vedremo il 22. Io ho conosciuto tanta gente che dice "non voglio fare il presidente" e poi è la prima a candidarsi. Ci crederò quando ci sarà il bando e loro non si presenteranno. Se sarà così, non ho dubbi che possa succedere, ma mi tengo il beneficio del dubbio: dobbiamo vedere se si presenterà qualcun altro. Ti do comunque due suggestioni. La prima: può essere anche senza Rai. La seconda: non ho niente contro la Rai, ma se la Rai lo può fare, perché ha paura di fare una gara? Io gli ho solo detto: "Fatela, ve lo riprendete e lo fate secondo le regole, come facciamo tutti". Le regole valgono anche in Viale Mazzini, non sono al di sopra delle regole. Questa è la verità.

Ti faccio un'altra domanda "impossibile": è possibile pensare a un Festival lontano da Sanremo?

Assolutamente no, sarebbe un errore. Sarebbe come ammettere per la Rai di aver fatto il festival illegalmente per 20 anni. È come un bambino che dice: "Allora non te lo do, me lo porto via e lo faccio in un'altra città". Questo significherebbe ammettere che l'hai fatto illegalmente. Fai la gara, la vinci e continui a farlo a Sanremo. Il Festival di Sanremo è di Sanremo. E anche quo, il presidente Mazza se ne esce con: "Andiamo a Torino, siamo più comodi". Ma chi è il rottamatore? Questo presidente ha bisogno di dire cose assurde per avere popolarità o copertura? Il Festival di Sanremo a Torino, per cortesia!

Vincenzo Russolillo di Casa Sanremo, proprio in una intervista a Fanpage.it, ha detto in tempi non sospetti che c'è stato un mondo discografico, tra cui AFI, che è stato completamente estromesso. In questo mare magnum di opinioni, c'è chi ti tende la mano. 

Ecco, Vincenzo è un imprenditore che ha sempre cercato di essere in prima linea, di trovare una soluzione e mettere insieme le cose. Io gli riconosco questo. Ha investito tanto a Sanremo: immagina se Sanremo andasse via. Lui ha un contratto per l'area di Casa Sanremo per 6 anni. Che fa? Si ritrova con tutti gli investimenti fatti e niente in mano. Non è giusto.

Federico Cirillo di Island Records ha aggiunto un altro punto di vista. A Fanpage.it ci ha detto che Sanremo e l'Ariston non sono più adeguati. 

L'Ariston è inadeguato, sì, per il tipo di produzione che si vuole fare. O si fa una produzione più piccola – tanto a casa, in televisione, non si capisce se il palco è 200 metri o 150 – oppure si considerano le megalomanie di registi e autori. In Inghilterra fanno cose nei teatri, a volte anche più piccoli, e non si lamentano. Qui vogliono fare navi speciali con lingue che scendono: ma questo è un festival di musica, non di tecnologia! Se vuoi quello, ti servono studi alti 40 metri con una profondità di 80. L'unica colpa, in senso costruttivo, è del patron dell'Ariston. Ha qualche soldo: non per cambiare l'esterno o togliere quell'area vintage, ma almeno per i camerini! I camerini sono sempre gli stessi, e i cantanti, giustamente, dopo un po' si stufano. Lui spende 1,8-2 milioni di euro a stagione, una cifra indecente per quel posto, e non si vede mai un miglioramento, nemmeno un pezzettino. Secondo me, il Festival di Sanremo si può fare a Sanremo, ma forse bisognerebbe delocalizzarlo.

Per esempio, come? 

Io avevo proposto, perché sono una persona inclusiva come Vincenzo (Russolillo, ndr), di affidare questa cosa a tutti gli attori interessati, magari con una cordata guidata da Walter Vacchino (patron dell'Ariston, ndr) e i suoi figli. Potrebbero fare un Pala Ariston o un Pala Sanremo, una struttura che li coinvolga. L'avevo detto al sindaco all'epoca: coinvolgiamoli, è giusto che non rimangano a piedi. Cerco sempre di trovare una dimensione corretta e giusta. Poi, la festa l'abbiamo sempre fatta, si può sempre fare, ma bisogna mettersi di bocca buona. Il tema è sedersi e dire: "Non posso pagare un tugurio 4.000 euro a settimana". Questo lo deve fare il Comune, che è stato inadeguato nel mettere le parti sociali a un tavolo – gli albergatori, l'assessore al turismo, che non si vede mai – per trovare una quadra.

Ma c'è una soluzione concreta da proporre? 

Il Comune potrebbe dare un voucher di 10.000 euro alle etichette. Tanto dobbiamo andare lì, ci aiutate a pagare, e questi soldi li riversiamo nel tessuto economico della città, quindi vanno nell'economia reale. È una partita di giro. Se hai di fronte persone con congiunzioni economiche, politiche e gestionali – come me, che sono imprenditore e produttore – fai lavorare tutti e trovi una soluzione per tutti. Ma nessuno l'ha fatto.

Riguardo le figure istituzionali della Rai cosa pensi? Come si sono comportati?

Che ci sono persone inadeguate in posizioni che non dovrebbero neanche ricoprire. Il Festival di Sanremo è la più grande débâcle legale degli ultimi anni della Rai. Ma il Governo dov'è? Ci hanno sventolato nomine di grande rinnovamento, ma che rinnovamento è stato? Hanno fatto causa a tutti, stanno perdendo, spendono soldi dei contribuenti, hanno fatto una figura schifosa. E l'ad Rossi che dice? Quando gli ho scritto per avere un appuntamento, mi ha detto che era occupato con i palinsesti – con successo, devo dire. Questa è la verità. Hanno fatto un gran papocchio. Io impugnerò tutto finché le cose non verranno fatte bene. Mi acquieterò solo quando questa industria si comporterà come tale, con rispetto delle regole, come le rispetto io.

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