Bruno Barbieri: “In passato non avevo un soldo in tasca, mi sono fatto da solo. A Masterchef ora siamo una famiglia”
Bruno Barbieri è tornato in tv con MasterChef 14, in onda stasera su Sky Uno con la seconda puntata. Affiancato dai colleghi e cari amici Giorgio Locatelli e Antonino Cannavacciuolo, continua a occupare il suo ruolo di giudice in una nuova edizione ricca di novità con l'All In e i Blind Test per gli aspiranti chef e l'ingresso in squadra di Chiara Pavan, chef veronese che ha il compito di supervisionare i concorrenti durante le loro preparazioni. A Fanpage.it Bruno Barbieri ha parlato della nuova stagione del programma di cui fa parte dal giorno 1 e del profondo legame che lo lega ai suoi colleghi. Ricordando il passato, ha raccontato: "La tv è stata la ciliegina sulla torta di tutti i miei sacrifici".
Giudice di MasterChef dal giorno 1. Può definirsi il papà del programma?
Diciamo il figlio (ride, ndr).
Dietro i modi gentili, nasconde un carattere intransigente. Sa far divertire ma sa essere anche molto severo. Lei è così anche nella vita o in tv gioca un po' con il suo personaggio?
Faccio questo mestiere da tanto e sono lì per giudicare. Io mi diverto, ma non dobbiamo dimenticare che siamo in un programma televisivo. Non sono così nella vita, sono una persona buona, serena e tranquilla. Nel programma, poi, dipende anche da chi ho davanti. Alcuni stanno al gioco, mi diverto e cerco di tirare fuori la loro anima. Alcuni invece no, non apprezzano quando giochi al gatto e alla volpe. Lì cerco di essere normale. Comunque ci gioco un po', sì.
Come mai è nata, invece, l’idea di introdurre la figura della chef Chiara Pavan alle selezioni?
Volevamo dare una spinta in più al programma, aggiungere qualcosa al backstage. Il fatto di avere una persona che controlla quello che accade dall'altra parte è divertente. Ci ha fatto bene, ha dato lustro in più al programma, ha messo anche un po' di pepe nei concorrenti.
Il suo ruolo vale come prova per diventare un nuovo giudice?
In questa edizione no, ma non siamo noi a decidere queste cose. Ho fatto tutti i Masterchef, con 3 o con 4 giudici, io credo che la squadra giusta sia quella di ora, il nostro trio è molto affiatato. Siamo una figura unica. Ma questo è il mio parere personale. Quest'anno, rispetto alle altre edizioni, ho trovato persone molto brave, intelligenti, che vogliono cucinare. Pensano alla cucina prima che alla tv. Poi ci saranno tante donne ospiti.
Parlando di quote rosa nel programma, secondo lei, esistono poche personalità di spicco donne in questo mondo?
Assolutamente no, le donne forse sono un po' più timide, ma ci sono sempre state. Quest'anno abbiamo una quota rosa molto interessante. Ci saranno tante donne ospiti, chef che hanno raccontato le loro storie, i loro sentimenti gastronomici. Vogliamo far capire che questo mestiere non è solo per maschi.
Per la nuova edizione è stata introdotta la scelta di puntare tutto con l’all in. È mai toccato, a lei, di gettare tutto sul banco e rischiare?
Sì, sempre. La vita è un rischio. Anche quando sono arrivato in tv, ho fatto scelte lavorative importanti. Quando andai a lavorare a Verona, dovevo scegliere tra Verona e Los Angeles. Scelsi Verona perché fiutavo qualcosa di buono. Succede spesso. Anche quando formavo le brigate di cucina è capitato che io puntassi su qualcuno. L'All In è interessante perché ti da sicurezza e un po' di spregiudicatezza.
Ho letto in una sua intervista del Corriere che la sua esperienza in nave le ha permesso di diventare adulto prima del previsto. Cosa direbbe oggi al Bruno bambino?
Gli direi di non cambiare percorso. Sono andato a vivere negli Stati Uniti quando avevo 17 anni, non ero neanche maggiorenne. Sono sempre stato un sognatore, avevo degli obiettivi. Ancora oggi, a 60 anni, ho dei sogni nel cassetto. Quando arrivai a bordo, pensavo "Chissà se un giorno potrò fare lo chef". Ce l'ho fatta. Nella vita non bisogna mai smettere di sognare, bisogna essere dei grandi visionari. Anche quando succedono cose negative, bisogna analizzare e capire che dalle cose negative esce qualcosa di positivo.
Può dire di non avere rimpianti.
Io sono felice, vado a letto la sera contento. So di non avere fatto del male a nessuno, mi sono divertito. Ho fatto il mio lavoro con onestà. La tv è stata la ciliegina sulla torta di tutti i miei sacrifici. In passato non avevo un soldo in tasca, facevo gli stage ma non avevo soldi per dormire, per mangiare. Facevo l'alberghiero e la sera andavo a lavorare nei ristoranti. La mia famiglia non era ricca, mi sono guadagnato tutto da solo.
Lei è un po' l'icona del programma, così come i suoi look, che sono diventati un suo marchio.
Io mi vesto come cucino. Sono sempre stato così. Vivo MasterChef da 14 anni con due impiegati di banca (riferendosi agli chef Locatelli e Cannavacciuolo, ndr) che si vestono sempre di marrone o di blu. Io sono così nella vita, ho abituato anche il pubblico a divertirsi con le mie camicie leopardate, con i fiori, con gli abiti disegnati con le bombolette. Nella mia vita sono sempre stato un battitore libero, credo di aver fatto un bel lavoro perché la gente si diverte, ci gioca. Credo che ormai faccia parte del mio personaggio.
C'è tanta ricerca dietro, immagino.
Sì, faccio una ricerca infinita. Faccio la ricerca dei tessuti, del miglior cashmere, le camicie. Vado in azienda con il mio stilista Gabriele Pasini che lavora con me. I dettagli fanno la differenza.
Giorgio Locatelli raccontò a Radio Deejay che fu lei a proporlo come terzo chef di Masterchef.
Sì, l'ho portato io a Masterchef, poi l'azienda l'ha scelto. Feci il suo nome perché è la persona giusta, cosmopolita, lavora all'estero, moderatore. Quando io e Antonino Cannavacciuolo facciamo casino, lui si mette in mezzo al gioco, ci divide. C'era bisogno di una persona come lui.
Le è mai capitato di fare un mappazzone?
Ne ho fatti nella mia vita, succede. A volte dimentico di salare la pasta.
Con Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli vi frequentate anche al di fuori del programma. Qual è il segreto della vostra complicità?
Sono degli amici veri, mi chiamano anche fuori l'orario di lavoro. Non sono soltanto colleghi. MasterChef è una famiglia, stiamo insieme per 4- 5 cinque mesi, condividiamo tante cose insieme.
Si sentiva così a suo agio anche con Cracco e Bastianich?
No, caratterialmente eravamo diversi, duri, spinosi. Io sono bolognese, ma mi sento del Sud. Mi piace giocare, scherzare, divertirmi come Antonino Cannavacciuolo.
In 4 Hotel, e anche in MasterChef, ha mostrato una particolare sensibilità con il tema della sostenibilità.
Con 4Hotel volevamo che ci fosse un cambiamento nell'hotelleria italiana, ne aveva bisogno. Dopo 8 anni ho notato che c'è un grande cambiamento. Sono felice perché è successo anche grazie alla mia caparbietà. Anche fare le sceneggiate sulla plastica, sono servite. Il mio obiettivo oggi lo vedo negli hotel, hanno eliminato le monoporzioni, i saponi solidi. Anche in Masterchef abbiamo insegnato alle persone come si fa la spesa, che bisogna vivere con la stagionalità dei prodotti.
Immaginava che il topper diventasse un tormentone?
Sì. Quando lo scopri, non puoi farne più a meno. Ti cambia la vita. L'ho scoperto in Australia, pensavo "Perchè dormo così bene qui e a casa mia no?". Capii che era il topper, parlo di 20 anni fa. La gente ora controlla se c'è.
Qual è l'ingrediente che proprio non le piace in cucina?
Non esiste un ingrediente che proprio non mi piace, ma se proprio devo dirne uno dico il comino, quello fresco non mi piace. Quando lo mangio mi sale sù.
Un consiglio per gli aspiranti chef?
Non devono mollare mai, tutto può cambiare. Bisogna sempre avere dei sogni nel cassetto, sognare in grande.