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Beatrice Arnera: “Dopo il parto sei sola. Con il mio spettacolo il pubblico ha capito cosa so fare”

Beatrice Arnera si racconta in un’intervista. L’attrice parla del sua carriera lavorativa e della sua esperienza come madre.
A cura di Eleonora di Nonno
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Beatrice Arnera, intervistata da Vanity Fair, parla dei suoi progetti lavorativi e dell'esperienza della maternità. L'attrice, diventata madre da poco, è una delle protagoniste insieme ad Angelo Pintus del film Dove osano le cicogne.

Beatrice Arnera: "Le persone hanno capito di che cosa sono capace"

Per Beatrice Arnera misurarsi con il suo spettacolo Pronto Freud?, di cui aveva parlato a Fanpage.it, è stata un'occasione per riappropriarsi dei suoi spazi, sia sul piano personale che lavorativo. "Ho potuto dormire. Questa è stata la primissima cosa che la tournée mi ha dato – ha spiegato l'attrice – Quando uscivo di casa e andavo in altre città, dormivo da sola. E oltre al dolore per la separazione da mia figlia, sentivo la gioia per le ore di sonno recuperate". Oltre a questo, lo spettacolo le ha permesso di avvicinarsi al suo pubblico: "È stato il miglior provino della mia vita. Molte delle persone che sono venute a vedermi hanno finalmente capito di che cosa sono capace e che cosa posso fare".

Beatrice Arnera: "Quando sei incinta tutti si concentrano su di te, dopo sei sola"

Beatrice Arnera è nel cast di Dove osano le cicogne, film che tratta il tema della maternità surrogata. "Quello che ho capito io, rivivendo una gravidanza nel film, è che quando sei incinta tutti sono concentrati su di te – chiarisce Arnera – Poi, però, quando partorisci, anche se con il cesareo, danno quasi per scontato che tu stia bene e che possa riprendere la tua vita di sempre come se niente fosse. E questa è una cosa che succede spessissimo". Secondo lei, a mancare in Italia è "una cultura di supporto alla madre":

Durante il cesareo, vengono tagliati strati e strati di pelle. Eppure la madre non viene trattata come una paziente. In altri paesi, non è così. Altrove, per esempio, c’è la figura della doula, che aiuta la madre e la affianca. Ed è una figura statale. Permette alla madre di riappropriarsi del suo corpo, di chi è, di dedicarsi – anche se solo per un momento – a sé stessa. Soprattutto, però, le permette di ricordarsi che non è una madre e basta, ma pure una donna. E queste cose noi non le abbiamo, e non le abbiamo nemmeno culturalmente.

E ancora: "Un sostegno del genere può aiutare a prevenire la depressione. Quindi ho capito questo: ho capito che le madri, dopo il parto, sono sole".

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