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Spending review, il bluff di Matteo Renzi

Da qualche settimana la “spending review” del commissario Cottarelli è diventata la panacea di tutti i mali della macchina statale italiana, oltre che un pozzo senza fondo di risorse da impiegare altrove. Ma siamo davvero sicuri che sia così?
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È toccato a Matteo Renzi ridimensionare l'enorme attesa per l'epocale spending review del commissario Cottarelli, con una frase inequivocabile sul "destino" del piano che fino a qualche giorno fa sembrava essere diventato la panacea di tutti i mali italiani, oltre che il luogo dal quale sarebbero magicamente comparse risorse essenziali per il programma di riforme del Governo. Il segretario del Partito Democratico ha infatti chiarito alla Camera che la spending review sarà presentata dopo "un'analisi politica sull'elenco del commissario", ricordando che "tocca a noi decidere e presentare in Parlamento l'elenco delle voci dove vogliamo intervenire e dove no" e "accorpando" (da un punto di vista temporale) la presentazione del Def, nel quale sarà finalmente svelata nel dettaglio la risposta alla domanda chiave: da dove arriveranno i soldi per il taglio del cuneo fiscale?

Questa sorta di marcia indietro, rispetto all'entusiasmo iniziale sulla "carta Cottarelli", è diventata d'obbligo dopo aver letto le carte, o meglio, consultato le slide del piano già diffuse dalla stampa. È lo stesso commissario a spiegare il perché sia necessario utlizzare estrema prudenza nell'approcciarsi al piano di risparmi sulla spesa pubblica. A cominciare dalle cifre, con il piano che prevede risparmi lordi massimi di 7 miliardi su base annua nel 2014, di 18 miliardi nel 2015 e di 34 miliardi nel 2016. Per l'anno in corso poi bisogna considerare che se i risparmi dovessero partire da maggio la cifra ottenibile sarebbe di circa 5 miliardi, con la necessità di "utilizzare nel quadro macrofiscale cifre più basse per evitare sorprese, soprattutto nel 2014". Siamo sui 3 miliardi, dunque? Nemmeno per sogno, dal momento che, spiega Cottarelli, "quanto effettivamente realizzare di questi importanti è una scelta politica legata agli obiettivi di bilancio e riduzione della tassazione", dunque la cifra potrebbe scendere notevolmente se, per valutazioni del Governo o del Parlamento, si rinunciasse ad esempio alla stretta sulle pensioni che vale 1,4 miliardi (come molto probabile), sugli statali o sull'efficientamento (anche in questi casi la possibilità è alta, considerando la prevedibile opposizione delle parti sociali). Ma non è finita, perché parte della cifra risparmiata è già impegnata "nella riduzione del deficit, non della tassazione, soprattutto nel 2015 e 2016, considerando obiettivi di indebitamento netti su Pil invariati rispetto alla legge di stabilità"; ed inoltre "i risparmi ottenuti a livello locale dovrebbero essere utilizzati per ridurre la tassazione locale".

Criticità riassunte peraltro in una specifica sezione che spiega nel dettaglio come ad esempio la legge di stabilità blocchi per il 2014 ben 500 milioni di risparmi, per il 2015 10,4 miliardi di euro e per il 2016 14,8 miliardi di euro. Attenzione, non si tratta di opzioni politiche, ma di passi necessari per evitare tagli lineari o clausole di salvaguardia che prevedono risparmi o aumento diretto della tassazione. La tabella è esplicativa:

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Bisogna poi considerare che senza la revisione del Patto di Stabilità interno, una quota significativa dei risparmi che viene dal livello locale dovrebbe servire appunto a ridurre la tassazione a livello locale. Ma soprattutto la domanda che trapela dal piano Cottarelli è semplice: che fine faranno gli 85mila esuberi al 2016 (stima per difetto) provocati dai piani di riforme? Un aspetto centrale della questione, su cui si richiede un supplemento d'indagine, anche perché è chiaro che se ad esempio si optasse per i prepensionamenti, i risparmi complessivi sarebbero minori (e via discorrendo per eventuali "esternalizzazioni di servizi", messa in mobilità eccetera). Per inciso, sui costi sociali nemmeno una parola.

 Se poi si scende nello specifico delle misure la situazione è ancora peggiore. Ha fatto molto discutere ad esempio la proposta di ridurre i trasferimenti inefficienti a imprese e famiglie. Nel primo caso si parla di circa 5 miliardi di euro nel triennio, di cui un miliardo nel solo 2014, con Cottarelli che, nello spiegare che si tratta sempre di una scelta politica, mostra la mappa dei trasferimenti aggredibili:

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Al netto della necessità di tagliare gli sprechi e le inefficienze, vale la pena di considerare lo stato disastroso in cui versano alcuni settori sui quali si interverrà: pensiamo solo al settore trasporti o a quello agroalimentare in alcune regioni, con il rischio di un tracollo di cui a pagare le conseguenze saranno dipendenti e fruitori dei servizi, con ulteriori negative ricadute sociali. Per quello che concerne le famiglie, è fin troppo scontato spiegare come una stretta su indennità di accompagnamento e invalidità sia fatta sul "presupposto degli abusi". Presupposto magari corretto, ma del tutto da verificare.

Dei costi della politica abbiamo già parlato e sostanzialmente si tratta di risparmi ed adeguamenti quasi necessari, se non altro confrontando, come fa Cottarelli, la situazione italiana con quella degli altri Paesi europei. Mentre ad esempio la partita si annuncia più complessa per quel che concerne le forze di polizia, visto che la pretesa "eccezionalità" dell'alto numero di forze di polizia per abitante (nettamente superiore rispetto a Francia, Germania e Uk) ha evidentemente ragioni molto controverse e non completamente derubricabili a "sprechi". Dell'efficientamento diretto abbiamo già detto in parte (qui sul "ritorno dei cieli bui"), anche se vale la pena di sottolineare come lo sforzo di calmierare le retribuzioni dei dirigenti pubblici sia quasi "un obbligo morale", considerando sempre il confronto a livello europeo.

Insomma, fatta salva la necessità di una ulteriore e più ampia riflessione quando si avranno a disposizione dettagli ulteriori (si veda la questione dei trasferimenti ai Comuni o della riorganizzazione di altri enti "inutili"), è del tutto evidente come il piano di Cottarelli sia di una enorme complessità e di non semplice attuazione. Ma soprattutto andrebbe detto con la massima onestà intellettuale possibile che non si tratta di una "passeggiata di salute", bensì di tagli netti e sanguinosi in alcuni settori, che rischiano di tornare a pesare sulla stabilità sociale del Paese. Misure che mobiliteranno risorse peraltro già in larga parte ipotecate, cosa che riduce di gran lunga la possibilità di una decisione politica "pura". Renzi può dire finché vuole che "decideranno loro" cosa e quanto tagliare e che dalla spending review arriveranno risorse utilizzabili per la riduzione della pressione fiscale sui redditi medio – bassi, ma i numeri dicono altro (per l'anno in corso e non solo). Perché, volente o nolente, il Governo dovrà avallare dei tagli che andranno a beneficio della riduzione del deficit (come da obiettivi della legge di stabilità Saccomanni – Letta e come da "residui" precedenti, sempre che non intervenga il "miracolo" della crescita…). E magari sarebbe più saggio non alimentare a tutti i costi l'idea di una "spending review buona", perché, oltre la necessità di eliminare gli sprechi e le disfunzioni, restano misure complesse, di difficile attuazione, dal successo non scontato e soprattutto dai risparmi già bruciati.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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