Lo Stato deve riconoscere le unioni di fatto. Parola del Vescovo Urso
Un'intervista che, assai probabilmente, potrebbe essere destinata a far discutere; del resto non sarebbe la prima volta per Monsignor Paolo Urso, Vescovo della Diocesi di Ragusa e assai noto al di fuori dei confini della terra in cui vive grazie al suo temperamento carismatico. Già nel 2005, all'epoca del tanto dibattuto referendum sulla fecondazione assistita risoltosi in un nulla di fatto a causa del non raggiungimento del quorum, il Vescovo Urso dichiarò che sarebbe andato a votare, invitando i fedeli ad agire sull'argomento «in piena libertà di coscienza» ponendosi in una posizione diametralmente opposta a quella della gran maggioranza del mondo ecclesiastico che, tramite la voce del Cardinale Camillo Ruini, aveva vivamente raccomandato l'astensione per tutti i cattolici.
Oggi Monsignor Paolo Urso è tornato a rispondere alle domande di un giornalista, trattando argomenti assai delicati per lo stato attuale del nostro paese: fermamente convinto della necessità di dare accoglienza ai disperati immigrati che giungono dopo lunghissimi viaggi sulle coste di Pozzallo (terzo approdo siciliano per numero di sbarchi, dopo Lampedusa e Mazara del Vallo) ha conosciuto bene la realtà degli sbarchi di clandestini; a Vittoria, comune della provincia di Ragusa, il centro di accoglienza lavora a pieno ritmo per offrire alloggio e lavoro ai più bisognosi in una situazione in cui non si sono mai verificati «episodi apprezzabili» di problemi di ordine pubblico. L'importanza del rispetto reciproco è unita al riconoscimento delle drammatiche circostanze che portano, per lo più, delle persone a fuggire dai propri paesi, come è accaduto durante lo scorso anno allo scatenarsi delle rivolte della Primavera araba.
I migranti sono fratelli e sorelle che per lo più scappano dai loro Paesi, non possiamo dimenticarlo. Alla logica dei respingimenti bisogna lasciar spazio ai valori dell'accoglienza e del rispetto… L'azione educativa va indirizzata pure nei confronti degli immigrati. In quanto vittime di violenza, spesso queste persone non riescono a relazionarsi con gli altri se non in un'ottica di prepotenza.
Certamente, però, il discorso relativo all'omosessualità è quello che potrebbe destare maggiori polemiche, pur essendo affrontato con perfetto equilibrio. Monsignor Urso ci tiene a sottolineare di essere stato «educato alla laicità dello Stato e al rispetto delle leggi civili»; e proprio uno Stato laico come quello italiano non può continuare ad ignorare la realtà delle unioni di fatto. Pur distinguendo tra quello che è il Matrimonio come istituzione ecclesiastica e la convivenza, è opinione del Vescovo di Ragusa che la legge dovrebbe «definire diritti e doveri» qualora due persone, anche dello stesso sesso, decidano di andare a vivere insieme come coppia.
Non è chiaramente un'apertura della Chiesa al matrimonio per gli omosessuali, questo va sottolineato; tuttavia è la giusta e sensata dichiarazione di separazione tra due sfere che mai dovrebbero interagire tra di loro, lo Stato e la Chiesa. L'uno indispensabile per garantire la tutela di tutti i cittadini di un paese, quand'anche alcuni tra essi costituissero una minoranza, l'altra incaricata di guidare le anime verso la giustizia e la verità, per quanti hanno scelto di trovare conforto nella Religione. Un conforto che, secondo il Vescovo, deve essere di tutti, una Chiesa dalle porte sempre aperte verso chi è in fuga dal male e dalle violenze o verso quanti si sentono esclusi, inclusi gli omosessuali.
Paolo Urso ha il vanto di essere anche impegnato sul fronte sociale, creando iniziative e progetti che cercano di venire incontro ad una grande emergenza di tutta l'area del ragusano, la disoccupazione giovanile. Del resto, lo stesso è colui che ha scelto per alcuni uffici della Curia di Ragusa molti laici, in base alle loro specifiche competenze nei settori per cui lavorano. L'obiettivo è una speranza che il Sud Italia coltiva da decenni: che un giorno i giovani non debbano più andare via per diventare la risorsa di terre straniere.