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Geppi Cucciari è l’antidoto alla retorica di Sanremo

In un Festival dall’elevatissimo tasso retorico, Geppi Cucciari è un’ancora di salvataggio. Non sbaglia una battuta, scherza Conti, deride i dirigenti Rai e ci risparmia una dose di ovvio, tra le principali fonti di inquinamento della città di Sanremo nel mese di febbraio di ogni anno.
A cura di Andrea Parrella
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Qualcuno benedica Geppi Cucciari e tutti coloro che, come lei, ci risparmiano l'ovvio, tra le principali fonti di inquinamento che aleggiano sulla città di Sanremo tra la prima e la terza settimana del mese di febbraio di ogni anno.

Il terrore di chi fa e guarda la televisione è la retorica, quel fenomeno per cui qualcuno dice la cosa che crede essere la più giusta e che finisce inconsapevolmente per essere la più scomposta, assimilabile all'effetto delle unghie che corrono su una lavagna. In un Sanremo dal tasso retorico elevatissimo, Geppi Cucciari è l'ancora di salvataggio.

Tornata a Sanremo ad oltre dieci anni dalla prima volta, è come se questa fosse stata sempre a casa sua. Carlo Conti la chiama per la serata del venerdì e Cucciari non deve fare altro che essere se stessa per evitare le sabbie mobili dei luoghi comuni. La sua spontanea capacità di prendere a schiaffi qualsiasi tema domandolo, di decidere la direzione del discorso senza mai subirne l'inerzia, di deridere palesemente chiunque o qualsiasi cosa possa avere una parvenza di inattaccabilità, è una boccata di ossigeno. Da Carlo Conti scherzato per i suoi insistenti richiami alla famiglia e alla maternità, i dirigenti Rai presi di mira perché nascosti nelle file lontane, in poche battute la conduttrice spoglia di sacralità tutto ciò che ha davanti e smonta pezzo dopo pezzo t la retorica che fa da colonna sonora a un Sanremo che va in scena mentre in Italia domina un clima di retroguardia. E la magia è che tutti ridono. 

Geppi Cucciari è, di fatto, la cura all'artificiosa ricerca della frase ad effetto, è il farmaco contro le frasi fatte, la panacea di tutto ciò che è prevedibile. Non fa fuochi d'artificio, ma ogni volta che si pronuncia ha sempre qualcosa da dire, se non è una battuta è una critica truccata di sarcasmo. Qualcuno in conferenza stampa le ha legittimamente chiesto se si senta pronta ad immaginarsi alla conduzione di un festival tutto suo, decidendone le sorti. L'ipotesi pare remota, ma è notte fonda e manca solo una serata alla fine di Sanremo 2025: sognare è lecito.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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