Geolier tornerà a Sanremo? La risposta del suo produttore, Poison Beatz

Gennaro Petito, in arte Poison Beatz, è il produttore di Geolier. Dell'artista ha firmato alcuni dei brani più conosciuti, come El pibe de oro, Money, Cadillac e anche I p’ me, tu p’ te, che ha cantato a Sanremo 2024, classificandosi al secondo posto dietro Angelina Mango. A Fanpage.it, Petito racconta i retroscena sull'esperienza che hanno vissuto insieme al Festival, dalla sfilata in tuta sul green carpet alla reazione ai fischi dopo la vittoria nella serata delle Cover: "È stata una settimana impegnativa fisicamente ed emotivamente, ma cantare in napoletano all'Ariston era più importante di ogni circostanza". E sui progetti futuri: "Quando avremo il pezzo giusto, torneremo a Sanremo. Quello di quest'anno è stato solo un momento di pausa".
A Sanremo 2024, Geolier si è classificato al secondo posto tra le polemiche di un presunto televoto falsato. Come ha vissuto quella settimana?
È stata un’esperienza incredibile, ma anche distruttiva. Aveva gli occhi di tutti addosso, lui lo percepiva e cercava di gestire la pressione. Provava per ore per riuscire a cantare tutto il brano senza perdersi parole, cosa che spesso succede nel rap. Si svegliava tutti i giorni alle otto, iniziava le interviste alle nove e finiva alle sette di sera, poi tornava in hotel e si preparava per esibirsi all'Ariston. In più, c’era l'ansia da prestazione, credo che abbia perso molti chili in quel periodo.
Da anni sei il suo deejay personale, quanto è stato importante il fatto di avere accanto qualcuno di cui potersi fidare in quei giorni di caos?
Credo sia fondamentale avere un punto di riferimento, in quella settimana molti gli stavano attorno fingendosi suoi amici, ma io sono stato al suo fianco giorno dopo giorno. Dalle prove in studio, alle discussioni a notte fonda in hotel dopo le esibizioni. Ogni volta che Amadeus annunciava I p’ me, tu p’ te all'Ariston sentivo un'ansia assurda, perché sapevo quanto lui ci tenesse e speravo non sbagliasse neppure una nota. Per lui è stato come vivere in una bolla, ma nonostante le circostanze era concentrato su un unico obiettivo.
E qual era?
Quello di portare un brano scritto completamente in dialetto a Sanremo. Ogni sua scelta è stata dettata dalla voglia di scardinare le regole e ribaltare gli schemi, come quando si è presentato sul green carpet con la tuta del Napoli. Quella fu proprio una sua idea, pensata all'ultimo secondo. Infatti, quella che indossava non era la tuta ufficiale della squadra, perché si attivò tardi e non riuscì a trovarne una della sua taglia. Comprò una maglia del Napoli e disse al suo staff di scucire lo scudetto e applicarlo sulla felpa. Sui social molti commentarono l'episodio, scrivendo: "È un cafone, è fuori luogo", ma lui era felice comunque, voleva distinguersi a ogni costo.

Come reagiva alle continue critiche?
Cercava di isolarsi, di non ascoltarle, come fa di solito. Non erano riuscite a turbarlo nemmeno le polemiche sul modo in cui era scritto in dialetto il testo della canzone.
Vi siete mai pentiti di aver portato I p’ me, tu p’ te a Sanremo? Col senno di poi, avreste scelto un altro brano?
No, perché Sanremo l’ha vinto comunque, con quella canzone. Già con l'album Il coraggio dei bambini era riuscito a portare il napoletano su scala nazionale, ma nessuno prima aveva fatto una cosa del genere al Festival. Dai numeri degli stream avevamo già capito che l'Italia aveva cominciato ad apprezzarlo, ma Sanremo è un’altra cosa. Ti trovi davanti persone che magari non vorrebbero ascoltarti e devi riuscire a fargli cambiare idea.

Parliamo del momento dei fischi dopo la vittoria su Angelina Mango nella sera delle Cover. Sul palco, Guè gli fece cenno di guardare lui e non la gente che andava via. Ci rimase molto male?
Quella è stata sicuramente una delle prove più difficili da superare. Quando rientrò in albergo, quella sera, non esternò nulla, ma era palese che la cosa l'avesse colpito. Sapeva che molti non lo avrebbero capito, ma davanti a certe scene nessuno resterebbe indifferente. Ad ogni modo, credo che quei fischi siano stati per lui una spinta, una sorta di stimolo a fare ancora di più, in vista della finale.
Pensava di meritare la vittoria?
Al televoto riuscì a ottenere l'80% dei voti, per il pubblico è stato lui il vero vincitore, questo è quello che conta.
Dopo il Festival, la sua carriera ha raggiunto l'apice del successo. L'avevate previsto?
Nulla di tutto quello che è successo dopo sarebbe stato prevedibile, quando tornò da Sanremo trovò tutta Napoli ad aspettarlo, ebbe bisogno addirittura di protezioni per uscire di casa. Anni fa, all'inizio della nostra collaborazione, lo accompagnavo in tour in giro per l'Italia e avevamo paura di non riempire i locali al nord. Ricordo ancora la sensazione di veder cantare per la prima volta in napoletano il pubblico a Torino e a Milano. Lì capimmo che ce l’avrebbe fatta.
Perché quest’anno non siete a Sanremo?
Perché ci siamo presi una pausa. Geolier ci tornerà prima o poi, non è una cosa che escludiamo a prescindere, ma dopo il Festival e il tour estivo questo è stato un anno impegnativo, era necessario fermarsi un attimo.
Quindi tornerete?
Se avremo il pezzo giusto, sì. A Sanremo non ci si va mai tanto per andarci, soprattutto se ti chiami Geolier.