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Mamma scopre che la bara del figlioletto morto è vuota: “Voglio esame del Dna”

La donna che ha ritrovato la bara del figlio vuota chiede l’esame del Dna sui reperti trovati all’interno dopo la riesumazione per capire se effettivamente il piccolo sia stato mai messo nella bara o se sia stato rubato prima.
A cura di A. P.
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"Quando mio figlio Gary è morto all'ospedale pediatrico di Edinburgo ho chiesto di poter vedere il suo corpicino per l'ultima volta ma il personale sanitario mi ha mostrato un altro bimbo biondo e grande, mentre il mio era piccolo e dai capelli scuri", così la signora Lydia Reid, la donna scozzese di 69 anni che ha ritrovato la bara del figlio vuota chiede ora di indagare su quanto realmente  accaduto dopo la morte del bimbo  avvenuta nel luglio del 1975. Dopo la scoperta della bara vuota infatti la donna sospetta che in realtà in quella cassa il corpo del piccolo Gary Paton non sia stato mai messo. Per questo ora la donna chiede di fare della analisi del Dna sui resti trovati nella tomba, solo uno scialle, un cappello e  una croce, per cercare di stabilire se il piccolo effettivamente è stato tumulato in quel posto con la lapide che indica anche il nome sbagliato.

"All'epoca mi sono opposta, spiegando che quello non era mio figlio ma mi hanno ignorato dicendo che stavo soffrendo di depressione post parto" ha raccontato la 66enne ai media britannici. Anche al funerale aveva sospettato che la bara fosse vuota perché molto leggera ma sperava di essersi sbagliata, fino alla riesumazione della salma che ha confermato i suoi sospetti. La donna infatti teme che il bambino possa essere stato vittima di una macabra pratica che vigeva in alcuni ospedali del paese tra gli anni ’60 e ’70, quando venivano trafugati organi e tessuti dai cadaveri, in buona parte bimbi, per scopo di ricerca ma violando le leggi vigenti in materia.

"Mio figlio non c'era in quella bara, qualcuno ha rubato il suo corpo in ospedale e abbiamo seppellito la cassa vuota. Ora  voglio che siano sottoposti a esame del DNA tutti i reperti per sapere se c'è una parte di mio figlio lì dentro" ha spiegato la donna. La polizia ha acconsentito alla richiesta ma vuole inviare campioni ad una società che usa regolarmente per il test del DNA. La signora Reid invece che sia un'altra società ad occuparsene perché teme che i campioni possano essere persi o danneggiati. "Voglio che il test sia condotto da una società che mi dà il diritto legale di poterli riavere" ha chiarito la 66enne, concludendo: "Anche se è stato incenerito, voglio saperlo. Anche se si trova in un barattolo in un ospedale da qualche parte voglio saperlo. Se è possibile riprendermi il corpo voglio farlo altrimenti voglio sapere almeno dove si trova".

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