Il podio sarebbe stato la giusta ricompensa per Marco Mengoni. È sfuggito via al fotofinish, dopo che il voto lo aveva visto stabilmente tra i primi tre dall'inizio alla fine (quasi). È quindi un quarto posto che sa di beffa quello che l'artista di Ronciglione porta a casa, ma in realtà c'è ben poco per cui essere tristi. Il risultato di Marco Mengoni è infatti una conferma di un trend positivo dell'Italia a Eurovision. In top ten da dieci anni, con una vittoria all'attivo e un secondo posto, l'Italia ha dimostrato anche questa volta di essere in grado di presentare un prodotto musicale identitario e, al contempo, di respiro internazionale.
La retorica sciovinista rischia di scorrere a fiumi, ma in effetti è difficile non vedere una serie di tasselli che si incastrano nei risultati ottenuti dall'Italia in questi ultimi anni all'Eurovision Song Contest. Una filiera che parte evidentemente dal Festival di Sanremo. Non solo perché quello dell'Ariston è il palco che proietta vincitori verso Eurovision, ma soprattutto per l'evidente stato di salute che la kermesse sanremese ostenta da anni e che agevola un discorso di continuità tra le proposte che arrivano all'Ariston per poi finire a sul palco della manifestazione non sportiva più vista al mondo.
Eurovision, che altrove è forse l'equivalente di Sanremo, non è di certo un punto fermo del nostro tessuto culturale, anche perché qui Sanremo c'è già. Ma a dispetto di un tempo in cui le due manifestazioni parevano viaggiare in direzioni diametralmente opposte, oggi appaiono convergenti in maniera naturale e non come effetto di una progettualità specifica, unite da un'idea di modernità in cui target di pubblico di diverso taglio possono coesistere. Insomma, Marco Mengoni non ha riportato a casa Eurovision, ma è chiaro che per l'Italia Eurovision non è più una partita che si gioca fuori casa. E lui, con la sua sontuosa esibizione ha certificato questo dato di fatto.