Se volessimo paragonare il mondo dello spettacolo alla vita "reale" dovremmo convenire col fatto che bisogna commisurare le nostre aspettative a tutto quello che accade su entrambi i palcoscenici, quello con i riflettori puntati e quello che viviamo quotidianamente ma di cui nessuno è a conoscenza, se non noi stessi. Quindi, anche in merito a uno sketch sul palco dell'Ariston, come quello che ha avuto luogo nella seconda serata del Festival di Sanremo, interpretato da Checco Zalone cantore atipico di una favola LGBTQ con tanto di parodia di un brano iconico come "Almeno tu nell'Universo", bisogna calibrare le aspettative. Chiediamoci: cosa ci saremmo aspettati di vedere? Parlandoci in maniera schietta: quello che abbiamo visto in prima serata é lo stesso Luca Medici che fa il pieno di incassi con film come Tolo Tolo e Quo Vado. Si tratta della stessa comicità, battuta e modalità con cui da sempre il comico pugliese ha deriso le nostre stesse nefandezze, con quel fare grottesco che esaspera e ridicolizza l'ignoranza e i luoghi comuni di cui gli italiani sono vittime e in cui hanno paura di identificarsi. Da sempre.
Quindi, ci aspettavamo che, una volta arrivato all'Ariston, avrebbe dovuto fare sfoggio di una comicità che non gli appartiene? Checco Zalone avrebbe dovuto snaturarsi e diventare un comico che non é? Se avessimo voluto una comicità diversa, più sottile, più inclusiva ci saremmo dovuti aspettare un invito a uno stand up comedian come Filippo Giardina, oppure dieci minuti concessi alla coppia Luca Ravenna- Edoardo Ferrario, già protagonisti di successo del podcast Cashemire, in cui con leggerezza ma non banalità si parla e si ride di tutto. E invece é stato scelto Checco Zalone perché, probabilmente, la sua comicità arriva, senza sottotitoli, ma soprattutto senza fingersi qualcosa che non é mai stata. Non bada alle intenzioni con cui pronuncia i suoi monologhi, come altri suoi colleghi hanno dichiarato parlando delle loro figure tapine sul piccolo schermo, perché quell'esagerazione fa parte del suo personaggio, perché è scorretto e lo é sempre stato.
C'è da dire che, forse, è l'Italia che in questi anni è cambiata, ha iniziato a dare peso ad alcune tematiche, ha iniziato a guardare con occhio e sensibilità diversa certe realtà a cui non aveva dato peso prima, ha iniziato ad ascoltare prima ancora di parlare. Il punto nevralgico della questione, a volerne trovare uno, è proprio qui: gli italiani sono diventati più attenti, anche se il monologo di Lorena Cesarini ci ha fatto notare che, invece, non sono in tanti ad aver affinato le proprie riflessioni. Sono diventati più inclusivi, sebbene la violenza continui a serpeggiare anche nei posti più impensabili. Sperare che un comico potesse darci quella lezione che dovremmo aver imparato da noi, ma soprattutto aspettarsi che sia Checco Zalone a farlo, è un'aspettativa decisamente troppo alta, quindi se proprio qualcuno ha provato vergogna ad assistere ad uno sketch come quello a cui Amadeus ha fatto da spalla, come da copione, dovrebbe ricordarselo anche all'uscita nelle sale del prossimo film da lui scritto e girato, se qualcuno si è indignato come è giusto che accada, deve solo accettare il fatto che, in fondo, quello interpretato da Luca Medici rappresenta tutto ciò non vorremmo mai essere, la nemesi di cui se si ride, con distacco, è proprio perché se ne riconosce "l'oscenità".