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Il tesoro sequestrato alla mafia dimenticato nelle casse di Equitalia

Soldi sporchi di sangue e di affari, ma anche soldi che non si riesce a garantire a chi dovrebbe assicurare giustizia e sicurezza. Il prefetto Caruso: “Risorse bloccate ma poi non c’è benzina per le auto della polizia”
A cura di B. C.
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C'è un tesoro dimenticato nelle mani di Equitalia. Un tesoro da oltre due miliardi di euro. Si tratta dei soldi sottratti in questi anni alle mafie e alla criminalità, ma anche soldi "negati" a chi dovrebbe garantire la sicurezza e la giustizia nel nostro Paese. Lo scrive oggi Repubblica in un articolo a firma di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti. "Mi risulta che nel Fondo unitario per la giustiziaci sia un miliardo di euro in contanti ed un altro miliardo in titoli ed assicurazioni", dice al quotidiano il prefetto Giuseppe Caruso, direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. "Come mai non vengono assegnati al ministero dell’Interno che ha difficoltà persino a pagare la benzina per le volanti o per chi cerca i latitanti? Avevo proposto che i fondi fossero utilizzati per la fiscalità di vantaggio per le aziende confiscate che ogni giorno rischiano di chiudere ma non ho mai avuto risposte".

L'agenzia di riscossione non ha ben chiaro quanto possiede in cassa (i dati sono fermi al 2012), sa solo che in quattro anni, dal 2008 al 2012, tra soldi contanti e titoli riscossi confiscati, alla Ragioneria generale dello Stato sono finiti 209 milioni e 300 mila euro. Poco più del 10 per cento della cifra totale. In realtà, se si vanno a considerare tutti i beni confiscati alle organizzazioni criminali la cifra sale di molto: 30 miliardi di euro frutto di 11.000 immobili e 1.700 aziende dislocati per l’80 per cento tra Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. "I beni confiscati dovrebbero essere riutilizzati a fini sociali ed essere restituiti alla collettività e invece, in troppi casi, e per troppi anni, sono stati considerati ‘beni privati' da alcuni amministratori giudiziari che li hanno considerati come fortune sulle quali garantirsi un vitalizio", accusa Caruso. Repubblica sottolinea come la denuncia del prefetto Caruso sia finita in Parlamento e sul tavolo del governo e il direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati è stato convocato dalla presidente della commissione antimafia Rosy Bindi e dal viceministro Filippo Bubbico per fornire chiarimenti sulle motivazioni che, negli ultimi mesi, lo hanno portato a sostituire alcuni dei più noti amministratori giudiziari nominati dalle sezioni “Misure di prevenzione” dei tribunali per gestire i giganteschi patrimoni sottratti ai boss mafiosi e ai loro prestanome.

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