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Strangola con le mutandine il suo bimbo appena nato: non farà un giorno di carcere

Gintare Suminaite, 30enne inglese, avrebbe nascosto la sua gravidanza a tutti, incluso il suo partner. Il bimbo era frutto di una relazione clandestino con un 32enne lituano. Ma il piccolo è stato ucciso non appena è venuto alla luce. Il giudice però ha preferito evitare il carcere alla donna.
A cura di B. C.
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Ha ucciso il suo bambino appena nato, strangolandolo con una paio di mutandine, nel bagno della casa che divideva con il suo compagno. Ma Gintare Suminaite, 30 enne di Bognor Regis, West Sussex, non farà un giorno di carcere. La donna è stata condannata  a 24 mesi di riabilitazione in una comunità. Il procuratore Ed Brown ha spiegato che il bimbo che la donna aveva dato alla luce era il frutto di una relazione segreta della 30enne con un collega lituano, Arturas Vencius, di 32 anni. Suminaite ha tenuto la sua gravidanza nascosta a tutti, incluso il suo partner, con il quale aveva già avuto un figlio. La donna avrebbe anche pensato di fuggire in Lituania con l’uomo, salvo poi decidere di restare in Inghilterra “per stare insieme al mio bambino”.

Il 5 aprile scorso, dopo aver lasciato il lavoro in anticipo dicendo che aveva "grossi problemi", ha dato alla luce il bimbo nel bagno di casa, mentre il suo partner si trovava in un'altra stanza. L’uomo l’ha scoperta sanguinante e pallida e ha chiamato un'ambulanza. In quel momento la 30enne ha confessato l'accaduto, dicendo che aveva fatto "qualcosa di brutto" e sarebbe “andata in prigione”. Dopo il suo arresto, Suminaite ha ammesso di aver strangolato il suo bambino, ma di non sapere il perché.

"L'omicidio è sempre una tragedia, soprattutto nel caso in cui la vittima è così giovane, tanto più se la vittima è un bambino ucciso dalla mano della sua stessa madre. Tuttavia, le circostanze in cui questo omicidio è avvenuto portano a riflettere sulla natura del reato stesso. L’imputata è stata sopraffatto dallo stress ed è stata in uno stato di negazione parziale durante la gravidanza. Al momento del parto si trovava in uno stato di estrema ansia e panico, pari a una menomazione temporanea delle capacità mentali" ha spiegato il giudice Justice Nicol, che così ha preferito non condannare la donna al carcere.

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