È stato un triennio da picconatore, per usare una semantica quirinalesca, quello che Amadeus ha tenuto al Festival di Sanremo e che ha chiuso con la vittoria di Mahmood e Blanco. Ora il presentatore può dire di aver chiuso un primo ciclo sanremese da rivoluzionatore, ma non è detto, checché se ne dica, che in futuro non possa esserci almeno un altro biennio, facendo di Amadeus il Baudo dei giorni nostri. Certo, ogni anno c'è la voglia di un cambiamento, di rinnovamento, e puntualmente ogni anno i numeri dicono che Amadeus piace: piace al pubblico, piace ai cantanti, piace anche ai giornalisti, alla fine (ad alcuni al limite della fandom).
Dicevamo del picconatore, sì, perché questi tre anni, e questo Sanremo 2022 lo dimostra, ha praticamente picconato una vecchia idea sanremese, un vecchio abito che per anni è stato cucito addosso alla kermesse più importante che a un certo punto era diventato quasi un luogo da calcare solo come super ospite. C'era il mito che l'artista popolare non poteva mettersi in gioco, non poteva perdere, e così Amadeus – con una rincorsa che ha l'inizio con Baglioni e Conti – ha deciso di rendere il Festival un evento di portata tale che cantare aveva importanza anche se non si vinceva.
Ha convinto le radio che Sanremo era il luogo in suonavano le canzoni più cool, ha portato autori e canzoni orecchiabili ma non banali (da "Ciao ciao della Rappresentante di lista a "Musica leggera"), ha tenuto qualche vecchia gloria all'inizio con l'obiettivo di arrivare a nomi importanti come Gianni Morandi e Massimo Ranieri, ha capito – facendo di necessità virtù, visto che per due anni non ha potuto invitare ospiti stranieri, portandone alcuni italiani in gara – che il ritmo al programma poteva darlo anche la musica, ma soprattutto ha creato un'empatia con gli artisti che in tanti gli hanno riconosciuto.
Nella sua frase "Possono fare di me quello che vogliono" (parafrasiamo) c'è tutta l'essenza del presentatore che ha costruito il Festival a sua immagine e suo gusto, intercettando cosa stava succedendo nella musica mainstream e fagocitandola, facendone spettacolo e regalando un palco importante e milionate di spettatori a band che i palchi purtroppo li hanno dimenticati. Il successo mondiale dei Maneskin è l'esempio di come quel palco si è trasformato. Ama è contento, si gode questi tre anni e siamo abbastanza certi che guarda al futuro.