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Complesso, chiamato a dare seguito al successo senza replicare se stesso. Un'equazione difficile per Carlo Conti al suo ritorno a Sanremo, a 7 anni di distanza dall'ultima volta e, soprattutto, dopo 7 edizioni che hanno cambiato radicalmente la fisionomia, ma soprattutto l'impatto di questo evento. La prima serata del Festival di Sanremo 2025 ci dice una cosa chiara: Conti conosce a menadito la matematica del Festival e quello che non sapeva ancora lo ha studiato in questi anni.
È arrivato alla prova più difficile con la sicurezza di chi ha pensato minuto dopo minuto come dovesse andare questa serata. Dentro il suo nuovo Festival ci sono tante cose, forse troppe e infatti lui corre come inseguito da qualcuno, riuscendo a chiudere in leggero anticipo una serata dal numero monstre di 29 cantanti. Poco spazio per mettere a fuoco i contenuti, l'ideologia di fondo di questo Sanremo, bisognerà attendere le prossime serate più libere.
La scelta migliore, senza dubbio, Conti la fa nella selezione di chi dovesse accompagnarlo in questa prima traversata. Non solo per la retorica del Sanremo dell'amicizia che porta anche al giusto ricordo di Frizzi, ma perché Antonella Clerici e Gerry Scotti, pur nei pochi spazi a loro concessi in una prima serata dai ritmi serratissimi, erano tirati a lucido come raramente si erano visti.
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Se Clerici aveva già fatto l'esperienza di Sanremo più volte e anche da conduttrice in solitaria, e quindi la sua nonchalance non sorprende, questa serata ha rappresentato un omaggio a Gerry Scotti. Da anni era accostato al Festival, ma mai aveva calcato quel palcoscenico. Nelle maglie di questa serata dai ritmi serratissimi Gerry Scotti non è parso mai fuori posto, sereno con l'aplomb di chi è alla quinta serata anziché alla prima, spesso è stato lui a trainare il gruppo, in una staffetta equilibrata andata avanti per tutta la sera, che forse ha il limite fisiologico di concedere poco spazio ai momenti di intrattenimento.
Scotti non ha tradito se stesso. Sul palco ha portato una leggerezza e un senso dell'umorismo che hanno ricordato, a tratti, quell'approccio velatamente dissacrante e antiliturgico che fu di Raimondo Vianello nell'edizione di Sanremo del 1998 a lui affidata, bignami per capire cosa sia il sarcasmo. Se il parallelismo appare azzardato agli appassionati, pensatelo come un pretesto per immaginare che questa di Scotti non sia stata l'ultima volta all'Ariston. Ce ne potrebbe essere una prossima, magari di un Sanremo anomalo, fuori dagli schemi classici della Rai. Esattamente come lo era stato per Vianello, nel nome di una pax con Mediaset in funzione di un omaggio alla carriera di un gigante dello spettacolo. La caratura di Scotti, seppur per ragioni diverse, non è da meno.
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