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Opinioni
Festival di Sanremo 2023

Il monologo dolente di Sanremo è la nuova gabbia dorata che imprigiona le donne

La Regina Elisabetta aveva abituato gli inglesi alle donne al potere solo con la sua presenza sul trono. In Italia, coi monologhi di Sanremo, stiamo abituando un Paese alle donne che monologano, ma rimangono ai margini.
A cura di Maria Cafagna
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Durante i funerali di Elisabetta II, molti commentatori sottolinearono come la sovrana avesse abituato con la sua sola presenza sul trono, milioni di persone a vedere una donna al potere. Pur essendo una monarca conservatrice infatti, Elisabetta avrebbe spianato la strada a tantissime donne ricoprendo un incarico che definire importantissimo è riduttivo e facendolo, tra le altre cose, da madre: Carlo e Anna, i primogeniti, sono nati quando non era ancora regina, mentre Andrea ed Edoardo sono nati dopo l’incoronazione. Prima di lei, c’era stata la regina Vittoria, un’altra monarca che ha segnato un’epoca, ma forse i tempi non erano ancora maturi per dare avere un’impatto così dirompente sull’immaginario collettivo.

Durante il regno di Elisabetta, Margaret Thatcher ha ricoperto il ruolo di prima ministra e dopo di lei ci sono state altre due donne, Theresa May e, seppure per poco tempo, Liz Truss. Nel frattempo in Germania, Angela Merkel ha ricoperto il ruolo di Cancelliera per 16 anni, tanto che leggenda vuole che un bambino abbia chiesto a sua madre se anche un uomo potesse ricoprire l’incarico di Cancelliere. Leggenda o no, in Germania un’intera generazione – la così detta generazione Merkel – è venuta su vedendo una donna ricoprire l’incarico e, allo stesso tempo, essere la persona più influente d’Europea.

Nonostante le donne citate finora siano tutte conservatrici, il solo fatto di essere arrivate a ricoprire ruoli fino a quel momento appannaggio degli uomini ha contribuito a normalizzare l’idea che una donna possa avere potere.

In narrativa esiste la tecnica detta show, don’t tell ovvero “non dirlo, fallo, mostralo” ed è proprio questo il modo in cui molte donne vivono il femminismo: incarnando i principi di autodeterminazione, dando l’esempio, agendo.

A Sanremo quest’anno abbiamo tutto l’opposto dello show, don’t tell sintetizzato egregiamente nella quarta stagione della serie Boris, ovvero non lo famo, ma lo dimo. Come nelle ultime edizioni del Festival, anche quest’anno ci sono state le co-conduttrici che non hanno co-condotto. Il format lo conosciamo: Amadeus, conduttore molto istituzionale anche se non privo di guizzi, ha una spalla maschile, prima Fiorello e poi Gianni Morandi, i due portano avanti lo show e conducono – nomen omen – la gara. Ogni sera, si fanno affiancare da una “figura femminile” diversa che arriva circa quaranta minuti dopo l’inizio della trasmissione, fa qualche sporadica apparizione scendendo dalle scale bellissima, elegantissima, bravissima, Levissima e poi, intorno a quell’orario in cui cala la palpebra, arriva per lei il momento del monologo.

Nonostante ogni anno sul palco dell’Ariston si alternano figure di primissimo piano come Antonella Clerici, Sabrina Ferilli, e Chiara Ferragni, nessuna sembra essere intenzionata a fare uno strappo alla regola e ribellarsi a consuetudine e non si vede perché dovrebbero, visto che il monologo dolente è diventato un format di successo replicato in diverse trasmissioni tra cui Le Iene (che tuttavia riserva questo momento tanto alle donne, quanto agli uomini).

Nel corso degli anni ci sono stati degli strappi alla regola: proprio Sabrina Ferilli scrisse un non-monologo lasciandosi andare a qualche riflessione a ruota libera condita dalla sua inconfondibile ironia; quest’anno Francesca Fagnani ha scelto di dedicare il suo spazio a chi non ha voce, i ragazzi del carcere minorile di Nisida. Ma rimangono eccezioni alla regola che vuole le donne ai margini. Il supremo sgarbo è avvenuto nel corso della prima serata, quando ad accogliere il Presidente della Repubblica e sua figlia, la signora Laura Mattarella, sono stati solo Amadeus e Gianni Morandi mentre Chiara Ferragni che, ricordiamolo, è una delle donne più celebri e influenti del nostro paese, se ne stava dietro le quinte. Una donna, per quanto famosa, per quanto conosciuta, per quanto stimata, a Sanremo non può stare al cospetto del Presidente della Repubblica, al massimo ci si può fare un selfie.

Esattamente per lo stesso meccanismo per cui vedere una donna al potere aiuta ad abituarsi a vedere altre donne al potere, a furia di vedere le donne ai margini ci siamo convinti che sia normale.

Durante la prima serata, Chiara Ferragni ha indossato un abito gabbia che, come gli altri sfoggiati quella sera, aveva un significato: “Liberare le nuove generazioni dagli stereotipi di genere nei quali spesso le donne si sentono ingabbiate. Questa è l’idea che Maria Grazia Chiuri ha voluto rappresentare con questo abito alta moda di Dior composto da una tuta di jersey ricamata di strass intrappolata in una gonna di tulle che prende ispirazione dall’opera di Jana Sterbak. Questo abito rappresenta la speranza di rompere le convenzioni imposte dal patriarcato”.

Peccato che anche Ferragni, come altre prima e dopo di lei, sia stata rinchiusa in un recinto, ingabbiata in un ruolo, relegata a uno spazio marginale. Per rompere il soffitto di cristallo, dobbiamo prima uscire dalla gabbia dorata in cui ci hanno messo spiegandoci che era l’unico posto possibile per noi. Per farlo serve il coraggio di rompere la liturgia coi fatti, e non con le parole. Per dirla come in Boris, a Sanremo, siamo stati più dalle parti del non lo famo ma lo dimo che da quelle del show, don’t tell.

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Maria Cafagna è nata in Argentina ed è cresciuta in Puglia. È stata redattrice per il Grande Fratello, FuoriRoma di Concita De Gregorio, Che ci faccio qui di Domenico Iannacone ed è stata analista di TvTalk su Rai Tre. Collabora con diverse testate, ha una newsletter in cui si occupa di tematiche di genere, lavora come consulente politica e autrice televisiva. -- Maria Cafagna   Skype maria_cafagna
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