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Violenta una 15enne e manda foto su Whatsapp: lei si uccide. Non farà un giorno di carcere

Sentenza choc in Canada. Il responsabile, un ragazzo, è stato condannato a 12 mesi in libertà vigilata e non andrà mai in galera. La giovane si era tolta la vita per la vergogna.
A cura di B. C.
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Rehtaeh Parsonsal, la vittima
Rehtaeh Parsonsal, la vittima

12 mesi di libertà vigilata e, quindi, nemmeno un giorno in carcere. E’ una sentenza che ha indignato tutto il Canada quella pronunciata dal tribunale della Nova Scotia nei confronti di un ragazzo di 20 anni. Non tanto per il fatto che sia colpevole di un grave atto di violenza e bullismo nei confronti di una giovane di 15 anni di cui aveva approfittato sessualmente da ubriaca; ma sopratutto perché il ragazzo ha mandato le foto a tutti i suoi amici su Whatsapp, spingendo Rehtaeh Parsonsal suicidio. Lui si è dichiarato colpevole al 100% di quanto fatto, ma ne è uscito quasi illeso. “Gli esseri umani fanno errori”, ha dichiarato a Metro. “Non voglio vivere con il senso di colpa per aver ucciso qualcuno, certo so di aver sbagliato con le foto, ma non l'ho uccisa io”.

Il 20enne è stato condannato, come detto, a 12 mesi in libertà vigilata, per aver diffuso materiale pornografico e dovrà poi rispondere di aggressione e minacce. Ha ammesso di aver condiviso quelle immagini che lo ritraeva insieme alla ragazza, scattate da un altro coetaneo nel novembre 2011, mentre lei vomitava da una finestra e lui faceva il segno del pollice alzato. Due anni dopo, Rehtaeh si è tolta la vita. La vergogna per quindicenne, che veniva insultata con termini del tipo "sgualdrina" e vari pettegolezzi, fu troppa.

Il ragazzo ha ammesso di aver diffuso le foto, ma assicura di non aver avuto alcuna parte in quello che è accaduto dopo e di essere stato lui stesso vittima di bullismo per quanto successo. Ha aggiunto anche di aver chiesto perdono ai genitori di Rehtaeh e essersi “disperato” quando ha saputo che la ragazza si era suicidata. "Avrebbe dovuto piangere quando lei era ancora in vita", ha detto il giudice. "L'ha privata di dignità, privacy e rispetto".

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