Che piacciano o meno, da oggi in poi l’esistenza dei Ferragnez andrà digerita per forza di cose. La loro presenza sul palco di Sanremo 2023 non ha appena avuto il merito di portare il pubblico della tv sui social e viceversa, ma ha scollato definitivamente la coppia di imprenditori digitali dai riquadri di Instagram per introdurli a pieno nella cultura popolare.
Ad entrambi è stato riservato un posto in prima fila: a Chiara Ferragni una doppia co-conduzione nelle serate di punta del Festival, a Fedez il palco della nave e un cameo LGBT nella performance più attesa della kermesse. Ed ecco che scelgono immagini e simboli che li innalzano a divinità laiche dell’età contemporanea, diventano parte indispensabile nei dibattiti caldi del Paese, lanciano stoccate alle parti politiche e si inseriscono così, definitivamente, in un racconto che non può più fare a meno di loro.
Chiara Ferragni porta sul palco una collezione di quadri viventi, che confermano la sua capacità di rendere personale e denso di significato il ruolo di indossatrice. È un viaggio nei simboli del femminile. Si parte da una romantica Audrey Hepburn (la posa, lo sguardo, sembrano richiamare una delle immagini iconiche dell’attrice), che porta timidamente la bandiera della libertà femminile.
Passa poi per la scoperta del peccato originale nei panni di una Eva sensuale. L’abito che calca le forme del suo corpo lancia qualche richiamo non troppo nascosto anche alla sindone e forse non è un caso che Ferragni sul palco scelga proprio la frase “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, tratta dal Vangelo secondo Giovanni, ma riletta sotto una nuova luce, quella dell’odio sul social.
Chiara Ferragni attraversa la bellezza nei canoni neo classici, nella morbidezza dei tessuti che riportano le parole degli haters e la rendono una Atena combattiva e passionale. Infine nel suo presente si riscopre Vergine moderna, tornando al simbolo più potente nell’immaginario comune, quello della Madonna con il bambino. Nel 2021 era stata l’artista Arianna Spalletti a raffigurarla come La Vergine dei Gigli. È il simbolo della maternità, non candida ma solida, arricchita da una corazza dorata che la rende madre e soldato al tempo stesso.
Infine per il suo futuro Chiara immagina una versione bionica di sé, indossando l’utero materno ormai diventato simbolo, in una lucida trasfigurazione del crocifisso cristiano. Nella vita quotidiana veste il pantalone, le spalle negli abiti diventano ispide e le forme materne lasciano spazio alla compattezza dell’addome maschile. Sul petto la spilla a forma di rondine, simbolo della resurrezione, il trionfo del Cristo redentore.
Era il Festival di Chiara e Fedez ha provato a stare in disparte, fino a quando non ha fatto irruzione sulla scena con il rap dal testo non approvato dalla Rai che lo ha reso l’eroe martire rivoluzionario. Il rapper si sbilancia regalando un secondo quadro: quello del bacio sul palco con Rosa Chemical che fa pensare all’iconico murales di Brezhnev e Honecker sul Muro di Berlino, nell’opera di Dmitri Vrubel, ‘My God, Help Me to Survive This Deadly Love’’. È la pace politica, ma ora è anche la bandiera per i diritti LBGT e Fedez spegne così ogni polemica pregressa sul gender fluid.
Forse la presenza dei Ferragnez è stata meno palpabile rispetto a quella di Chiara Francini, che con il suo monologo sulla maternità ha squarciato lo schermo, o a quella di Francesca Fagnani, che ha fatto luce sul tema lucidissimo e attuale delle carceri minorili. Ma l’importante era esserci, così come detta la legge dei social, e i Ferragnez sono stati in questo senso impeccabili. Lasciandoci la magra illusione, con quella lite finale nel dietro le quinte, che qualcosa di imprevisto in fondo ci sia stato.