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Incredibile Sanremo, quando Stevie Wonder era in gara al Festival e fu eliminato dopo tre minuti

Come se oggi Taylor Swift, Beyoncé o Bruno Mars andassero a Sanremo, non come super ospiti ma in gara, e fossero eliminati dopo la prima esibizione. A Sanremo sono successe cose incredibili, come la partecipazione lampo di Stevie Wonder del 1969.
A cura di Andrea Parrella
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Ci sono storie di Sanremo che sembrano assurde e questa è una di quelle. Tocca fare un grande lavoro di immaginazione per pensare a uno scenario comparabile a quel Sanremo, scomodare nomi giganti della musica internazionale contemporanea e pensarli all'Ariston. Taylor Swift, Bruno Mars, Billie Eilish, Beyoncé, sul palco di Sanremo. Ma non come super ospiti, bensì in gara al festival dei fiori. Solo con parallelismi di questo calibro si ha la percezione chiara di quello che successe a Sanremo 1969, quando Stevie Wonder, con all'attivo diversi album e record in classifica, partecipò in gara a Sanremo e fu eliminato dopo essersi esibito solo una volta.

Sanremo allo sbando, la crisi del 1962

Era iniziato tutto con il ritorno al passato di Sanremo 1962. Un anno prima aveva fatto irruzione al Casinò, storica sede del Festival prima dell'Ariston, il ciclone Adriano Celentano, che con Little Tony non aveva vinto, ma con 24mila baci era arrivato secondo facendo intendere il vento nuovo che spirava nella musica italiana. Sembrava la rivoluzione, ma il 1962, invece, è un anno in retromarcia. Quell'edizione è la prima organizzata da Gianni Ravera, Lenin Ravera all'anagrafe prima che il partito Fascista costringesse i suoi genitori a cambiargli nome. In carriera di edizioni di Sanremo ne organizzerà 16, ma le prime non sono le più fortunate.

Al tempo le canzoni a Sanremo venivano eseguite da due interpreti (sarà così fino a inizio anni '70) e a vincere nel 1962 sono Domenico Modugno e Claudio Villa con "Addio Addio". Modugno e Villa sono, ad oggi, i due artisti che hanno vinto più volte di tutti Sanremo (quattro volte a testa). La loro partecipazione congiunta è una sorta di patto di non belligeranza, una vittoria di cartello quasi ad evitare che uno dei due sopravanzi l'altro. La canzone, tuttavia, sembra concepita da Modugno (che ne è l'autore) quasi a tavolino, un trionfo di tradizione che a detta dei critici riporta il festival indietro di molti anni. Non cambia molto con l'edizione successiva, quella del '63, vinta da Tony Renis ma orfana della nuova "wave", quei cantanti giovani che si apprestavano a dare una svolta alla tradizione musicale italiana.

Arrivano gli stranieri al Festival, Louis Armstrong in gara

È così che nel 1964, dopo due edizioni di stallo, Gianni Ravera capisce che serve un segno di discontinuità, cambiando i meccanismi della giuria e il sistema di scelta dei cantanti. La novità vera è però che da quell'anno arrivano a Sanremo gli artisti stranieri, che di fatto si presentano in coppia con gli artisti italiani, riproponendo le loro canzoni in gara. È un segnale che va nella direzione di un'apertura importante verso nuovi orizzonti artistici e culturali. Quell'anno ci sono nomi come Ben E. King e Paul Anka, in quelli successivi arriveranno artisti come Gen Petney e Dionne Worwick, giusto per fare un paio di nomi, mentre nel 1968 partecipa addirittura Louis Armstrong. Una partecipazione bizzarra come scrive Marino Bartoletti nel suo almanacco sanremese. Per lui lì "Armstrong era un pesce fuor d'acqua: nessuno gli aveva spiegato che per un cachet da concerto (32 milioni) doveva suonare per soli tre minuti […] canta la sua canzone, attacca a improvvisare quando viene bruscamente interrotto e accompagnato all'uscita". Armstrong a Sanremo è anteprima per l'edizione successiva, che sarà apice della partecipazione degli artisti stranieri a Sanremo, tradizione che andrà pian piano sparendo nei primi anni Settanta.

Polemiche a Sanremo, Wilson Pickett canta con Battisti

Quella del '69, in questo senso, è un'edizione epocale, per i nomi che partecipano e per quanto vengano sminuiti. È un periodo decisamente tumultuoso per Sanremo, diventato un evento molto divisivo in termini di rappresentazione del reale. In quell'anno Franca Rame e Dario Fo organizzano una manifestazione chiamata "Controfestival", in contemporanea a Sanremo e nella stessa città, contestando a Sanremo di essere un "prodotto della borghesia che addormenta le coscienze". Sergio Endrigo, in gara con "Lontano dagli occhi" che arriverà al secondo posto, chiede di poter prendere parte a entrambi gli eventi e questa possibilità gli viene negata. Si ipotizza addirittura di registrare il festival al mattino e mandarlo in onda alla sera come fosse in diretta, per evitare che ci siano turbamenti, ma la contestazione in fin dei conti si rivela debole. Fatto sta che è un'annata rovente, dal punto di vista degli equilibri interni ma anche per l'incredibile proposta artistica. Tra i nomi degli stranieri in gara due in particolare si fanno notare: Wilson Pickett e Stevie Wonder. Il primo aveva già gareggiato l'anno prima con Fausto Leali, sfiorando il podio con la sottovalutata "Deborah"; quest'anno però ha un sapore diverso perché, nulla togliere a Leali, Pickett partecipa in gara con un certo Lucio Battisti – alla sua unica esperienza sanremese – e i due cantano "Un'avventura", canzone che "qualcuno" ricorderà. Arriveranno addirittura noni, a riprova di come Sanremo, spesso, bocciando una canzone, finisca per lanciarla.

Stevie Wonder in coppia con Gabriella Ferri

Il secondo artista si farebbe notare per il solo fatto di chiamarsi Stevie Wonder – già questo pare incredibile se si considera la generale idea che si ha del Festival di Sanremo in Italia come di un evento antitetico alla qualità musicale – ma c'è di più, perché è il suo cammino a essere ancora più clamoroso. Stevie Wonder gareggia in coppia con Gabriella Ferri, la canzone è "Se tu ragazzo mio", scritta dalla stessa Ferri con Pintucci. La eseguono in modo molto diverso: più intensa la versione di Ferri, molto più ritmica e wonderiana l'esibizione di Stevie, per certi aspetti un'anticipazione di quelle sonorità che nel 1972 riascolteremo in quel successo planetario che è Superstition. Nel finale ci aggiunge anche un assolo di armonica e un pizzico di improvvisazione in inglese. Ma il primo e unico Sanremo in gara di Stevie Wonder durerà appena tre minuti, visto che "Se tu ragazzo mio" si classifica penultima e non accede alla serata finale, eliminata secondo il regolamento del tempo. Qualcosa di assurdo, si penserà, ed infatti è così. Perché se qualcuno sta immaginando che il Wonder del 1969 fosse un artista ancora acerbo che veniva a Sanremo a farsi le ossa, tocca sottolineare che Stevie Wonder, 19enne all'epoca, aveva già all'attivo nove album e si apprestava a pubblicare proprio quell'anno il decimo, non uno a caso visto che si trattava di "My cherie amour". Inoltre, la sua caratura è deducibile da un record rimasto imbattuto: a 13 anni è stato il più giovane artista solista della storia a raggiungere la testa della classifica Billboard.

Insomma, immaginare che uno dei più grandi cantanti e musicisti della storia abbia partecipato in gara al Festival di Sanremo, esibendosi con una canzone in italiano, dà misura di quei tempi, gli effetti di uno scambio costante tra Italia e Stati Uniti dal punto di vista musicale e culturale, dopo le emigrazioni dell'immediato dopoguerra che avevano pesantemente influenzato la varietà della scena musicale statunitense e di cui, negli inoltrati anni Sessanta, dalle nostre parti si avvertiva un peso esotico, ma allo stesso tempo prossimo a noi. Nonostante l'eliminazione assurda dopo soli tre minuti sul palco, Stevie Wonder ha sempre ricordato l'esperienza sanremese con una certa dolcezza.

Stevie Wonder ricorda quel Sanremo con Raffaella Carrà nel 1986

Lo testimonia un cimelio televisivo conservato nelle teche Rai. Circa 17 anni dopo, nel 1986, l'artista si lasciò intervistare da Raffaella Carrà, in una puntata del programma "Buonasera Raffaella" registrata negli studi Rai di New York. È di quelle difficili da raccontare, ma si trova facilmente su Youtube e Wonder racconta cosa porti con sé dell'Italia: "Mi ricordo del Festival di Sanremo, dei viaggi fatti in treno per l'Italia, del mio amico Peter Ricci. Ricordo Gabriella Ferri, l'autrice di ‘Se tu ragazzo mio', ma anche la frase "battete le mani con me". Evidentemente qualcuno gliel'aveva insegnata prima di salire sul palco e lui non l'ha dimenticata. Sanremo è stato grande anche per storie come questa e, a proposito di un'eliminazione che non fece male, la sera della finale i fortunati che si ritrovarono in riviera quell'anno raccontano di una incredibile jam session in un locale di Sanremo. Sul palco si alternavano Stevie Wonder, Wilson Pickett, Demetrio Stratos dei Ribelli e gli Showmen.

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