Archiviato Eurovision 2022 siamo qui, come spettatori, a chiederci una sola cosa: è stato un caso? Il successo debordante, e francamente inaspettato, ci lascia intontiti per la portata, ma soprattutto incapaci a pronosticare se l'entusiasmo per questa edizione sia dipeso dal solo fattore Italia, oppure se in questi ascolti ci sia qualcosa di strutturale. Ma siccome a darci questa risposta può essere solo il futuro, generalmente restio a farsi intervistare, non resta che attendere per saperlo. Alcune cose, invece, l'Eurovision ce le ha dette in modo chiaro: per esempio Alessandro Cattelan e Carolina Di Domenico. Entrambi escono diversamente rafforzati da questa esperienza.
Cattelan fa il salto
L'ex conduttore di Sky potrebbe aver trovato nell'Eurovision la carta speciale che gli permetta di superare la condizione di "intruso" in Rai che stava vivendo da alcuni mesi. L'enfant prodige atteso da sempre sulle reti del servizio pubblico, viveva da mesi una fase di stallo dovuta al debutto in Rai poco incoraggiante con Da Grande. Eurovision, al contrario, è un evento che gli ha permesso di esprimersi in tutta la sua bravura, con il valore aggiunto di quel grande pubblico che fino ad ora sembrava essere la sua nemesi.
Carolina Di Domenico è sbocciata
Dall'altra parte c'è Carolina Di Domenico, da tanto tempo in Rai ma immeritatamente esclusa dai progetti che contano, veterana di Eurovision per quella peculiarità che in Italia è trattata quasi come un handicap: saper parlare inglese. Non doveva dimostrarlo a chi già la conoscesse, ma in questi giorni Di Domenico ha palesato tutto il suo talento per la conduzione, aggiungendosi con grande ironia al duo Corsi-Malgioglio e rivendicando una centralità televisiva che meriterebbe.
La generazione di quelli di Mtv
Cos'hanno in comune Cattelan e Di Domenico? Oltre a una crescita professionale spalla a spalla, rappresentano in maniera plastica la rivincita di "quelli di Mtv". La definizione, che potrebbe apparire dispregiativa, è in realtà generazionale. Il riferimento è a conduttrici e conduttori di belle speranze allevati nel vivaio dell'emittente musicale tra anni Novanta e Duemila, che hanno finito per restare ingabbiati in una condizione potenziale più per volere dell'opinione pubblica che per incapacità. Non hanno fatto solo Mtv, ma la definizione di VJ si è rivelata una zavorra. Volti di grande talento e versatilità, relegati in modo inspiegabile (o forse spiegabilissimo se parliamo del nostro paese) ad eterne promesse, stagisti della televisione a vita.
Ecco, se c'è una cosa che Eurovision 2022 ci insegna è che "quelli di Mtv" non devono più chiedere permesso. Sono bravi, intuitivi e seguiti, se messi nelle condizioni di essere seguiti.