Giovanni Truppi: “A Sanremo per far conoscere il mio lavoro a un pubblico diverso”
Cantautore tra i più raffinati e meno etichettabili del Paese, Giovanni Truppi arriva al Festival di Sanremo con un curriculum ben noto a chi da anni segue cosa succede nella scena meno mainstream del Paese, ma da quasi sconosciuto al grande pubblico sanremese e di Rai1. Una scommessa per lui che ha deciso di mettersi in gioco senza risparmiarsi, anzi, inserendo nel titolo anche il nome della figlia, Lucia e raccontando l'amore come solo lui sa fare.
Cosa ci fa Truppi a Sanremo?
Mi sembra un'ottima opportunità per far conoscere il mio lavoro e un palco a cui come musicista sono legato. Non è mai stato in cima ai miei desideri ma mi sono sempre detto che se ci fosse stata questa opportunità, senza andare a toccare la mia cifra, il racconto di me stesso, l'avrei fatto volentieri. Credo che questa canzone abbia le spalle abbastanza larghe per sostenere questa cosa, mi sembra che mi racconti bene: è una canzone che per me è emozionante, sanremese ma allo stesso tempo è una canzone mia.
Nella mia bolla c'è entusiasmo di vederti su quel palco, forse anche perché in tanti si sono detti, negli anni, che meritavi un pubblico maggiore… Non so se percepisci anche tu questa cosa.
Sì, in realtà forse è la cosa che mi fa sentire più responsabile. Chi ne ha pensato male evidentemente non ha detto nulla, anche perché ho solo ricevuto manifestazioni di contentezza. Ho letto questa cosa anche alla scelta della cover: mi ero detto che sarebbero partite le cannonate e invece sono stati tutti molto affettuosi.
Probabilmente anche perché non è la classica canzone deandreana: è un brano che chi lo ama conosce bene, ma il grande pubblico forse conosce meno, un brano molto politico.
Lo è e sicuramente, l'ho scelta anche per la sua connotazione politica. Credo che sarà una cosa bella anche perché c'è un ospite importante e autorevole come Vinicio Capossela, ma ho sempre paura del rischio ‘maglia di Che Guevara', nel portare queste cose così detonanti in contesti molto popolari, si rischia di ammorbidirle, ma spero che non sia questo l'effetto.
Cosa possiamo dire di questa canzone piena di persone, amore, in cui si parla di essere adulti, temi che a te sono sempre molto cari e che evolvono con te?
La vedo una canzone in connessione con le cose che ho scritto e sicuramente è legata all'avanzamento della mia età, ma in senso buono, faccio esperienze e mi incuriosiscono cose diverse e nuove. Questa inquadratura che con gli altri autori abbiamo dato al rapporto d'amore, l'associo proprio all'età, ti faccio l'esempio del matrimonio: ci sono persone che si sposano a 20 anni e cominciano a fare un ragionamento sul fatto di scegliere una persona nella buona e nella cattiva sorte, fare un progetto di vita e lo fanno molto presto, io forse con queste questioni mi ci sono confrontato più recentemente e questa canzone ne è lo specchio e la testimonianza.
Ho letto, e non sapevo, che Lucia è tua figlia…
Non è una cosa che mi va di sbandierare anche se è nel titolo quindi in qualche modo sbandiero, ho fatto coming out.
Quali sono i versi con cui presenteresti la canzone?
Non mi andava di far entrare le persone da subito dentro la canzone, ma accompagnarle, anche per incuriosirle e creare una narrazione, per questo credo che le parole del ritornello aiutino in questo, ti lasciano un po' la domanda su cos'è ciò di cui stiamo parlando, chi sono queste persone, chi è questa Lucia, mi sembra un buon modo di introdurre la canzone. L'altro è, ovviamente, l'incipit, perché è l'inizio della storia: di solito – a differenza di questa volta – io inizio le canzoni come un tema a scuola: parto dall'inizio e vado avanti quindi i miei versi di presentazione sono quelli iniziali.
Per la prima volta hai lavorato con un team più ampio che comprende, nella scrittura, anche Pacifico e Contessa: dove c'è stata maggiormente la collaborazione con loro?
La collaborazione con Niccolò Contessa e con Pacifico – ma poi anche con Marco e Giovanni perché difficilmente scindo parole dalla musica – è stata a tutto tondo sulla canzone. Devo dire che sono stato fortunato a individuare questi interlocutori perché ho trovato persone che ragionano più o meno come me sulle canzoni, quindi il processo era abbastanza simile: molte pippe mentali, molti ragionamenti, molto parlare di quello che volevamo raccontare, più che versificare in senso stretto. Di fatto ho l'impressione che essendo una canzone che manovra, gestisce, del materiale molto personale mio – c'è il nome di mia figlia, infatti – averci lavorato con persone esterne, con cui non avevo confidenza, è stato d'aiuto. Entrambi mi hanno portato un occhio esterno che mi ha rassicurato su alcune scelte, sullo stesso fatto di mettere il nome di Lucia, per esempio, se fossi stato da solo forse avrei evitato pensando che quella cosa raccontasse qualcosa solo a me.
Non li conoscevi, quindi, e come mai hai scelto proprio loro?
Per quanto riguarda Niccolò ho chiesto il suo numero di telefono a un amico comune, lo vedevo come una persona schiva quindi non davo per scontato che potesse interessargli lavorare insieme né che la cosa funzionasse, invece poi abbiamo passato dei bei momenti nel suo studio a Roma. Sia lui che Gino li ho contattati non per il progetto specifico di questo brano, ma perché mi interessava fare un po' di esperimenti con altri autori puri di canzoni. Con Niccolò abbiamo passato dei giorni a chiacchierare dei massimi sistemi e a guardare un po' le idee che avevo da parte, compresa questa canzone, Pacifico vive a Parigi, quindi non era semplice raggiungerlo e abbiamo fatto delle sessioni su Skype, che comunque sono state molto belle.
Ascoltare questa canzone accompagna anche bene verso "Tutto l'universo", la raccolta che uscirà durante il festival…
È un'idea della mia casa discografica, è un po' strano per me, ma credo che per un artista, in generale, fare una collezione di brani lo sia. Poi, in effetti, non sono così giovane, ma neanche così grande, e all'inizio mi faceva un po' strano poi devo dire che la loro argomentazione è stata molto convincente. Effettivamente c'è una platea che è molto diversa da quella a cui sono abituato a parlare di solito ed è bello potergli presentare anche le mie cose passate.
Amadeus ti ha presentato ai giornalisti come un cantautore napoletano molto famoso in Francia. Sull'onda di quello che dicevi prima, come ti presenteresti a chi, appunto, non ti conosce?
Alla fine la risposta che ho sempre è un cantautore, scrivo le mie cose, ed espandendo la domanda anche quello del cantautore è un tema di questi giorni: quando parlo coi giornalisti viene fuori questo termine e anche lì è complicato perché cosa vuol dire quella parola? Ci sono tante persone che cantano e scrivono le proprie canzoni, insomma, io faccio molta fatica con le etichette, ma risponderei: un cantautore.
Senti, da qualche anno i piani come indie e mainstream hanno perso le connotazioni classiche che le assegnavamo, tu in questo cambiamento come ti ci sei trovato?
Questa cosa dell'indie l'associo molto alle riflessioni che faccio sul cantautore, nel senso che sono dei termini necessari perché significano delle cose ma anche molto contraddittori: come nella parola "cantautore" anche in "indie" ci sono tante cose molto diverse tra loro e a volte cerco di trovare qual è la cosa che sta veramente a indicare che tu sei quella cosa lì… A me sembra naturale che quel luogo abbia trovato più consenso, una platea più ampia. Questo cambiamento è stato repentino, in un numero di anni ristretto si sono manifestate delle cose con potenza, ma era una cosa che sedimentava da tanto tempo. C'erano artisti, promoter, etichette, tutte persone che hanno costruito dalla fine degli anni 90 una cosa che finalmente è emersa.
Sanremo resta l'unico grande palco su cui ci si può esibire, ormai…
Io sono stato fortunato perché la pandemia è iniziata quando il ciclo del tour di "Poesia e civiltà" volgeva al termine, quindi mi sarei comunque fermato, ma questo non significa che siano state rose e fiori. Non per forza per la questione dei concerti – io e altri siamo abituati a periodi di fermo – ma umanamente sono mancati gli incontri e noi scriviamo a partire da questi.
Quella grafica bellissima della canzone, invece, come nasce?
Devo dirti che ho avuto questa idea e l'ho proposta a Valerio Bulla a cui è piaciuta molto. Non è la prima volta che uso la mia grafia, l'ho usata nel mio primo disco, fatta con un mio disegno in copertina e con crediti e testi scritti a mano. Essendo il brano molto intimo mi sembrava una cosa che rendeva quella idea.